Salerno: La pesca miracolosa        

Salerno: La pesca miracolosa        

 Maria Amendola

 Era il 2 dicembre 1930 quando un pescatore, insieme ad altri suoi colleghi, issò sulla sua barca una rete molto pesante, probabilmente avrà pensato ad un ottimo pescato ed invece issò un tesoro: la testa di un dio di 51 cm in bronzo.

Dopo un complesso restauro la dolcezza del viso emerse, finalmente il dio Apollo era tornato a splendere nella sala del Museo Archeologico Provinciale di Salerno.  Si ipotizza che il periodo della sua modellazione si agiri tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C. Il volto ricorda la figura di Alessandro Magno, dato i capelli ricci che gli incorniciano il bel viso.

Si è presupposto in primis che la suddetta testa fosse attaccata ad un corpo, quindi probabilmente la scultura doveva essere davvero gigantesca date le proporzioni della testa (un metro).

Giuseppe Ungaretti (1888-1970) nel libro “Viaggio nel Mezzogiorno” il 5 maggio 1932 racconta di questo evento che chiamerà “La Pesca Miracolosa”, e soprattutto di ciò che ha provato quando vide di persona l’Apollo a Salerno.

Estratto

“E’ già quasi notte, e in fila tornano in porto i pescatori d’alici. Raccogliendo le reti, una sera, a una maglio restò presa non la gola d’un pesciolino, ma a un cernecchio, una testa d’Apollo. Fu allora alzata in palmo d’una mano rugosa e, tornata a dare vita alla luce sanguinando per le vampe del tramonto – al punto del collo dove la reciso – a quel pescatore parve il Battista. L’ho veduta al Museo di Salerno, e sarà prassitelica o ellenistica, poco importa: ma questo volto, che per più di duemil’anni fu lavorato dal mare nel suo fondo, ha nella sua patina tutti i colori che oggi abbiamo visto, ha conchigliette negli orecchi e nelle narici: ha nel suo sorriso indulgente e fremente, non so quale canto di giovinezza risuscitata! Oh! Tu sei la forza serena e la bellezza. Quale augurio non ci reca quest’immagine che, fra gli ulivi, è finalmente tornata fra noi”.