A sua immagine

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Dott. Carmine Paternostro
In una giornata d’inverno, fredda, con nevischio e minaccia di una piacevole coltre di neve, procedevo nella Chiesa di San Francesco della mia città natale, tenendo una bimba per mano. Sfiorammo la statua di un Cristo ignudo, legato ad una colonna, prima dell’ascesa al monte del Cranio. La bimba arrestò i suoi passi. Aveva osservato e, quasi con le lacrime agli occhi, mi disse: “Perché non andiamo a comprargli i vestiti? Gesù ha freddo!”
Quante volte calcai quel tragitto, vidi Cristo e non considerai. In quella Chiesa avevo mosso i miei primi passi infantili, da scolaretto, alle elementari di suor Chiarina. Tante volte avevo ascoltato la Messa, anche con noia, le prediche di una teologia a me sconosciuta, ma trasmessa in semplicità dal cuore.
Educato in osservanza e preghiera dalla famiglia e dalla nonna materna (dal Rosario ad oltranza), da mio padre, esempio di sofferenza accettata negli ultimi tempi e dal tenue sorriso nel saluto finale, ho accettato, letto, ho studiato, pregato, considerato ogni riga della parola di Cristo e quella frase fortemente scolpita nella Genesi Biblica: “a Sua Immagine”.
In quegli anni conobbi Padre Pio, timoroso, mi confessai con lui, balbettai parole e riconobbi, da adulto, in Lui quell’Immagine.
Ed, oggi, considerando, quella sera di Avvento, le parole del sacerdote ho meditato… osando, in teologia.
Amore, missione, perdono, misericordia, predicava quel prete, io pensai alla carità di san Paolo e affondai oltre, ricordando: “a Sua Immagine”. Beh, “a Sua Immagine” significherà qualcosa! Il sacerdote parlava di Cristo incarnato, carne come me!, di amore, perdono, misericordia, missione terrena. Ed, allora, ho dedotto: l’espressione forte, quasi impossibile di “a Sua Immagine” significa non la classica foto del documento di riconoscimento o la foto ricordo in famiglia, nel rimpianto del tempo fuggito, ma essere simile a Lui nell’amore paterno. Se Lui ci ama, io debbo amare, se Lui perdona, dovrò perdonare (difficile a dirsi…), se Lui elargisce misericordia, dovrò parimenti adoperarmi in misericordia. Se mi ha voluto medico, dovrò svolgere la mia missione, come il Cristo, guaritore di tanti. Ed, infine, aggiungo quella carità, invocata da san Paolo, passaporto invitante al Paradiso auspicato. “Ama il prossimo tuo come te stesso” predicava Cristo. L’amare gli altri come me stesso sono allusive ed invitanti alla Santità. Cosa facile in questo mondo diverso, mutato, dell’ “io”? Un “io”, egoisticamente pronunciato al singolare ed un “Loro”, sbiadito, inusuale in
grammatica.
E, ritornando all’episodio trascorso, suggeritomi dalla bambina, penso che il miglior modo di vestire il corpo martoriato di quel Cristo, denudato della Sua tunica, sapientemente tessuta dall’amore di Miriam, sia il provare ad essere simili a Lui nella nostra missione terrena.
La bimba mi aveva insegnato il primo atto d’amore, … rivolto al Cristo… Mi aveva insegnato che gli indumenti che danno calore sono l’amore, il perdono, la misericordia, la missione terrena e la carità.
Il tempo ha fretta, fugge, come la celerità di compiere i nostri peccati. Chiediamo Amore, perdono, misericordia e Lui si farà sempre simile a noi.