Sant’Annibale Maria di Francia e Luisa Piccarreta

Sant’Annibale Maria di Francia e Luisa Piccarreta

don Marcello Stanzione

Luisa Piccarreta conosce padre Annibale Maria Di Francia intorno al 1910 e, con una lettera datata 20 marzo 1911, comincia tra loro, un fitto scambio epistolare. Saranno legati da una profonda e reciproca amicizia spirituale che darà luogo a molti avvenimenti, come la pubblicazione di alcuni scritti di Luisa. Tale rapporto si protrarrà fino alla morte del sacerdote avvenuta il 1 giugno 1927. Nel periodo a cui risale la loro conoscenza, egli è noto come il fondatore delle “Figlie del Divin Zelo” e dei “Rogazionisti”. Gli scritti di Luisa suscitano l’interesse di padre Annibale il quale, convinto del loro valore ed utilità, malgrado la reticenza di Luisa, sente di dover darne diffusione. Pubblica per la prima volta nel 1915 l’Orologio della Passione di Nostro Signore Gesù Cristo che avrà successivamente cinque edizioni, a cui sarà allegato dal 1917 Il Trattato della Divina Volontà. Padre Annibale consiglia ai suoi Istituti d’introdurre la meditazione dell’Orologio e fa un appello ai Vescovi perché facciano lo stesso negli Istituti religiosi.

Nel 1915 padre Annibale invita Luisa a trasferirsi presso le Figlie del Divin Zelo a Trani, ma, sebbene a Luisa piacesse l’idea di vivere con le suore, sentiva come disposizione divina di non doversi spostare da Corato. Così, nel 1919, padre Annibale progetta di costruire una Casa delle Suore del Divino Zelo e un orfanotrofio a Corato allo scopo di ospitarla. Aiutato dalla donazione del terreno da parte delle sorelle Cimadomo, egli mette mano all’opera ed inizia la costruzione che, tuttavia, verrà completata solo dopo la sua morte. Intanto padre Annibale lavora per pubblicare il Diario di Luisa. Anche quest’ultimo desiderio non si realizzerà mai, a causa della morte del Santo messinese. Eppure, persino dopo il decesso di padre Annibale, le pubblicazioni andarono avanti con l’edizione del libro Nel Regno della Divina Volontà nel 1930 e il libro La Vergine Maria nel Regno della Divina Volontà nel 1932 che ebbe tre edizioni. La Casa delle Figlie del Divin Zelo a Corato sarà inaugurata il 7 ottobre 1928 dall’arciv. Mons. Giuseppe Maria Leo. Successivamente padre Pantaleone Palma, collaboratore di padre Annibale, consacrerà quella casa alla Divina Volontà, attuando il desiderio del Fondatore. Ma per completare l’opera e mantenere ogni promessa è necessario che Luisa la abiti.

La sera dello stesso giorno, la madre generale delle Figlie del Divin Zelo, madre M. Cristina Figura, si reca da Luisa in automobile e la invita a traslocare. Giunta all’Istituto, Luisa viene sistemata in una stanza attigua alla cappella, di fronte all’altare, da dove può seguire la Messa e vedere la custodia del SS.mo Sacramento. Ad Angelina, la sorella che l’accudisce, viene data una stanzetta dietro la sacrestia. Per Luisa questo cambiamento di residenza è fonte di gioia e novità. In primavera, per la prima volta da quando vive allettata, viene portata dalle suore in giardino con una “sedia colle rotelle”. In questo luogo Luisa e la sorella resteranno per dieci anni, fino al 15 ottobre 1938, quando la bufera del Santo Uffizio si scatenerà su di lei e sui suoi scritti. I tempi non erano ancora maturi per comprendere il messaggio mistico, semplice e profondo di Luisa. Lasciata la Casa delle Figlie del Divino Zelo, Luisa si trasferisce in via Maddalena 20, nei pressi della dimora del suo ultimo confessore e direttore spirituale, don Benedetto Calvi, che aveva sostituito la figura di don Francesco De Benedettis (deceduto nel 1926) il quale, a sua volta, era subentrato a don Gennaro De Gennaro (deceduto nel 1922), succeduto al primo confessore in assoluto, don Michele De Benedettis (deceduto nel 1910).

Nella sua ultima abitazione Luisa, per superiori disposizioni, può incontrare solo poche persone e ricevere la Comunione, ma la celebrazione della Messa nella sua stanza viene proibita. Così, il 3 agosto 1942, scrive una lettera a Papa Pio XII supplicandolo di ottenere nuovamente questo suo “unico conforto”. Il suo vivere si riduce ad un miracolo perenne, le forze consumate tra le sovrumane vicende del patire e dell’affaticarsi si la notte che il giorno. Insieme alla sorella Angelina si sostenta con i guadagni del lavoro a tombolo, avendo rifiutato i diritti di proprietà letteraria dell’edizione e vendita dell’Orologio della Passione, più volte sollecitati da padre Annibale.

A tali insistenze la risposta di Luisa era secca: «Io non ho nessun diritto, perché il lavoro non è mio, ma è di Dio. Io non passo avanti». Si alimenta di pochissimo e dopo aver ingerito il cibo con un singulto rimette tutto con aspetto integro e profumato. La sua casa è frequentata dalle ragazze che da lei apprendono l’arte del tombolo ma anche da tanti sacerdoti, uomini e donne attratti dalla fama della sua santità. Tutti la trovano sempre a letto e stupisce che non abbia mai avuto piaghe da decubito. Il Signore si serve di lei per illuminare il cammino di molti, confortare e sollevare vedove afflitte, uomini provati dalla vita, mamme in pena per i propri figli. Luisa ripete semplici preghiere che si imprimono con grande facilità nella mente di chi le ascolta, inducendolo ad una preghiera continua.

Un’idea di come si presentasse la Piccarreta a quanti la incontravano, giungendo spesso da lontano, l’ha lasciata proprio S. Annibale nella Prefazione all’Orologio, in cui così descrive: «Questa Sposa di Gesù crocifisso che la notte la passa nelle estasi dolorose e nei patimenti di ogni genere, nel vederla poi nella giornata mezzo seduta in letto, lavorando di ago e spillo, nulla, nulla di aria di straordinario, di soprannaturale. Invece la si vede in tutto l’aspetto di una persona sana, lieta a gioviale. Parla, discorre, occorrendo ride, accoglie però poche amiche. Talvolta qualche cuore tribolato le si confida, le domanda preghiere. Ascolta benignamente, conforta, ma giammai si avanza a farle da profetessa, giammai una parola che accenni a rivelazioni. Il gran conforto che essa presenta, è sempre uno, sempre lo stesso argomento la Divina Volontà».