Salerno: rapporto città- economia del mare, difficoltà mai sopite

Salerno: rapporto città- economia del mare, difficoltà mai sopite
foto Massimo Pica
Trovo interessanti le considerazioni di Maurizio De Cesare su Cronache di Salerno, in merito alle mai sopite difficoltà esistenti nel rapporto fra Salerno (istituzioni, mondo imprenditoriale, cittadinanza) e l’economia del mare. Non esiste infatti una piena auspicabile simbiosi – come ci si aspetterebbe – fra la città, “di mare” o “sul mare” che sia, e ciò che li mare può apportare.
Ma neppure si può dire che esista un rigetto, invero ingiustificabile, verso il tema della portualità, salvo assistere al diffondersi di dotte disquisizioni su quali aspetti andrebbero privilegiati di tale fonte di sviluppo economico. 
Se cioè è molto più redditizio – sotto ogni aspetto – assegnare alle attività del porto cittadino un profilo a prevalenza crocieristica/diportistica oppure orientare altrove ogni sforzo e impostare i piani di sviluppo per caratterizzarlo soprattutto come destinato a traffici commerciali. Si tratta in verità di una “vexata qaestio”  che trae origine anche dalla – oggettivamente – poco idonea posizione in cui da sempre è rimasto posizionato il porto, fin dall’epoca (otto secoli fa) in cui Giovanni da Procida fu artefice del suo ampliamento, senza però tener conto già da allora della mancanza di sufficienti margini di futura crescita.
Ma soprattutto nell’immediato dopoguerra si è assistito ad un lungo e articolato dibattito incentrato sulla opportunità di delocalizzare le attività dello scalo commerciale, lasciando in loco solo le funzioni di tipo turistico e crocieristico.
Senza entrare nel merito dei pro e dei contro, basta dire che prevalse allora un concetto, direi, “urbanocentrico”, e fu decisa quella che ora appare come una soluzione ibrida con la pretesa di far convivere in un unico comprensorio diversificate attività marittime, con finalità, esigenze e prospettive non proprio convergenti, date le condizioni al contorno esistenti.
In presenza di spazi retroportuali asfittici e con oggettive difficoltà a creare vie di collegamento funzionali e speditive, non è stato certo lungimirante l’ampliamento e il potenziamento per farne uno scalo di livello medio/alto nel ranking dei porti commerciali internazionali.
Veramente si contava di utilizzare il binario sul lungomare a tempo indeterminato?
Non sarebbe stato più logico e redditizio, prima di lasciare il porto senza alcun collegamento ferroviario, pensare per tempo come superare diversamente l’ostacolo del costone alle spalle del porto?
Ad esempio, come suggerito ormai una ventina di anni fa, mediante opportuni trafori instaurare un redditizio traffico di convogli ferroviari da/per l’agro nocerino-sarnese, con successivi instradamenti sulla rete nazionale?
La decisione invece, ancora una volta di tipo urbanocentrica, di realizzare prima il Viadotto Gatto e poi di avviare la costruzione del traforo della Porta Ovest, credo che continuerà a risultare lacunosa, lasciando ancora il porto privo della necessaria multimedialità dei trasporti terrestri, unico sistema che assicura efficienza, flessibilità e rapidità, come attuato in tutti i maggiori scali portuali commerciali, italiani ed esteri.
Purtroppo non è così. Del Viadotto Gatto sono noti disagi, pericolosità e insufficienza, oltre al pesante impatto sul paesaggio. La Porta Ovest stenta a … vedere la luce. Ancona non è resa nota la conformazione degli svincoli a monte. Temo che la ristrettezza degli spazi non consentirà tracciati particolarmente agevoli per il transito di grossi autoveicoli. 
Passando al Molo Manfredi, quello destinato agli arrivi delle navi da crociera, molti e apprezzabili interventi sono stati realizzati, quali la Stazione Marittima, l’aumento della profondità dei fondali, il transito diretto verso il lungomare attraverso Piazza della Libertà, il riassetto e l’allargamento delle banchine, ecc.
C’è indubbiamente una capacità ricettiva strutturalmente apprezzabile. Eppure, anche il settore, nel suo modo operandi, non è esente da critiche basate essenzialmente sul fatto che esso genera solo transiti di crocieristi verso altre mete e poche ore di soste in città, quindi ricadute economiche non proporzionate agli investimenti fatti.
Si assiste allora ad ambivalenze di vedute: c’è chi dice di delocalizzare il porto commerciale verso Il litorale a sud della città, operazione proibitiva data la vocazione turistica di quelle aree, la cui distruzione provocherebbe reazioni inaudite; oppure di eliminare l’arrivo delle navi da trasporto merci e trasformare moli, strutture e attrezzature solo per arrivi e partenze di navi da crociera, da diporto, turistiche, traghetti.
Si tratterebbe comunque di decisioni radicali, richiedenti lunghi tempi di attuazione e impiego di risorse ingenti ammortizzabili solo nel lungo periodo.
In tema quindi di economia del mare, giusta e realistica appare l’azione del Propeller Club che, per bocca di Maurizio De Chiara, riporta l’attenzione sull’economia del mare con un invito alle classi imprenditoriali, ai dirigenti istituzionali e agli stessi cittadini affinché operino, nelle condizioni date, con comportamenti sinergici e convergenti per la più efficace crescita dell’economia marittima di Salerno e dei suoi positivi riflessi su tutto l’entroterra produttivo.

Gaetano Perillo