Racconti africani: KOBE, la tartaruga
Padre Oliviero Ferro
Piano piano se ne andava KOBE, la tartaruga. Era così immersa nei suoi pensieri che non si accorgeva di chi le passava accanto. Doveva andare in fretta, si fa per dire, da sua cugina che le aveva mandato un messaggio urgente
Voleva da lei un consiglio su certe cose che le stavano capitando e non sapeva a chi rivolgersi. Lei era una persona saggia, che conosceva le giuste strade della vita. Quindi non poteva rifiutare quell’invito.
Mentre camminava, si chiedeva che cosa fosse successo. Ogni tanto si fermava vicino a una pietra per scaldarsi e riprendere forza.
Mangiava, perché sentiva fame e il viaggio era lungo. Si dissetava anche un po’. Tutto per essere pronta, quando sarebbe arrivata, a fare quello che la cugina le aveva chiesto.
Ormai il sole stava tramontando, quasi si tuffava, rosso rosso, laggiù in fondo al lago Tanganika.
Sentì un grido festoso, un benvenuto allegro. Era sua cugina che l’accoglieva e l’ospitava nella sua casa. Si salutarono con gioia, guardandosi negli occhi che parlavano al posto delle loro bocche. Si sedettero sulle radici di un baobab e la cugina cominciò il suo racconto. Ogni tanto Kobe l’interrompeva per avere delle spiegazioni. Si sentiva così vicina che quasi le pareva di vivere anche lei quello che era successo alla cugina. Alla fine, si fece un po’ di silenzio.
Poi Kobe, dolcemente, le rivolse la parola: ”Ti ho ascoltato volentieri e ho cercato di capire quale è il tuo problema. Prova a dimostrare simpatia e attenzione a chi ti è vicino. Se farai capire che sei disponibile, sarai benvoluta e desiderata. Ci vuole un po’ di pazienza. Ogni giorno getta un raggio della tua luce sugli altri, trasformandolo in dono. Allora il sorriso sarà il più bel grazie”.
E la cugina cominciò a sorridere e non si fermò più.