L’angolo del Racconto…

L’angolo del Racconto…
Giulio Caso
“Così è finita”, si disse lui all’uscita del tribunale, dopo la sentenza. Entrò nel primo bar che incontrò per strada, pensò di affogare i ricordi in un paio di drink, poi, più prosaicamente, ordinò due caffè. Era solo ma il barista finse di non accorgersene.
Bevve d’un fiato il primo e sorseggiò il secondo come per un lento risveglio nella realtà: ” Era libero… era solo”.
Amava ancora Linda, ma amava di più il suo orgoglio. Per questo motivo l’aveva assecondata in tutte le fasi della separazione con distaccata, apparente, ironia. Lei ne era rimasta meravigliata e poi irritata. Aveva sempre pensato di averlo in pugno, troppo arrendevole e disponibile. Invece il suo collega era sempre deciso e sicuro di sè. Spesso decideva le cose anche per lei. Era nata un’attrazione reciproca e per essere corretta aveva lasciato il marito prima che stessero assieme. Una cosa inusuale, quasi unica, ma leale.
Antonio aveva intuito tutto fin dalla sera in cui Linda era tornata tardi dall’ufficio, distratta e disinteressata ai suoi discorsi. Non aveva fatto niente per fermarla, dissuaderla. Anche lui si era rinchiuso nel suo dolore, nel suo orgoglio. Decisero così di separarsi.
Solo un mese dopo la separazione Linda lasciò definitivamente l’appartamento comune, andò a vivere col nuovo compagno.
Lui rimase solo.
 Nei giorni seguenti continuò a bere due caffè, ma i problemi del quotidiano iniziavano ad avere il sopravvento. In particolare doveva completare una relazione per un acquisto di 5 lotti di terreno da acquistare per la sua società e non era neppure andato sul posto. Si decise, sarebbe andato nel pomeriggio. Dopo pranzo iniziò a piovere, ma si mise in auto lo stesso, deciso ad arrivare a Sinfonia, paesello collinare alla svolta dei monti … .
Il viaggio fu tranquillo, neppure ostacolato dalla insistente pioggerellina.
Il paesino era stupendo eppure sembrava disabitato. Trovò subito l’indirizzo del mediatore. C’era un’unica piazzetta, con due fontane. Si chiese il perchè, si propose di saperne il motivo. Due fontane? Pensare che dove abitava avevano appena demolito l’unica di una piazza, boh!?
Al suono del campanello si affacciò una bellissima signora anziana. In verità anche elegantissima. Indossava, inoltre, molti gioielli sicuramente di valore. I capelli curati così come il viso e le mani.
In un concorso fra coetanee sarebbe stata eletta miss. Agile e snella, elegante e, come scoprì, di una gentilezza unica.
 Benvenuto” e niente altro gli disse facendogli segno di accomodarsi.
Anche questa sicurezza lo sconcertò infatti rispose con un cenno e si accomodarono in una ufficio modernissimo in cui un gruppo di tecnici stavano completando il montaggio di moderni computer.
Chiese di parlare con l’amministratore dei terreni, ma lei gli rispose: “Sono io che li amministro, piacere Elisa”.
Ci fu un istante di pausa mentre gli occhi verdi iridescenti di Elisa lo scrutavano, quasi ipnotizzandolo.
Antonio si riscosse, si presentò a sua volta come agente della ditta interessata ai terreni sul lato sud del paese e chiese, se era possibile visitarli e conoscerne prezzo definitivo e proprietari.
Elisa rispose che lei era l’unica proprietaria e gli propose di guardare un filmato sui terreni al computer. ” Domattina andremo a visitarli”.
Si accese uno schermo e una voce femminile, teatrale e gaia, commentò le immagini.
Antonio ne rimase colpito. I terreni presentavano vantaggi più grandi di quelli previsti. Iniziò a trattare sul prezzo, ma senza impegno. Lei lo guardò negli occhi e lui smise subito arrossendo.
Il prezzo era più che vantaggioso.
Elisa gli propose dilazioni nei pagamenti che avrebbero fatto andare in brodo di giuggiole i suoi soci.
Dopo una tazza di un infuso aromatico preparato da Elisa, chiese: “Ha il sapore delle bigogne castagnate”.
Lei rispose:
“Semplicemente lauro, premuta di castagne e fiori di bacco” .
Antonio si sentì rinfrancato dal diffondersi del calore aromatico della bevanda nel suo corpo, nella sua mente. Nella sua mente?
Come gli era venuta questa idea? Boh!
Al termine, Elisa disse:
“Per stanotte le darò le chiavi della villetta n. 7. Ci sono due appartamenti. Uno è già occupato. Glielo dico nel caso sentisse rumori”.
Si congedarono dandosi appuntamento per il giorno dopo. Poi seguì le indicazioni per raggiungere la villetta.
Percorse meno di cento metri lungo una siepe alta circa due metri. Poi arrivò vicino alla porta di una nuovissima costruzione,
entrò ripose le sue cose e riuscì per fare quattro passi sul fare della sera.
L’aria era impregnata di odori della montagna e tutto intorno era ben curato. Al ritorno incontrò le vicine, si salutarono. Poi lui si presentò. Dissero i loro nomi e gli sorrisero. “Noi lavoriamo qui, facciamo compagnia alla signora”. Poi sempre sorridendogli entrarono nel loro appartamento e lui nel suo.
Dormì bene, senza pensieri. All’alba si destò ai suoni soffusi e a tratti squillanti, per lui inusuali, della campagna. Bussarono e una delle due giovani entrò lasciandogli una ricca colazione sul tavolo. Subito andò via sorridendogli.
“Il paese delle donne sorridenti” pensò lui con ironia, ma non tanta. C’era anche una punta di seria considerazione.
Mangiò con gusto, si preparò al meglio ed andò all’appuntamento con Elisa.
Passeggiò lentamente, inebriato da profumi e odori che gli suscitavano ancestrali ricordi.. . Gli era venuta spontanea questa considerazione, “ancestrali”, aveva solo 38 anni ed era inusuale e demodè solo a pronunciarla questa parola “ancestrale”.
Vicino alla villa vide un’auto di grossa cilindrata, un furgone blindato e due uomini su motociclette in divisa. Poi, dalla villa uscirono altri tre uomini vestiti di nero che portavano una cassaforte che depositarono nel furgone. Infine uscì un uomo anziano seguito da Elisa che lo salutò con un triste sorriso. Partirono tutti.
Elisa si fermò ad attenderlo sulla soglia. Indossava camicia e pantaloni. Niente gioielli o altro, solo un bastoncino da passeggio.
Si salutarono, poi Elisa gli si pose un passò avanti come a far strada o era un modo per lasciarlo parlare.
Arrivarono lentamente fino alla piazza con due vasche. Ad attenderli una jepp guidata da una ragazza.
“Un’altra mia nipote” , disse distrattamente Elisa accarezzandola.
Salirono tutti avviandosi verso la collina. In realtà sembrava più un monticello, una grossa duna, una piramide consumata negli eoni del tempo. Quasi una verdeggiante costruzione artificiale.
Le strade ampie, rifatte con attenzione ai drenaggi, ai guard rail e, come bene illustrava Elisa, alla compatibilità con la natura intorno. Passaggi aerei per scoiattoli. “Scoiattoli?” Si ripetè Antonio sorpreso.
Così arrivarono alle “cinque terre” in vendita sui pianori adiacenti sud.
“Tutto andava per il meglio”, pensò Antony al ritorno fino alla piazzetta ove si fermarono nel piccolo bar dai teloni celesti.
Mentre sorseggiavano un gradevole caffè, rigorosamente non zuccherato per consiglio del barista, Antonio indicò le due fontane ad Elisa chiedendone il motivo.
Ma arrivò il barista con un sorriso a 32 denti per chiedere se il caffè era gradito.
All’unisono espressero apprezzamenti. Il barista inorgoglito spiegò che il caffè che lui tostava con attenzione non era bruciato, il risultato era, appunto un gusto appena amarognolo che poteva essere gustato con pochissimo zucchero o niente affatto. Portò via tutto dicendo che era un suo omaggio.
Elisa, intanto guardava in alto, poi indicò con la mano una zona della montagna spoglia e verticale con casupole bianche diroccate: “Quello era il vecchio paese, la seconda vasca l’ho fatta recuperare da lì e adesso fa compagnia alla nuova. Il passato sorregge il futuro: come me e i miei nipoti.
Si accomiatarono ripromettendosi di rivedersi il mese prossimo per le firme agli atti d’acquisto. Non parlarono più di cifre e si salutarono come vecchi amici.
Durante il ritorno Antonio si sorprese a canticchiare rilassato. Scosse la testa, il lavoro, gli impegni, i pensieri non gli causavano ansietà più di tanto. Rivide i sorrisi ricevuti e, finalmente, sorrise pure lui.
 Tornò lentamente a casa, entrò ed era di nuovo solo. Almeno sentì la solitudine che lo ammantava di malinconia. Si riscosse ed andò a prepararsi una bevanda calda. Poi telefonò ai soci per aggiornarli sul viaggio e trattative.
Bussarono, andò ad aprire e si trovò di fronte una donna imbacuccata, nervosa e imbranata che parlando velocemente attraverso uno scialle cercò di porgergli un oggetto che, maldestramente, fece cadere a terra. Si chinò per prenderlo e per poco non lo ferì in fronte con la punta dell’ombrello. Cercò di ripigliare un atteggiamento sicuro, ma scivolò e se non fosse stato per la prontezza di Antonio sarebbe caduta.
Come niente fosse gli disse che aveva indossato tacchi troppo alti e che doveva abituarsi. Poi, assestandosi i neri capelli: “Tenga la nonna mi ha chiesto di dargliela, una penna con progetti e filmati. L’attendevo di sotto. Ce ne ha messo di tempo per ritornare!”.
Antonio ringraziò e stava per salutare chiudendo la porta quando con una mossa errata per aggiustarsi i capelli, le andarono gli occhiali di traverso e un occhio verde/iridiscente luccicò accendendo un fuoco in un angolo del cervello di Antonio. La fissò con cura: malconcia e approssimata indossava abiti firmati, con poco garbo. Soprattutto lo incuriosì il colore dell’occhio e, fingendo di volerle aggiustare meglio gli occhiali li tolse. Era come intuito: ” Stessi occhi di Elisa, splendidi”.
“Che sbadato! Posso offrirle un caffè” disse subito, spalancando la porta.
“No grazie, dovrei arrivare a fare spese al supermercato ed anche presto perchè potrebbe piovere, ecco perchè ho l’ombrello”.
Immediatamente la fiammella accesa nel cervello suggerì ad Antonio la risposta: “Che combinazione!, non ho trovato niente in casa e dovrei fare spese anch’io. Ho l’auto giù, venga le do un passagio”.
Percorsero un buon tratto in auto prima che Antonio si decidesse a chiederle il nome. Vera, ho un nome imbarazzante, che si presta a confusione …
“Che è bellissimo!” La interruppe Antonio.
A Vera piacque questo complimento semplice e consueto.
Nel supermercato Antonio, quasi a convincerla che aveva necessità di rifornirsi, acquistò di tutto. Dovettero prendere due carrelli e Vera non fu da meno. Uscirono con riserve di cibo per un anno.
“Ha una famiglia numerosa” . Disse Antonio.
Vera disse che era sola e gli chiese: ” Forse lei ha una famiglia numerosa?
Antonio disse anche lui che era solo.
Solo allora guardarono le sproporzionate cibarie che avevano acquistato entrambi e si misero a ridere.
Caricarono tutto in auto e Vera chiese il favore di accompagnarla alla stazione. Nel frattempo guardava, ansiosamente, l’ora.
“Gentilmente, mi aspetta, mi aspetti…” poi sorrise per l’impaperamento: ” Aspettami”.
“Certo! Vera” rispose lesto Antonio.
Si allontanò di corsa ritornando al braccio di un elegante giovane con un borsone.
A cui lei sorrideva gioiosamente. A volo disse ad Antonio: ” Senti, ho un impegno urgentissimo, potresti tenermi tutto, poi mi farò viva io e senza presentare il compagno, si allontanò, di furia, quasi attaccata al suo braccio.
Antonio rimase sbigottito, umiliato, arrabbjato e poi rassegnato ripartì per casa.
Lasciò tutto in auto quasi per ripicca. Non amava il caffè serale ma si preparò un caffè che lo rese sveglio, agitato tutta la notte. Al mattino si buttò acqua fredda in faccia per alleviare il rossore degli occhi. Aveva di nuovo urtato il muro del mancato incontro, il muro della solitudine.
“Però quanto era bella!”. Si disse, rassegnato.
 Nei giorni seguenti fu molto indaffarato a preparare documentazioni. I soci erano entusiasti per l’affare intrapreso. Stavano accumulando capitali per il progetto di un villaggio per anziani in un luogo ameno. Già dopo le prime presentazioni del progetto si ritrovavano con un centinaio di prenotazioni, e acconti versati.
Antonio pregustava il ritorno a Sinfonia e il gran giorno arrivò. Ripartiva da solo, lo avrebbero raggiunto nel pomeriggio, per le firme, gli altri tre soci.
Stava per uscire quando suonò il telefono. Era Vera che disse d’un fiato: ” Antony, dovrei pure io ritornare a Sinphony. La nonna mi ha detto che parti adesso, puoi darmi un passaggio?”
“Si, volentieri, dove ci vediamo?”
..”sto giù vicino alla tua auto”.
Con sollecitudine, Antonio, scese giù (ma, evidentemente, saliva su col cuore”.
La trovò sorridente, con abiti che a dir poco erano casual, ma il sorriso le dava celestiali tonalità.
Imbambolato la salutò goffamente mettendosi alla guida. Vera salì accanto con naturalezza tale che trascurò anche il fatto di aver battuto la testa contro lo sportello. Quando lo rinchiuse fece un’involontaria smorfia di dolore che fece preoccupare Antonio: ” Ti sei fatta male? Cavoli, fai vedere!”.
“No!, niente, niente”.
Sorrisero entrambi per lo scampato pericolo.
Viaggiarono come fra le nuvole accavallandosi con le parole e, per ben due volte, sbagliando strada per la distrazione.
Poi, ecco che Sinfonia apparve irraggiato dal sole.
 C’era gente nel piccolo paese. Sembravano turisti per caso.
Il loro atteggiamento era come quello degli attori alle prime armi: con le mani irrequiete, non trovavano collocazione.
Antonio e Vera si accodarono ad una fila che si dirigeva verso la piazza. Tutti si fermarono vicino alla vecchia fontana. Ognuno diceva la sua, ognuno aveva un ricordo da riferire ad alta voce.
Un uomo attempato disse: ” Ma chi l’ha portata qui?”
Nel frattempo Elisa si era posta dietro di lui e bussandogli sulla spalla gli rispose:” Io!”
Tutti la guardarono facendo un passo verso di lei, incerti. L’uomo giratosi sbarrò gli occhi e abbracciandola urlò: ” Elisaaa! Tu qui?!”.
Ci fu un applauso generale d’affetto per Elisa e poi tutti a chiedere notizie. Ci volle tempo per riaffermare la calma e quando tutti fecero cerchio Eloisa riferì che aveva fatto recuperare la fontana dal loro vecchio paese abbandonato perchè su suolo in frana; che avrebbe fatto recuperare buona parte del campanile e di altre piccole costruzioni: lavabo e forni comuni ecc.
Tutto ricostruito nel nuovo paese che stava per sorgere. Aggiunse… e che aspetta gli abitanti del vecchio paese che vorranno venire.
Poi vide Antonio, ma abbracciò prima Vera con grande trasporto e affetto, prima di salutarlo.
Arrivò un camioncino con tante sedie e un service vox. Tutti presero una sedia e formarono un semicerchio seduti.
Elisa, per prima cosa lesse una frase il cui significato sfuggy all’attonito Antonio, ma non a tutti gli altri che, all’unisono batterono, quasi commossi, le mani.
Indicando i ruderi del vecchio paese, Elisa sintetizzò: ” Risorgerà”.
Spiegò che già da un anno, era ritornata definitivamente dall’Argentina con un solo scopo: accogliere tutti quelli che volevano ritornare a Sinfonia. Aveva investito tutto quel che aveva, compreso i gioielli senza rimpianto. Aveva contattato imprenditori che avrebbero costruito case anche sul lato sud. C’era posto per tutti. Sinfonia riviveva, ripartendo dal passato. Poi lasciò il microfono e andò a salutare ciascuno dei convenuti.
Fra qualche lacrima e molti abbracci, a gruppi gli ex cittadini del vecchio paese iniziarono a girare fra le case e villette esistenti.  Dopo un paio di ore quasi tutti ripartirono, tranne tre famiglie che furono prontamente ospitate nelle prime tre villette.
Arrivarono i soci di Antonio.
 Antonio fece le presentazioni ed arrivò pure un notaio per la legalità degli accordi.
Ad Antonio frullavano in testa alcune parole dette da Elisia, ma lasciò che le cose andassero senza intoppi.
Tutti sembravano soddisfatti dagli accordi e dalla compravendita dei terreni (finalizzati a sede di costruzioni abitative).
Elisa fu al centro dell’attenzione, ma fu più vaga e sintetica nella narrazione al contrario di qualche ora prima, quando si era rivolta a tante persone ed ex paesani.
Quando ripartirono i soci Antonio si attardò per salutare Elisa e, soprattutto Vera.
Toccava a lui restare, successivamente, a Sinfonia per seguire i lavori e prese la villetta n. 7 per 6 mesi.
Vera venne a salutarlo, lui stava già in auto, abbassò il finestrino. Espansiva com’era Vera si abbassò proprio mentre lui faceva un saluto con la mano. Vera si prese un piccolo buffo sul naso.
“Ti sei fatta male?” chiese Antony.
“Assolutamente niente”. Rispose Vera con un grande sorriso, ma con voce nasale per il naso dolorante.
“A presto!”.
“A presto”.
Tornato a casa Antonio s’immerse nel lavoro d’ufficio per non vedere la sua casa vuota. Telefonò a Vera ma gli rispose Elisa: “Vera, al solito, ha lasciato il telefonino ed è andata in montagna da sola a cogliere erbe.
Allora, per quando sono previsti gli inizi dei lavori?”
Antonio notò l’ansia di Elisa e la rassicurò:”All’inizio di novembre, nemmeno 20 giorni. A presto!”.
“A presto”. Rispose Elisa ed aggiunse: “Vera parte oggi  per motivi di lavoro, ritorna fra un mesi. Le porgerò i suoi saluti”.
Arrivò novembre ed una squadra di 14 operai e tre tecnici andarono a stabilirsi a Sinfonia. Seguirono altri 20 con mezzi da scavo.
Dai progetti alle realizzazioni. L’entusiasmo era notevole ed anche Elisa, veniva al mattino a prendere il caffè assieme a tutti loro. In realtà per avere aggiornamenti sul procedere dei lavori.
Nel frattempo, un’altra famiglia era arrivata a Sinfonia. Ritornavano dalla Francia.
Era composta da 4 persone: due bambine e due coniugi giovanissimi.
Antony li vide passando in auto per la piazza. Bloccò l’auto con il viso sornione. Era come un sassolino che lo rodeva dentro fuoriuscito da una scarpa. “Dunque il bel giovanotto con la borsa che aveva visto al braccio di Vera, era sposato!?”
Ripartendo si guardò sorridere allo specchietto.
Inutile nosconderselo aspettava il ritorno di Vera.
Gli aveva mandato foto di città visitate e soprattutto da Milano, ma senza accennare ai motivi del viaggio.
Arrivato al cantiere osservò compiaciuto gli ottimi lavori fondali in corso nel primo lotto di 60 villette. In un momento di pausa erano intenti a mangiarsi i panini, che stavano su un tavolato.
Decise di associarsi, andò a prendersene uno anche lui. Dopo li attendeva un caffè ed una lunga giornata di lavoro.
Nei giorni seguenti l’impegno nel seguire i lavori, coordinare le pratiche amministrative fu notevole. Una sola volta incontro Elisa, di mattina presto al bar. Si accomodò al suo tavolino e fecero colazione assieme come amici di lunga data. Lei di nuovo elegantissima, ma indossava solo una semplice collanina di perline.
Antonio distrattamente guardò e lei se ne accorse e guardandolo negli occhi consapevole dell’impatto che otteneva sugli altri, gli disse: “Sta pensando al perché non porto più gioielli”.
Antonio voleva negarlo, ma non poteva sotto lo sguardo di Elisa e a testa bassa disse: “Sì. Quando sono venuto ho notato la quantità di meravigliosi gioielli che indossava, poi non lo ha fatto più”.
“È vero!, avevo una quantità di gioielli, anche rari. Li ho impegnati tutti per un ulteriore finanziamento tramite la banca di ….. . Vede, con i soldi vostri ed i miei sto facendo tornare gli abitanti del paese. Un giorno, spero di rivederlo attivo e pieno di bambini. Ha visto due sono gia venuti e Vera ne riporterà addirittura tre.
La scuola sarà la prossima costruzione. Sa, una volta ero maestra di pianoforte”.
Bambini, scuola.. quelle due parole accesero una spia d’allarme nei suoi pensieri, ma non osò replicare subito.
Più tardi stava ancora rimuginando sul colloquio avuto con Elisa, ma l’arrivo inaspettato di una persona gli fece dimenticare tutto: Vera.
Ancora una volta lo sorprese. Lo avvicinò di soppiatto nel pomeriggio mentre stava chiedendo informazioni sui lavori ad un tecnico. Lei si avvicinò, lui non si rese conto subito chi era quell’elegantissima donna, quando lei si girò e lo salutò abbracciandolo, apparentemente amichevolmente, ma lui avvertì la forza dell’abbraccio e ricambiò l’intesa.
Vera si spostò un poco mostrando tre ragazzini: miei nipoti. Grazie all’avvocato che è arrivato con la famiglia e che certo avrai conosciuto qui, mi sono stati affidati, erano soli.
Antonio voleva, sportivamente, battere le mani ai ragazzi, ma quelli, con il volto serio, gliela strinsero con educazione, come tre adulti.
 Antonio rimase col sorriso bloccato, ripigliò un atteggiamento formale e strinse quelle manine col calore di chi capisce le sofferenze degli altri.
Dopo Vera gli raccontò la storia dei ragazzi, soli. In un primo momento le erano stati affidati temporaneamente , infine messa a punto l’adozione, era andati a prenderli.
Fu una giornata di luce per Antonio che guardava Vera notando apprezzabili cambiamenti, ma non le chiese niente.
Poi Vera rientrò e lui dovette risolvere questioni di logistica.
Prese una decisione, ne avrebbe parlato più tardi ad Elisa.
Elisa, già, tutto ruotava attorno a quella affascinante, matura signora.
Si diresse alla sua casa per parlarle. Lo accolsero le due cameriere, Sempre sorridenti, gli dissero di aspettare. Aspettò oltre 20 minuti, ma non si smosse finché si riaprì la porta e Elisa in persona lo fece entrare. Indossava un abito lamè old style, ma, cercando di non pensarci, Antony notò una certa avvenenza fisica. Si propose di andare diritto al punto e una volta accomodato esordì: “Ci sono cose che non quadrano, non previste dagli accordi”.
Elisa senza scomporsi lo pregò di proseguire.
” Avevamo messo ben in chiaro che il nostro scopo era quello di costruire un villaggio per anziani. Stiamo ricevendo fondi e prenotazioni. Ora m’accorgo che lei, e Vera (qui smorzò un poco la voce) state raccogliendo ragazzi, bambini e via dicendo. Questo era escluso dai contratti” . Credo che sia il caso di far ritornare indietro quelli venuti qui”.
Elisa, gli offrì dei cioccolatini che lui prese guardandola e aspettando la risposta ne mangiò due.
Elisa mangiò con calma il suo cioccolatino e disse:” È il primo che mangio questo mese … e l’ultimo, devo aspettare un mese per mangiarne un altro. Dunque, i bambini!?”
.. “Non le piacciono i bambini signor Antonio?”
 Antonio arrossì: “Certo che mi piacciono … non vado molto d’accordo con loro, ma …mi piacciono.
Questo però non centra col nostro discorso. Se i clienti del nostro futuro villaggio sapessero dei bambini potrebbero recedere dal contratto. Il nostro progetto è quello di costruire un villaggio per anziani…bambini esclusi. Potrebbe crollare l’intero progetto”.
Eloisa fu colpita dalle ultime parole “crollare …”, anche il suo sogno di rifondare Sinfonia era a rischio. Rispose: “Antonio, cerchiamo una soluzione. Aggiorniamoci a domenica”.
Antonio le fece un’azzardato e forse inopportuno, perché sembrato ironico, baciamani. Poi si dileguò dalla pensosa Eloisa.
Fuori passeggiò a lungo. Ricordava la mano affusolata, curata e la vicinanza di quella misteriosa signora lo confondeva sempre. Considerò anche la stranezza della frase di Elisa nell’avere indicato le due tuttofare “amiche più vicine”.
Comunque si rassegnò ad aspettare la domenica, ma perché domenica?
Arrivò la domenica e Antonio se la prese comoda nel prepararsi.
Diceva a se stesso che era per non andare in ansia. In realtà non voleva affrontare “la realtà” dei fatti. Sapeva di perdere sempre nelle sfide con Elisa, ma si rendeva conto anche che, forse, c’era un’attrazione reciproca. Lui riversava le sue attenzioni su Vera … e il problema era: perché le ricordava Elisa?
Ma, no!, si diceva. Niente di tutto ciò. La verità era che, purtroppo amava ancora Linda. Già Linda, gli aveva inviato messaggi, tentato di telefonare, perfino una lettera. Chissà che voleva.
Uscì verso mezzogiorno e dirigendosi in piazza vide due pullman che arrivavano. In attesa Elisa, Vera, e molte altre persone.
Gli autisti strombazzavano vivacemente i clacson. C’era un’atmosfera festosa.
Perfino il barista stava in attesa con un grosso cesto ripieno di giocattoli.
Dopo due giri della piazza gli automezzi si fermarono, aprirono le porte e iniziarono a scendere …bambini.
“Due pullman pieni di bambini! “. Disse, senza volerlo ad alta voce, Antonio che si era avvicinato alla piazza.
Gli rispose, sorridendo, una delle due dame:
” I bambini sono 12″. Li abbiamo raccolti tutti, anzi”, aggiunse indicando uno dei due autisti, “li hanno trovati loro
, dopo glieli presento, sono i nostri compagni”.
Non poté continuare, travolta da un possente abbraccio che la irradiò di felicità.
Ricambiò l’abbraccio di uno degli autisti, lo baciò perfino, si fece ammirare un poco e poi… . Si tolse gli orpelli, li depositò sul suo braccio e, imitata dall’amica che finiva di abbracciare l’altro autista, andò a guidare i bambini alla sala bar.
C’erano ragazzi e ragazze più grandicelle a cui affidarono mansioni d’aiuto.
Eloisa aveva perso, per la prima volta il suo applomb. Sembrava gongolare soddisfatta e commossa. Andò al seguito.
Antonio restò solo nella piazza meditando, poi lentamente li raggiunse.
 Non riuscì ad entrare del tutto e rimase sull’uscio ad ascoltare.
Così apprese dei bambini: erano tutti quelli che erano andati in gita durante la frana. Quasi tutti orfani.
Iniziò a parlare Elisa e un silenzio rispettoso le fece da preludio.
… ” ho quasi completato la mia missione. Fra poco inizierà la costruzione della scuola e ho una sorpresa che vorrei fosse detta da voci più autorevoli della mia..”.
Si sentì un frastuono di auto e motociclette arrivare sulla piazza. Antonio pensava, chissà perché, che fossero quelli della volta precedente, invece scesero uomini in divisa con al centro un uomo dalle basette bianche: il presidente.
Antonio, sbalordito si fermò al centro della soglia. Poi fu attirato da un braccio femminile. Era Vera che lo faceva entrare attraverso il varco che si era creato, prima che si rinchiudesse dopo il passaggio del presidente.
Antonio le strinse la mano e assieme si assieparono, stretti, in un angolo.
 Il contatto con Vera lo distraeva, lo stesso quando lo guardava con i suoi occhi “da Elisa”.
Entrò il presidente e, con una punta di immotivata gelosia da parte di Antonio, baciò la mano di Elisa e, addirittura, le circondò il collo col suo braccio. Lei lasciò fare e, anzi, lo abbracciò a sua volta. Fu un momento solo. Vera disse all’orecchio di Antonio: ” È mio zio, suo nipote adorato”.
Parlò il presidente  in una sala di un luogo sperduto a persone attentissime, disse:” Siete miei fratelli. Ora cittadini di un nuovo paese approvato dallo Stato.. Sinfonia è legalmente istituito e comprende tutta la zona.
Elisa Valenti è stata nominata Reggente in attesa di regolari elezioni per la nomina del primo sindaco del paese.
Sono pronti finanziamenti per scuola, edifici pubblici compreso municipalità. W Sinfonia, W la nostra nazione e i suoi figli”.
Il personale fece avvicinare tutti i bambini e ci fu un tripudio di applausi e foto con il presidente che abbracciava i bambini.
Poi, trafelati arrivarono i soci di Antonio. Elisa li presentò al presidente chiamando anche Antonio. Il presidente si complimentò con loro per il contributo alla ricostruzione e assicurò collaborazione da parte dell’amministrazione locale. Strette di mano, ampi sorrisi. Ripartì il corteo del presidente. Si iniziò a provvedere alle sistemazioni di tutti. I quattro soci andarono a piedi a vedere le loro villette.
 “Se non altro non avremo problemi burocratici”. Diceva uno dei soci. Un altro continuò: “La distanza fra il nostro villaggio in altitudine e linearmente, pardon quartiere di Sinfonia, dall’altro nucleo è circa 50 metri e 300 metri, punteremo su questo per garantire tranquillità ai nostri clienti”. Il terzo aggiunse, come fra sé:”Sinfonia Inferiore e Sinfonia superiore, come vi suona?”
Antonio si riscosse: “Cavolo dici!, ho un amico  che mi parla del suo paese, anzi della sua città divisa ipocritamente e ingordamente in superiore e inferiore, Nocera mi sembra si chiami.
Una cosa ignobile. Saremo due quartieri della stessa città con caratteristiche diverse.
Poi … poi si vedrà”.
Intanto erano arrivati alle costruzioni appena visibili nel verde. Soddisfatti dissero fra loro: “La vecchia fontana qui al centro non ci starebbe male, poi proseguiremo con le altre 60 villette ed i servizi. Si!, proprio non ci starebbe male”.
Ritornarono indietro, presero un caffè al bar prima di salutarsi: “Antonio, ottimo lavoro, grande! Continua. Arrivederci”.
Salutati gli amici, chissà perché, Antonio andò a rileggersi i numerosi messaggi di Linda.
Avevano ancora effetto di una scossa su di lui. Meno male che li aveva riletti. Nell’ultimo annunciava una sua venuta e a lui era sfuggito.
Nei giorni seguenti, cercò di distrarsi col lavoro e si incontrava con Vera a pranzo, cena e colazione. Una volta che lo colse sovrappensiero Vera gli prese la mano e gli chiese se aveva qualcosa da dirle… qualcosa di grave, aggiunse.
Antonio le disse dell’arrivo dell’ex moglie e poi mentì dicendole che a lui, oramai, non interessava.
“Sarà per qualche intoppo burocratico”, concluse.
Vera non commentò, solo gli chiese quando sarebbe venuta.
“Domattina” .
“Allora sarà bene non vederci domani, preparati all’incontro con serenità”.
Non l’aveva mai fatto, gli diede un bacio in fronte e andò via.
Antonio scosse la testa in confusione di pensieri. Gli era piaciuto il bacetto, ma nel contempo lo preoccupava lasciandolo ad un bivio della vita.
Non aveva voglia di svegliarsi. Dormire era una scappatoia alle decisioni, era bello e rilassante. “Era un incubo”, si disse buttandosi dal letto.
Arrivò un messaggio di Linda: ” Tarderò un paio d’ore, aspettami”.
Ritornò a letto, poi si rialzò al rumore di auto in arrivo, si vestì ed uscì.
In contemporanea un messaggio dai suoi soci: Antonio, gestisci per tutti noi la sorpresa che abbiamo fatto ad Elisa. Abbiamo riscattato i suoi gioielli e dovrebbero essere arrivati, salutala per noi”.
Corse letteralmente da Elisa in tempo per l’arrivo della cassa. Sorrideva alla grande e cercò di giustificare il dono.
Elisa non fece finta di voler rifiutare. Ringrazio sinceramente, più volte, Antony e soci. Aprì la cassa e indossò qualche gioiello fra lo sguardo estasiato dei presenti.
Solo lei poteva indossarli così.
Antonio guardò l’ora e decise di andare ad aspettare la ex moglie.
Vera andò nello studio ad immergersi nelle “scartoffie”, ed Elisa si avvicinò
alla finestra.
 Antony vide la sua ex moglie avvicinarsi.
Elisa guardava, dalle tendine socchiuse, il volto di Antonio avvamparsi di amore.
Linda imperiosa camminava a falcate. Era ancora molto bella.
Antonio la guardava col cuore in forse, poi le si avvicinò con desiderio, baciarla con passione. Un pensiero gli si gonfiava nella mente: l’amava, si!, l’amava ancora tanto.
Crebbe, crebbe tanto questo pensiero e…
Come un palloncino scoppiò proprio quando Linda gli fu vicino: non l’amava più.
L’abbracciò senza emozione. Lei sorrideva ancora compiaciuta finché non noto l’indifferenza di Antonio. Si staccò dicendogli: “Dunque è qui che ti sei rifugiato”.
Lui indicò con un largo giro del braccio teso: “il posto più bello del mondo. Non si è mai soli qui.”
Elisa, osservata la scena chiuse la tendina con gioia.
Linda indicò a sua volta l’auto che l’attendeva: “Volevo dirti che… ” .
Capì che sarebbe stato inutile ogni sua richiesta. Lo capì dal volto rapito di Antonio.
“Allora riparto subito, buona vita”.
“Buona vita”, rispose Antonio senza remore. La vide allontanare con indifferenza.
Quando tornò indietro passò vicino alla casa di Elisa che lo attendeva e gli disse: ” Le è rimasto un bacio d’amore in sospeso”. Intendeva per Vera, ma Antonio le si avvicinò dicendole: “Si sbaglia!”.
Elisa fu sorpresa dalla risposta e ancora di più dalle parole di Antony:” Perché i baci d’amore in sospeso sono due” e l’abbracciò baciandola con intensità, ricambiata ugualmente con abbandono. Fu un bacio fra due tempi d’amore che s’incontrarono solo per un momento. Poi prevalse l’amicizia, la stima, la realtà ed Elisa gli disse senza rimpianto e con affetto: “Vera sta dentro a preparare il caffè, entri”.
Entrarono al braccio come due compagnoni.