Racconti africani: Kasuku, il pappagallo
Padre Oliviero Ferro
Appollaiato su di una pianta di mango, stava KASUKU, il pappagallo. Sembrava che dormisse. Ma subito si accorse del mio arrivo.
Gli dissi: ”Che fai lassù?”. E lui: ”Che fai lassù?”
“Ma sei proprio un pappagallo. Ripeti tutto quello che dico, anche se non mi conosci” riprendo io.
“Tu che sei un uomo bianco, come al solito, non capisci niente delle nostre usanze” mi rispose divertito “Se mi ascolti, ti dico che cosa si vede da quassù. Intanto di’ a quella capra che sta mangiando le foglie di quell’albero, di andarsene da un’altra parte”.
E cominciò: ”Tanti anni fa, diceva il mio tribisnonno Pappagà, che in un villaggio abitava una binti, una ragazza. Era uguale a tutte le altre. Si alzava presto al mattino per prendere l’acqua al fiume. Tornata a casa, pestava la manioca fino a farla diventare una farina fine fine. Preparava il pranzo, lavava le pentole. Però aveva tanta voglia di andare a scuola, ma non poteva. Un giorno, mentre stava contemplando la luna che si specchiava nel lago, vide una stella che veloce attraversava il cielo. Era la prima volta e rimase a bocca aperta.
Le sembrò che parlasse, che dicesse che lei era felice e saggia. Ora doveva fare un viaggio tutta sola verso un luogo che non conosceva. Si addormentò nella sua piccola capanna e cominciò a sognare.
Era qualcosa di strano, qualcosa che le riscaldava il cuore. Viaggiava, viaggiava. Incontrava tante persone che rimanevano felici, guardando i suoi occhi. Non capiva, ma era felice.
Si risvegliò. Le sue amiche la chiamavano per andare al fiume ad attingere acqua. Si accorsero che nei suoi occhi c’era una luce strana, ma bellissima. E anche loro cominciarono a cantare con gioia”.
“Come si chiamava quella ragazza?” chiesi stupito.
“Mi pare che faceva di nome RIAMA” rispose lui, volendosene via.