I rametti di Santa Barbara
Maria Amendola
I “Barbarazweige” ovvero i “rametti” fioriti di Santa Barbara riguardano un’antica tradizione prenatalizia legata al giorno 4 dicembre, per l’appunto giorno in cui la Chiesa cristiana ricorda Santa Barbara. In questo giorno si raccolgono dei rametti di ciliegio (o gelsomino, melo, prugno, biancospino, nocciolo, pero o mandorlo) che poi devono essere sistemati in un vaso pieno d’acqua e posizionati in un ambiante caldo affinché essi fioriscano, il calore infatti incentiverà la fioritura. I rami dovrebbero fiorire il 24 dicembre (o giù di lì, intorno al quel giorno). La fioritura auspica una “buona fortuna” per il nuovo anno. Inoltre, se la fioritura avverrà prima di Natale, annuncia un matrimonio. Questa tradizione è legata al martirio della Santa: poiché un rametto di ciliegio le si impigliò nel vestito mentre il padre Dioscoro la trascinava per rinchiuderla in una torre. La Santa giunta nella torre, si accorse del rametto e lo pose nel recipiente che conteneva un pò di acqua (quella che aveva per bere) e dopo 20 giorni il rametto fiorì. Tradizionalmente il vaso con i rametti va collocato accanto al presepe.
Santa Barbara era nata nel 273 d.C. a Nicomedia, (nell’attuale Izmit, Turchia). Figlia di Dioscoro, che non solo non approvava la conversione della ragazza, ma era anche un collaboratore dell’imperatore romano Massimiano (Marco Aurelio Valerio Massimiano Erculeo, 250-310 d.C.). Nel 286 circa lei e la sua famiglia si trasferirono a Scandriglia (Rieti), ella distrusse ogni raffigurazione e statua pagana nella villa paterna causando l’ira paterna. La Santa fuggì in un bosco, ma venne prontamente catturata e fu poi rinchiusa in una torre fatta costruire dal padre, da lì riuscì a fugire passando attraverso le pareti. Fu catturata nuovamente e condotta dal padre dal prefetto Marciano che le intimò di abiurare la sua fede, ma lei non lo fece. Fu flagellata, ma le verghe miracolosamente si mutarono in piume di pavone. Allora il prefetto dispose che venisse “vestita” di abiti grezzi al fine di ferirle le carni, ma la notte ella ebbe una visione e fu guarita. Il giorno seguente fu sottoposta ad altre torture: posizionarono delle piastre roventi ma le fiamme si spensero subito, allora fu denudata e portata in gito per la città, prodigiosamente ella fece ritornò vestita. Il prefetto esasperato dagli eventi la condannò a morte per decapitazione (306 d.C.), e fu il padre Dioscoro a farlo con la sua spada, in quell’istante fu colpito da un fulmine, e si tramanda che di lui non rimasero neppure le ceneri. Sembra che l’imperatore bizantino Giustino (Flavio Giustino, 450-527 d.C.), nel VI secolo fece trasferire le reliquie della martire a Costantinopoli. In seguito i veneziani la trasferirono a Venezia e nella chiesa di S. Giovanni Evangelista a Torcello ( nel 1009 d.C.).
Curiosità:
– il culto bizantino della Santa in Italia è molto diffuso, ed è stato importato proprio nel periodo dell’occupazione dei Bizantini nel VI secolo, per poi svilupparsi durante le guerre delle Crociate (XI-XIII secolo);
– è invocata contro la morte improvvisa (secondo la leggenda è un richiamo a quella del padre Dioscoro) che potrebbe colpire chi lavora con gli esplosivi;
– è la protettrice dei vigili del fuoco;
– il termine “santabarbara” è divenuto di uso comune per indicare un deposito di esplosivi o un arsenale; infatti il deposito di armi, di esplosivi e di munizioni nelle navi da guerra è denominato “Santa Barbara”, infatti vi è sempre un’effigie della Santa;
– nel Cilento un antico proverbio sulle condizioni climatiche recita così: “Come “barbarea” così natalea”(ovvero le condizioni climatiche del giorno dedicato alla Santa (4 dicembre) saranno le medesime il giorno di Natale), ma questo lo si dice anche del giorno di Santa Caterina (Come “caterinea” così “natalea”).
– nell’iconografia di Santa Barbara è raffigurata una torre a tre finestre che rappresentano la trinità di Dio.