Beato Jacopo da Varazze parla di San Michele
don Marcello Stanzione
Jacopo da Varazze, chiamato anche Jacopo o Giacomo da Varagine (Varazze, 1228 – Genova, 13 luglio (o 16 luglio) 1298), fu un frate domenicano, vescovo di Genova e agiografo; è stato proclamato beato dalla Chiesa cattolica. Entrò nell’ordine dei Domenicani nel 1244; fu Priore a Como, Bologna e Asti. Nel 1267 dopo fu nominato provinciale per la Lombardia; abbandonò la carica nel 1286. Fu poi arcivescovo di Genova dal 1292 fino al 1298, anno della sua morte. Il culto di Jacopo da Varazze come beato è stato confermato nel 1816 da Papa Pio VII. La sua fama si deve invece ad una raccolta di vite di santi, dal titolo Legenda aurea (Legenda sanctorum), scritta a partire dagli anni sessanta del XIII secolo e rielaborata fino al 1298, anno della sua morte l’opera, che fu scritta in latino e in seguito diffusa in versione volgarizzante, ottenne molta influenza sulla seguente letteratura religiosa e servì come importante fonte iconografica per numerosi artisti. Tuttora sopravvivono più di 1400 manoscritti a testimonianza della grande importanza e della enorme diffusione che ebbe l’opera. Il beato vescovo domenicano riguardo all’Arcangelo Principe delle Celesti Milizie così scriveva ne la Legenda Aurea: “La festa di san Michele (29 settembre) ha per oggetto di festeggiarne la memoria insieme alle sue apparizioni, vittorie e consacrazioni. L’arcangelo Michele è apparso infatti molte volte: la prima volta sul Gargano, monte della Puglia, vicino alla città di Manfredonia, nell’anno del Signore 390. viveva nella predetta città un uomo chiamato Gargano, dal monte in prossimità del quale abitava e che possedeva un gran numero di buoi e di pecore. Una volta che il suo gregge passava lungo i fianchi della montagna, un toro lasciò i compagni, salì sulla cima del monte e vi rimase. Quando Gargano alla sera si accorse che il toro non era rientrato nella stalla, radunò i servi e si mise a cercarlo; lo vide alfine sulla cima del monte, vicino a una spelonca. Furioso gli lanciò una freccia avvelenata ma la freccia come respinta da un vento misterioso tornò indietro e lo ferì. I cittadini rimasero turbati da tale avvenimento e andarono ad interrogare il vescovo sul da farsi. Passati tre giorni l’angelo Michele apparve al vescovo e disse: “Sappiate che Gargano è stato colpito dalla freccia per mia volontà. Io sono Michele arcangelo, ho stabilito di conservare per me quel luogo e in tal modo ho dimostrato di esserne il custode”.
Subito il vescovo, seguito dai fedeli, si recò sulla cima del monte e, non osando entrare nella caverna, a lungo pregò l’arcangelo soffermandosi sulla soglia.
La seconda apparizione avvenne all’incirca nell’anno del Signore 710 sulla riva del mare, in un luogo che dista sei miglia da Avranches: apparve dunque l’arcangelo al vescovo di questa città e gli ordinò di fondare una chiesa sul predetto luogo dove potesse essere venerato come sul monte Gargano. Poiché il vescovo era incerto sul luogo esatto dove fondare la chiesa, l’arcangelo gli disse che doveva essere elevata là dove fosse stato trovato un toro nascosto dai ladri. Ma questo toro fu trovato tra due altissime rupi che nessuna forza umana sarebbe riuscita a spostare. Allora Michele apparve a un uomo, gli ordinò di recarsi in quel luogo e di spostare le due rupi: quell’uomo eseguì l’ordine senza durare alcuna fatica. Dopodiché la chiesa fu costruita e vi trasportarono, dal monte Gargano, una parte del mantello che l’arcangelo Michele aveva ivi deposto sull’altare, e una parte del marmo su cui aveva posato i piedi. Quel luogo era privo d’acqua, ma l’arcangelo Michele apparve e fece fare in una roccia un foro da cui scaturì l’acqua in grandissima abbondanza.
Nello stesso posto si dice che sia avvenuto un altro fatto portentoso: c’è infatti colà una montagna che il mare circonda da ogni parte; ma il giorno della festa di Michele il mare si apre per lasciare un passaggio ai fedeli. Ora, un giorno si trovava mescolata alla folla che si dirigeva verso la chiesa, una donna incinta e prossima a partorire. Ed ecco che a un tratto il mare si richiuse con gran fragore e tutti i fedeli riuscirono a mettersi in salvo all’infuori di quella donna, che, non potendo correre, affogò. Fu però conservata in vita da Michele arcangelo; per di più generò il figlio tra le onde e subito se lo attaccò sul seno. Dopodiché lieta in volto uscì dal mare.
La terza apparizione avvenne a Roma ai tempi di papa Gregorio. Questo papa aveva istituito le grandi litanie a causa di una crudele peste che infieriva in Roma: un giorno, mentre pregava per la salvezza del suo popolo apparve sopra il castello chiamato una volta di Adriano l’angelo del Signore che detergeva il sangue dalla spada e la riponeva nel fodero.
Dalla qual cosa san Gregorio comprese che le sue preghiere erano state esaudite e da allora quel castello fu chiamato Castel Sant’Angelo.
La quarta apparizione ci viene raccontata dalla Storia tripartita: vicino a Costantinopoli era un tempo venerata la dea Vesta: ora in quel luogo è stata costruita una chiesa in onore di Michele Arcangelo, e il luogo stesso è stato chiamato Michelion. Un uomo, di nome Aquilino, soffriva di una ardentissima febbre; i medici gli dettero una pozione ma quello la vomitò e poi seguitò a vomitare qualsiasi cosa gli dessero per cibo o bevanda. Sentendosi vicino a morire, Aquilino si fece trasportare nel luogo suddetto; qui gli apparve Michele e gli disse di prepararsi una medicina composta di miele, vino e pepe e di bagnarvi ogni cibo di cui volesse nutrirsi. L’uomo così fece e guarì perfettamente per quanto il rimedio fosse contrario alle leggi della medicina.
Numerose sono le vittorie dell’arcangelo Michele di cui facciamo memoria nel presente giorno: la prima è quella che fece riportare agli abitanti della suddetta città di Manfredonia: infatti qualche tempo dopo l’apparizione sul monte Gargano, gli abitanti di Napoli, ancora pagani, dichiararono guerra a quelli di Manfredonia e di Benevento; gli abitanti di Manfredonia, per consiglio del vescovo, chiesero una tregua di tre giorni per digiunare e invocare l’aiuto del loro patrono Michele. La terza notte l’arcangelo apparve al vescovo, gli disse che le preghiere erano state esaudite e che la vittoria avrebbe arriso ai suoi fedeli se avessero attaccato il nemico alle quattro del mattino. Ed ecco che proprio a quell’ora il Gargano tuonò scuotendosi fino dalle fondamenta fra il bagliore dei lampi: seguì poi una profonda oscurità e cinquecento soldati dell’esercito nemico furono trafitti sia dalle spade degli avversari che da misteriose saette di fuoco. Coloro che sopravvissero abbandonarono il culto degli idoli e si convertirono alla fede cristiana.
In secondo luogo deve essere ricordata la vittoria che l’arcangelo Michele riportò precipitando dal cielo il feroce drago, cioè Lucifero, con tutti i suoi seguaci. Sappiamo che Lucifero aspirò a divenire simile a Dio e che l’arcangelo, vessillifero del celeste esercito, dopo averlo cacciato dal cielo insieme agli angeli ribelli, lo chiuse nelle tenebre infernali fino al giorno del giudizio. Poiché non è permesso ai demoni abitare nel cielo e nella parte superiore dell’aria, luogo limpido e splendente, né sulla terra dove troppo sarebbero divenuti potenti, abitano nello spazio fra la terra e il cielo e molto si dolgono per la vista del cielo che hanno perduto e soffrono insieme per la vista della terra dove abitano gli uomini che hanno la possibilità di ascendere là donde essi sono precipitati. Spesso, col permesso di Dio, gli spiriti maligni scendono fra di noi per provarci e ci svolazzano attorno come mosche: sono infatti innumerevoli; tutta l’aria attorno a noi ne è piena, ed è comune opinione che siano fitti come il pulviscolo in un raggio di sole. Ma, secondo quanto scrive Origene, il loro numero diminuisce tutte le volte che vengono vinti dall’uomo; infatti un demone che è stato sconfitto da un sant’uomo non può più tentare alcuno almeno per quanto il peccato in cui non è riuscito a prevalere. Un’altra vittoria è quella che san Michele e i suoi compagni ottengono ogni giorno sui demoni, difendendoci dai loro assalti e liberandoci dalle tentazioni.
In tre modi gli angeli ci liberano dalle tentazioni: contrastando con le potenze diaboliche, raffrenando le nostre cupidigie, imprimendoci nella mente il ricordo della Passione di Cristo.
La quarta vittoria è quella che san Michele riporterà sull’anticristo quando lo ucciderà: allora, scrive Daniele, si vedrà il grande Principe Michele levarsi a proteggere gli eletti. Poi l’anticristo, come si legge nella glossa dell’Apocalisse, si fingerà morto e si terrà nascosto per tre giorni: infine riapparirà affermando di essere miracolosamente risorto e si solleverà nell’aere trasportato dai demoni. Tutti saranno presi da ammirazione e lo adoreranno; ma quando sarà giunto sul monte Oliveto, Michele arcangelo gli si farà dinanzi e lo ucciderà.
La presente festa è anche una festa di consacrazione, poiché san Michele ha rivelato in questo giorno che la cima del monte Gargano gli doveva essere dedicata. Dopo la suddetta vittoria gli abitanti di Manfredonia erano incerti se dovessero o no entrare nel luogo dedicato a Michele per consacrarlo; il vescovo chiese consiglio al papa Pelagio che così rispose: “Se dovesse essere un uomo a consacrare quella chiesa non ci sarebbe giorno migliore di quello in cui si commemora la vittoria conseguita dall’arcangelo; ma se diversa è la volontà di Michele, questo non lo possiamo sapere che direttamente da lui stesso”. Allora gli abitanti della città si misero in preghiera e in digiuno; dopo tre giorni l’arcangelo apparve e disse: “Non è necessario che consacriate la chiesa che mi sono costruito perché l’ho già da me stesso consacrata”. Aggiunse poi che, il giorno seguente, vi si recasse il vescovo seguito dai fedeli ad invocare il suo aiuto come quello del patrono speciale della città: a testimonianza della suddetta miracolosa consacrazione San Michele disse che nella parte orientale del tempio avrebbero visto orme di uomo impresse sul marmo. La mattina dopo il vescovo, seguito da una gran folla, si recò nella caverna del Gargano e vi trovò una cripta con tre altari, dei quali due a occidente e il terzo a oriente, tutto ravvolto da un drappo rosso. Il vescovo vi celebrò la messa, i fedeli si comunicarono, poi tornarono a casa pieni di giubilo. Nella stessa spelonca sgorga una limpidissima fonte, alla cui dolce acqua si disseta il popolo subito dopo la comunione e per la cui virtù molte malattie sono risanate. Infine, nel presente giorno, la Chiesa celebra la commemorazione dell’arcangelo Michele e di tutti gli angeli: infatti è necessario che li onoriamo e lodiamo per molti motivi.