Avventure missionarie: i pescatori
Padre Oliviero Ferro
Se non si vede, si fa difficoltà a capire quanta fatica ci vuole. Fin dai tempi antichi, il mestiere di pescatore era a rischio, anche perché non sempre i pesci collaboravano. Ci tenevano alle loro squame… Vederli sulla spiaggia, intenti a riparare le reti (mi ricorda un certo Gesù che tanti anni fa ne chiamò quattro a seguirlo, proprio mentre facevano il loro lavoro), a sistemare la barca, insomma a preparare tutto quello che serviva per la pesca…mi incuriosiva molto. Poi, vederli partire alla sera, con le piroghe a bilanciere e andare al largo, accendere le lampade, gettare le reti e aspettare che la luna uscisse per far entrare i pesci nelle reti…Per noi che li vedevamo dalla riva, era uno spettacolo; ma per loro, quanta fatica. A volte, ci pensavano anche gli ippopotami a rovinare il loro lavoro, quando al mattino tiravano su le reti. Loro avevano una fame immensa e non sembrava che si rendessero conto delle loro fatiche. Ingordi e, se i pescatori cominciavano a cacciarli via con i remi, loro si infilavano sotto la piroga e li facevano finire in acqua. Ma i problemi non finivano lì. Quando arrivavano sulla spiaggia, arrivavano altri affamati a due zampe (pardon: gambe): esattori delle tasse, militari e altri approfittatori. E non potevano rifiutare di dare un po’ dei pesci, oltre al denaro. Altrimenti rischiavano di perdere barca, reti… Terminate tutte queste storie, potevano scaricare i pesci nelle cassette di legno. Venivano i bambini con le mamme per recuperarle e anche altra gente che voleva il pesce fresco. Una parte veniva poi steso sulla sabbia a seccare e sarebbe finito in grandi sacchi, caricato sui camion e portato ai paesi più lontani. Qualcuno, scherzando, diceva che di notte venivano delle donne sui loro panieri e lo prendevano, volando, per andare nei paesi della foresta… Finalmente, potevano riposarsi, dopo aver fatto arrostire il pesce. Un’altra notte di pesca li attendeva e dovevano andare, se volevano dar da mangiare alla famiglia. Una notte, nel viaggio sul lago, li abbiamo incontrati. Cantavano per farsi coraggio. Ci siamo fermati per salutarli. Nel frattempo era uscita la luna che lasciava scendere i suoi raggi sull’acqua e i pesciolini (gli ndagala) venivano in superficie per danzare. Uno spettacolo indimenticabile.