Leggendo un po’…l’ombra della povertà
Dott. Carmine Paternostro
In un angolo, solo, un uomo sedeva. Riscaldava con le scarse energie l’ultimo freddo gradino della grande Chiesa di piazza, dominata da oscuro silenzio.
Non aveva il cappello. Giaceva al suo fianco, per accogliere qualche moneta caritatevole. La notte, pian piano, succedeva alla sera e la luce del lungo lampione, sempre più stanca, andava assopendosi.
I passanti erano sempre più radi e correvano, in fretta, verso l’uscio di casa, ignorandolo.
Qualche pallida luce evadeva da una finestra, esalando qualche nota di musica. Forse era festa: Natale, Capodanno. Il calendario era scomparso da tempo ed i giorni cadevano in successione rituale, senza accenti di storia.
Nel mentre danzava un soffice petalo di neve, seguito da un altro ed un altro ancora, adagiandosi sul fondo del nudo cappello. Il freddo pungeva. L’orologio del lungo campanile pronunciò dodici squilli. Il giorno cedeva al nuovo arrivato. Ma ogni giorno non cambiava il destino, ripetitivo, incessante. La povertà aveva annullato il tempo. La povertà è come la lebbra, inguaribile, punisce il peccatore. Ma la povertà è peccato? E’ un’infinita digiunale Quaresima.
Assurto in pensieri, procedeva, in lentezza, verso la nuova dimora: un grosso scatolone in cartone, che aveva ospitato…un frigorifero!
Un’ombra appare improvvisa da un angolo. Un vecchio, in cappuccio, dal volto nascosto, con il saio di Assisi o del Gargano offre un sorriso di luce, tende una mano, condivide un pezzo di pane, con la destra fa un segno di croce.
L’uomo fu sazio, felice, la giornata si riempì di colore. L’ombra svanì.
Ogni lacrima, fango in terra mortale, diviene pietra preziosa nell’etere. L’amico lo scopri nel buio.
Quell’ombra segnò, nel giorno nascente, un compleanno diverso.