La Voce e la Vita della Chiesa: ”Quaresima, 40 giorni per risorgere con Cristo“
Diac. Francesco Giglio
Quaranta giorni per arrivare a “una vita rinnovata a immagine del Signore che risorge”. Il Tempo di Quaresima quindi è un cammino, un vero “itinerario battesimale, nel senso che aiuta a mantenere desta la consapevolezza che l’essere cristiani si realizza sempre come un nuovo diventare cristiani: non è mai una storia conclusa che sta alle nostre spalle, ma un cammino che esige sempre un esercizio nuovo”. (Benedetto XVI ). La Quaresima decorre dal mercoledì dalle Ceneri fino alla Messa “in Cena Domini” del Giovedì Santo esclusa. In questo modo, il Tempo quaresimale è distinto dal Triduo pasquale. Inoltre, nel computo dei 40 giorni non entrano le domeniche, che sono e rimangono celebrazioni della Pasqua del Signore. “Con l’antico rito del mercoledì con l’imposizione delle ceneri, la Chiesa ci introduce nella Quaresima come in un grande ritiro spirituale di quaranta giorni”, che vuole rafforzare la preghiera e il sentimento dei fedeli e ricordare le sofferenze e il sacrificio di Gesù verso l’uomo.
La Quaresima è anche e soprattutto tempo di ascolto della Parola, di una catechesi più approfondita, che richiama i cristiani ai grandi impegni battesimali in preparazione alla Pasqua. Battezzati nella morte e risurrezione di Cristo, viviamo secondo una morale da battezzati, seguendo non una legge astratta, ma l’esempio di Cristo, in obbedienza al Padre. Il numero 40 nella Bibbia ha sempre significato un tempo completo, in cui si esce diversi da come si è entrati. Poiché la Pasqua e la celebrazione piena di tutta l’azione salvifica di Dio, essa produce nella Chiesa una purificazione e una santificazione che non si possono attendere da nessun’altra celebrazione. Ma nello stesso tempo, a causa di questa eccellenza, essa esige una preparazione ascetica: la Quaresima. Essa è, dunque, nell’insieme di parole che annunciano gli avvenimenti della salvezza, di riti e di pratiche ascetiche, un grande segno sacramentale, attraverso il quale la Chiesa partecipa, nella fede-conversione, al mistero di Cristo che, per noi, fa l’esperienza del deserto, del digiuno ed esce vincitore dalle tentazioni, abbracciando la via del messianismo del servo umile e sofferente. La Chiesa, all’inizio di ogni Quaresima, ha coscienza che il Signore stesso da efficacia alla penitenza dei suoi fedeli. Una tale penitenza comporta allora un valore liturgico, vale a dire che essa costituisce un’azione di Cristo e della sua Chiesa. Da qui la grande convocazione di tutta la Chiesa affinché essa si lasci purificare dal suo Sposo. Dalla teologia quaresimale si può così dedurre una tipica spiritualità pasquale penitenziale ed ecclesiale. Ne risulta che la pratica della penitenza “non deve essere soltanto interiore e individuale, ma deve essere anche esteriore e comunitaria”, e caratterizzata dai seguenti aspetti: il rifiuto del peccato come offesa a Dio; la partecipazione di tutti all’azione di penitenza; la preghiera per i peccatori. In definitiva, la Quaresima e un tempo favorevole alla riscoperta e all’approfondimento dell’autentico spirito del “discepolo di Cristo” che si rende conoscibile per la” partecipazione” e la “condivisione” della sua vita. La Quaresima diviene così una scuola vitale di purificazione e di illuminazione, perché si viva di queste parole di Gesù ripetute al momento dell’imposizione delle ceneri: “convertitevi e credete al vangelo”. Questa è la sostanza della spiritualità quaresimale. I mezzi suggeriti per pervenirvi sono: l’ascolto più profondo della parola di Dio; la preghiera più intensa e prolungata; il digiuno e le opere di carità. La pastorale deve anche essere creativa per attualizzare queste opere tipiche della Quaresima (preghiera, digiuno, carità) adattandole alla sensibilità dell’uomo contemporaneo. “Poiché gli impegni, gli affanni e le preoccupazioni ci fanno ricadere nell’abitudine, ci espongono al rischio di dimenticare quanto straordinaria sia l’avventura nella quale Gesù ci ha coinvolti, abbiamo bisogno, ogni giorno, di iniziare nuovamente il nostro esigente itinerario di vita evangelica, rientrando in noi stessi mediante pause ristoratrici dello spirito”. In questo difficile momento che stiamo vivendo è forse il caso di mettere l’accento anche su un altro impegno che dovremmo assumere: “divenire operatori di pace”. In un mondo sconvolto da guerre, fame, carestie, siccità e altri eventi straordinari, si rende necessario concretizzare il sogno di Papa S. Paolo VI: “costruire la civiltà dell’amore”. Non ci può essere una Pasqua di resurrezione se non diventiamo costruttori di ponti e abbattitori di muri. Smantellare i muri che ostruiscono la ricongiunzione della famiglia umana creando ponti di universale fraternità. Accogliamo con gioia il dono che il Crocifisso Risorto ci ha lasciato e cioè “la pace”. Essa non è “la tregua tra due guerre né è l’assenza di conflitti; non è la sottomissione servile al più forte né il dominio incontrastato sui più deboli; non è nemmeno il quieto vivere e la paura degli inetti, né l’indifferenza e la superiorità rispetto al male e alla sofferenza”. La pace che Gesù ci ha lasciato “è la pace di chi, amato da Dio, ama ogni creatura e per questo copre e sopporta i limiti propri e altrui, e crede e spera che il bene prima o poi fiorirà in ognuno (cfr. 1 Cor 13,7). È la pace di chi vince il male con il bene (cfr. Rm 12,21) e con la pazienza (cfr. Gc 1,2-4), perché ha vinto su sé stesso e ha scoperto che la vita è un dono ricevuto e da donare”.