Salerno: suicidio in RSA, neurologo D’Angelo già a Settembre denunciava pericolo di trasferimenti in RSA di persone con disabilità mentali
Un drammatico vaso di Pandora. È quello che si sta aprendo dopo il suicidio di pochi giorni fa della donna di 67 anni che si è gettata dalla finestra della RSA, in provincia di Salerno, in cui viveva. La donna soffriva di disturbi mentali e aveva dei precedenti. Un episodio identico era avvenuto circa due anni prima, anche in quel caso una donna con disturbi mentali si era gettata nel vuoto dalla finestra della sua stanza. Le voci che si sono sollevate vanno tutte nella stessa direzione: non doveva accadere. Il Comitato Diritto alla cura ha parlato di “morte annunciata”, il direttore del Dipartimento Salute Mentale della ASL, dottor Corrivetti, ha detto “quella donna non doveva stare lì”, lo psichiatra d’Angiò, professore ed ex primario, ha scritto “le gravi e gravissime patologie disabilitanti non possono finire nell’imbuto low cost delle RSA, luoghi che non hanno alcuna specifica competenza”. Potremmo continuare. Sotto accusa non sono le RSA in sé ma l’uso improprio che se ne fa, facendo finire in RSA persone con disabilità psichiche o neurologiche che in quelle residenze non dovrebbero proprio andarci e che, invece, dovrebbero essere curate in strutture adeguate.
Il dottor Enrico D’Angelo, neurologo, è stato tra i primi a sollevare con forza il problema, ben prima dell’episodio del suicidio della donna di pochi giorni fa. Nel settembre scorso infatti scrisse una lettera, ripresa da tutti i giornali, alla responsabile riabilitazione del ASL di Salerno, dottoressa Gentile. In quella lettera scriveva “Leggo di commissioni mediche della ASL che dovrebbero valutare le condizioni dei malati disabili ricoverati per decidere cosa è meglio per loro, e che invece predispongono il loro passaggio a strutture come le RSA che mai sarebbero in grado di curarli”. Faceva anche degli esempi, come quello di “un paziente le cui patologie sono gravissime. Cieco, cerebroleso, epilettico, pluriminorato, cardiopatico e, purtroppo, tanto altro. Per questo paziente la commissione del Distretto di Nocera avrebbe prorogato per soli due mesi il trattamento nella struttura specializzata dove è in cura, poi potrebbe essere mandato, direi ‘condannato’, in una RSA”. Denunciava come queste commissioni fossero illegittime perché senza i componenti richiesti dalla legge e perché ignoravano il parere di chi aveva in cura i malati, metteva in guardia su come il passaggio da strutture qualificate a RSA avesse “effetti devastanti per i malati e le loro famiglie”. Dottor D’Angelo, ebbe una risposta scritta? “No – risponde – e infatti presentai una denuncia all’ordine dei medici, ma anche quella ad oggi è senza riscontro”. Cosa è cambiato da allora? “Niente. Le commissioni continuano ad essere illegittime sia per numero che per professionalità dei componenti e si continua a mandare in RSA persone per le quali le RSA sono una condanna inaccettabile, sul piano medico e sul piano umano”. Perché le RSA sarebbero una condanna? “Perché non sono strutture in grado di curare questi pazienti. Per esempio non hanno il personale adatto, basti pensare che non sono previsti medici ma solo il medico di medicina generale. Non nascono per curare ma per assistere gli anziani che, infatti, sono il 75% degli ospiti in RSA. Invece i malati di cui parliamo hanno bisogno di terapie, personale specializzato, attrezzature. E che si fa? Si tolgono da strutture in cui hanno tutto questo e si spostano in RSA, dove perderanno anche i risultati che hanno ottenuto, è inconcepibile. Molto spesso, poi, questi malati sono dei minori e quindi, per fortuna, in RSA non ci possono neanche andare. Ma oggi possono essere curati per 180 giorni, al massimo un anno. E poi? Li abbandoniamo a se stessi? È folle”. Il motivo di tutto questo? “Lo ha detto il professor d’Angiò, parlando di low cost delle RSA”. Perché con le RSA si risparmia … “Certo. Però a parte il lato disumano di risparmiare sulla vita di questi malati, parliamo di un risparmio finto perché queste persone peggioreranno e quindi costeranno di più al servizio sanitario in futuro. A meno che non finiscano con il suicidarsi …”. Che fare? “Eliminare una mentalità per cui qualche euro risparmiato vale più della salute delle persone disabili, fatto gravissimo sempre ma ancora di più se parliamo di minori. E garantire per legge il diritto alla cura, senza il limite illogico dei 180 giorni. Ecco, su questo punto forse un grande passo avanti lo stiamo facendo: è stata presentata la proposta di legge di iniziativa popolare, che io ho sostenuto, che permetterebbe finalmente di cambiare le cose e di curare le persone come si deve invece di parcheggiarle e farle ammuffire come fossero scatole in un armadio. La parola spetta al Consiglio regionale. Speriamo che la tragedia della signora che si è tolta la vita in RSA serva almeno ad aprire gli occhi a chi ancora ce li ha chiusi. Speriamo”.