Napoli: alla Pontifica Facoltà Teologica, opera di Bruno Giustiniani su San Tommaso
Ogni anno la Pontificia Facoltà di Teologia dell’Italia Meridionale celebra l’anniversario della morte di San Tommaso d’Aquino con un grande evento la “Lectio Thomae” che si tiene nell’aula magna delle conferenze, presenti autorità, docenti e studenti. Quest’anno, già da tempo, era stato chiesto al prof. Bruno Giustiniani, noto artista che vanta numerosi encomi alla carriera anche oltr’Alpe, un nuovo dipinto del grande Santo ed egli lo ha realizzato per questa occasione, divenendo oggi patrimonio dell’Istituto Universitario di Napoli. Il dipinto, olio su tela “San Tommaso d’Aquino rapito tra fede e ragione” sarà a corollario dell’evento e la preziosa tela resterà poi alla Pontificia Facoltà. Dopo la conferenza dello stesso autore, che da storico dell’arte relazionerà sull’Iconografia di San Tommaso d’Aquino dal tredicesimo secolo, epoca in cui visse, fino ai giorni nostri, l’illustrazione del dipinto, che sarà esposto nella Sala del Consiglio di Facoltà.
Lo stesso dipinto ai giorni nostri assume un’importanza particolare in quanto, non esistendo un ritratto in vita ma diversi dipinti di vari autori in epoca successiva come ad esempio il Beato Angelico, Davide il Ghirlandaio, il Guercino, Luca Giordano e Francesco Solimena, sono pressoché assenti quelli in epoca contemporanea.
Infatti nel XIII sec., epoca in cui visse San Tommaso d’Aquino, la pittura italiana era ferma o legata a rigidi manierismi bizantini, che non prevedevano una somiglianza tra l’effigie ed il soggetto a cui si riferiva.
Ed allora, ci si chiede, quale atteggiamento etico di Giustiniani nel raffigurare uno dei più grandi teologi e filosofi del passato, considerando che nessuna delle opere, tutte diverse fra loro, anche giocando con l’età del soggetto stesso, non potevano essere considerate come raffiguranti le sue reali fattezze.
I tratti somatici dell’Aquinate sono stati tramandati nel corso di secoli, sulla base della grande biografia di Guglielmo di Tocco, come uomo di statura imponente, nerboruto, forse un po’ in sovrappeso, un po’ calvo e dai capelli biondi; afferma sempre il suo biografo Guglielmo di Tocco riferisce: “Aveva gli occhi che mostravano chiarezza, completamente astratti dal mondo, aleggianti allo spirito contemplante ma sempre riflettenti il suo spirito di luce nella nuova conoscenza”.
Lo studio del personaggio ha portato Giustiniani alla soluzione pittorica ed a contestualizzare nel tempo il Santo sulla tela.
Per cui il “suo” San Tommaso è lì, in un angolo della sua cella nell’ atteggiamento abituale, come Guglielmo di Tocco riferisce, dietro lo scrittoio, con lo sguardo pieno di luce, quasi in estasi, rapito da profondi pensieri, poi trasfusi in dottrina teologica. Giustiniani rappresenta S. Tommaso in un ambiente oscuro, ma pieno di luce, dove candele accese e spente nel corso della ricerca vespertina e serale, gli suggeriscono le risposte in parte già ottenute e la lunga strada ancora da percorrere. Pochi umili oggetti davanti: un foglio sullo scrittoio ed altri pronti, ma ancora da scrivere, illuminati dalla candela o dalla luce dei suoi occhi. In un angolo uno dei suoi volumi della Summa Theologiae, che interruppe alla questione 90 della tertia pars. Vi è sopra un rosario, quello che San Domenico chiamò “corona di rose di Nostra Signora”, quando la Madre Celeste apparve al Grande Santo nel 1208, nel Convento di Prouville.
La fede è un faro che fa vedere lontano, anche al buio, ma se aiutata da un piccolo lume, che è la ragione, di certo non farà vedere cose contrarie, ma essa amplificherà la conoscenza, facendola volare verso il vero. ”Intelligo ut credam et credo ut intelligam”, ripete Tommaso con Sant’Agostino. Questo il messaggio del dipinto: San Tommaso d’Aquino sta definendo il suo capolavoro “Summa Theologiae”, qui, a Napoli, primo anello della lunga catena di ricerche oggi proseguite nella Sezione della Facoltà di teologia dell’Italia meridionale.
L’interpretazione del Santo filosofo e teologo San Tommaso d’Aquino fa pensare che il sogno che Giustiniani vede nel suo sguardo, forse riflesso del suo, vada al di là della realtà e si tramuti in un’intensa attività onirica, per sognare la verità e per rielaborare, prima di mettere l’inchiostro sul foglio bianco, il suo pensiero, che si dibatte come tra le due sponde della fede in Dio e della ragione; da qui il titolo dell’opera.