La Voce e la Vita della Chiesa: ”In cammino con Gesù verso la Pasqua“
Diac. Francesco Giglio
Stiamo per concludere il percorso quaresimale e ci avviamo alla celebrazione della Domenica delle Palme, per entrare nel cuore della Settimana Santa. Ci prepariamo quindi a vivere il Mistero pasquale che ci vede in cammino con Gesù, verso il Golgota e la Pasqua di resurrezione. L’ingresso festoso ha portato Gesù da Nazaret e dalla Galilea alla città santa di Gerusalemme. Ci accingiamo a vivere insieme al nostro Maestro l’ultimo tratto di strada della sua vita, che segna la conclusione del suo cammino di fedeltà alla volontà del Padre. Si sta per compiere il disegno della salvezza, attraverso la morte in croce e la Resurrezione della Domenica di Pasqua. Se in questo itinerario di fede si inserisce la nostra partecipazione, possiamo consapevolmente affermare che la “Settimana Santa” segna anche per noi l’occasione per compiere un cammino di conversione che ci farà comprendere il vero significato delle parole “passione, croce e resurrezione”. Per gli Ebrei la morte in croce di Gesù significava il fallimento della sua vita e la possibilità di poter schernire e deridere quell’uomo inchiodato sulla croce. “ E quelli che passavano di là, lo ingiuriavano, scuotendo il capo e dicendo: « tu che distruggi il tempio e in tre giorni lo ricostruisci, salva te stesso, se tu sei Figlio di Dio, e scendi giù dalla croce!» Così pure, i capi dei sacerdoti con gli scribi e gli anziani, beffandosi, dicevano: «Ha salvato altri e non può salvare se stesso! Se lui è il re d’Israele, scenda ora giù dalla croce, e noi crederemo in lui. Si è confidato in Dio: lo liberi ora, se lo gradisce, poiché ha detto: “Sono Figlio di Dio”». E nello stesso modo lo insultavano anche i ladroni crocifissi con lui” (cfr. Mt 27,39-44). A questo modo di pensare si oppone la logica di Dio che come scrive l’evangelista Luca (9,22) : « Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e da scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno». La nostra fede in realtà ci porta ad affermare che la “croce è lo strumento attraverso il quale il Cristo realizza la sua missione di salvezza per tutto il genere umano”. La croce è quindi il mezzo attraverso il quale l’umanità ferita dal peccato si salva e ristabilisce il rapporto d’amore con Dio. Giovanni nel suo Vangelo (19,28-30) così scrive: “Dopo questo, Gesù, sapendo che ormai tutto era compiuto, affinché si compisse la Scrittura, disse: «Ho sete». Vi era lì un vaso pieno di aceto; posero perciò una spugna, imbevuta di aceto, in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. Dopo aver preso l’aceto, Gesù disse: «È compiuto!». E, chinato il capo, consegnò lo spirito”. Facciamo nostro il contenuto dei Vangeli e forti della nostra fede accompagniamo Gesù in questo cammino di dolore verso il calvario e di gioia per la Sua resurrezione indossando i panni di quanti hanno fattivamente vissuti questi momenti che hanno preceduto e realizzato la storia della salvezza.
Dal Vangelo secondo Luca (23, 26) “Mentre conducevano via Gesù, fermarono un certo Simone di Cirene, che tornava dai campi, e gli misero addosso la croce, da portare dietro a Gesù”. Simone di Cirene rappresenta tutti noi allorché all’improvviso ci arriva una difficoltà, una prova, una malattia, un peso imprevisto, una croce talvolta pesante. Perché? Perché proprio a me? Perché proprio adesso? Il Signore ci chiama a seguirlo, non sappiamo dove e come. Allora prendiamo anche noi la nostra croce e seguiamo Gesù.
Dai Vangeli sappiamo che Gesù non venne condotto al Calvario per essere crocifisso da solo: “Venivano condotti insieme con lui anche due malfattori per essere giustiziati. Quando giunsero al luogo detto Cranio, là crocifissero lui e i due malfattori, uno a destra e l’altro a sinistra.” (cfr. Lc 23,32-33)… “Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi!». Ma l’altro lo rimproverava: «Neanche tu hai timore di Dio e sei dannato alla stessa pena? Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni, egli invece non ha fatto nulla di male». E aggiunse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno»” (cfr. Lc 23,39-42). Se siamo uno dei due ladri crocifissi insieme a Gesù, facciamo come il buon ladrone, chiediamo a Gesù di entrare con Lui in Paradiso.
“Venuta la sera, giunse un uomo ricco, di Arimatea, chiamato Giuseppe; anche lui era diventato discepolo di Gesù. Questi si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù. Pilato allora ordinò che gli fosse consegnato. Giuseppe prese il corpo, lo avvolse in un lenzuolo pulito e lo depose nel suo sepolcro nuovo, che si era fatto scavare nella roccia; rotolata poi una grande pietra all’entrata del sepolcro, se ne andò” (cfr. Mt 27, 56-60). Anche noi come Giuseppe D’Arimatea, richiediamo il corpo di Gesù e rendiamoci partecipi della salvezza del mondo.
Dal Vangelo secondo Giovanni (19,39-42):«Nicodemo, che in precedenza era andato da Gesù di notte, venne anch’egli, portando una mistura di mirra e d’aloe di circa cento libbre. Essi, dunque, presero il corpo di Gesù e lo avvolsero in fasce con gli aromi, secondo il modo di seppellire in uso presso i Giudei. Nel luogo dov’egli era stato crocifisso c’era un giardino, e in quel giardino un sepolcro nuovo, dove nessuno era ancora stato deposto. Là dunque deposero Gesù, a motivo della Preparazione dei Giudei, perché il sepolcro era vicino». Se ci sentiamo anche noi come il discepolo Nicodemo, seppelliamo e ungiamo il corpo di Gesù e rendiamo a Lui la nostra adorazione.
“Intanto Gesù, ancora profondamente commosso, si recò al sepolcro; era una grotta e contro vi era posta una pietra. Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, già manda cattivo odore, poiché è di quattro giorni». Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se credi, vedrai la gloria di Dio?». Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti ringrazio che mi hai ascoltato. Io sapevo che sempre mi dai ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». E, detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, con i piedi e le mani avvolti in bende, e il volto coperto da un sudario. Gesù disse loro: «Scioglietelo e lasciatelo andare»(cfr. Gv 11, 38-44) . Se ci sentiamo anche noi come Marta e Maria, chiediamo la consolazione del Signore che ci rassicuri che la morte è un sonno, quando per noi è invece la fine. Perché possiamo continuare a coltivare la speranza nella vita e nella risurrezione, quando per noi sono rimaste solo le lacrime. Perché possiamo credere che chi crede in Cristo Gesù è già passato dalla morte alla vita. Che Egli non è mai in ritardo rispetto alla nostra premura, perché quando arriva ha sempre la possibilità di svegliare i suoi amici e di restituirceli. Perché egli piange e soffre per quelli che piangiamo anche noi, ma solo perché li ama quanto e più di noi e non perché non ci sono più. Perché con la sua parola onnipotente e con la sua fiducia nel Padre, che sempre ci ascolta, invece di farci versare lacrime di fronte ad una tomba, ci può fare dare le spalle alla morte. Perché quando tutto è in disfacimento, la nostra fiducia e pure il nostro corpo e il nostro cuore, egli ci può restituire tutto e tutti liberi dalle bende della morte, e da qualsiasi catena. Tuo fratello vive! Egli lo ripete a ciascuno di noi per qualunque motivo noi piangiamo e soffriamo.