“Del Cilento e del suo Genius loci. Epistemologia di un territorio tra tradizione e cambiamento”” libro di Pasquale Martucci
Bianca Fasano
Già a vederlo e prenderlo tra le mani, il libro di Pasquale Martucci: “Del Cilento e del suo Genius loci. Epistemologia di un territorio tra tradizione e cambiamento”, offre, per il complesso della grafica e del cromatismo, la sensazione di una giornata serena, di quelle che terminano in uno di quei favolosi tramonti Cilentani di cui può avere memoria soltanto chi ci è vissuto. Vissuto, dicevo. Non passato per un periodo breve.
Calda la copertina, caldo il vissuto che vi traspira. Ecco l’autore:
Sociologo, iscritto ANS (Associazione Nazionale Sociologi) e ricercatore (perfezionamento in metodologia della ricerca qualitativa). Anche Formatore, didatta e docente in discipline sociologiche, antropologiche, cultura e tradizioni popolari, comunicazione, marketing, mediazione e counselling. Mi fermo qui, continuando col dire che Martucci è un Cilentano, quindi non mi aspettavo un’arida disquisizione sociologica o storica dal suo scritto, anche perché, come suggerisce lui, di “storia del Cilento” in ottimi volumi ne abbiamo, basti pensare allo straordinario lavoro dello storico Pietro Ebner. Piuttosto, così come accade in questo libro, qualcuno che ci prendesse per mano, accompagnandoci dal passato, dalla storia, dalle origini, dalla cultura, per condurci alle possibili strade di uno sviluppo capace di associare gli elementi costitutivi delle comunità Cilentane con la vita vera, con le forme attuali di partecipazione attiva della società. Martucci è riuscito a coniugare il passato storico (fatto di culture differenti e approcci religiosi che fondono la dottrina della Chiesa alle espressioni più intime della religiosità popolare), con le possibilità di uno sviluppo tutto da realizzarsi. Così da consentire ai giovani di non rappresentare più “cervelli da emigrare”, quanto possibilità di coniugare il territorio del Parco Nazionale del Cilento (come natura splendida nell’entroterra e nel tratto di costa campana del Mar Tirreno meridionale, compreso tra il golfo di Salerno e il golfo di Policastro), con la storia antica dei centri dell’entroterra e della costiera. Questa parte dal megalitico (ad esempio la famosa “Petra Ru Mulacchio”che si trova sul Monte Stella), per giungere a quella che offre il Parco Archeologico di Velia e le memorie lasciate dall’influenza dei monaci Italo Greci che hanno di molto condizionato la vita di alcuni centri Cilentani.
Un lavoro notevolmente complesso che certamente è la prova dell’opera di ricerca che Martucci ha svolto da più di trent’anni nel territorio del Parco, utilizzando un approccio metodologico basato anche sullo studio tra le relazioni dell’individuo nella società Cilentana – che vanta una complessa dimensione storica- allo scopo di studiare le interazioni tra individuo e comunità con un’attenta osservazione di questa società eterogenea che è tuttora in rapido cambiamento. Intanto il titolo, che ci parla del Genius Loci, chiarisce che vi è stata la ricerca dello spirito, dell’anima, dell’atmosfera che si respira nel territorio Cilentano con i suoi colori (molteplici e differenti tra la campagna, le montagne e il mare), così come gli odori (mutevoli anche nelle stagioni), i suoni (naturali o che accompagnano le feste) e il linguaggio stesso della popolazione che, sia pur simile, è differente tra paese e paese, specialmente per quelli che hanno atavici ricordi di presenze straniere. L’autore ci ricorda che anche il silenzio ha un suo valore, da percepire e realizzare in momenti di quiete intima. Ogni territorio ha il suo Genius Loci e nel Cilento questo assume un aspetto trasversale, che appartiene al rapporto tra l’ambiente, l’uomo e le sue abitudini. Chi è vissuto del tempo sul territorio si rende conto che questi individua il carattere di un luogo, inglobandone sia le opere materiali (naturali o costruite dall’uomo) che la trasmissione dei ricordi, delle leggende, dei canti, delle musiche, delle tradizioni che conducono al possesso di un legame storico -culturale capace di rendere unico e istantaneamente distinguibile un luogo.
Lo studio epistemologico effettuato dal sociologo, ha permesso di partire dalla storia per collegarla a tutta una serie di scienze, raggiungendo una conoscenza complessa della società, del rapporto che gli abitanti del luogo hanno raggiunto con la loro terra, inserendovi tutto quello che riguarda la vita quotidiana di chi la abita. L’autore è riuscito, attraverso un’opera di ricerca sul campo durata trentacinque anni, a comporre un ricamo preciso in cui ha inserito la partecipazione alle manifestazioni, le numerose interviste in cui ha raccolto la vita quotidiana, il loro rapporto con i luoghi in cui vivevano, con i figli e anche con le motivazioni che hanno condotto al triste fenomeno dell’emigrazione.
Il libro ci accompagna, con le molte interviste sul campo, nell’identità e specificità del territorio, nella mitologia, la ritualità (ad esempio le “cente”, o “cinte”, portate sul capo dalle donne nelle cerimonie religiose, che appaiono come segno evidente dell’espressività popolare), nei riti di passaggio che accompagnano la semina e il raccolto, nei detti, ma anche nel modo con cui si realizzano le modeste attività di ogni giorno, quali la cottura del pane (mi ha fatto ricordare un detto di mio suocero in proposito: “Chiacchiere n’anzi o furno è perdimiento e pane cavero”), la vendemmia, la realizzazione del vino, l’uccisione del maiale con tutte le abitudini connesse di scambi di aiuto e doni che rimandano all’Antropologia del dono: il significato dei regali secondo Marcel Mauss. Martucci ha realizzato questo libro per mezzo di anni di ricerche e lavoro sul campo, ad indirizzo antropologico – sociale, includenti strumenti metodologici, indirizzati essenzialmente alla “ricerca qualitativa”, tuttavia ha tenuto presente anche gli apporti che gli hanno permesso di valutare i lavori di studiosi locali, le iniziative territoriali e le pubblicazioni attuali presenti sul web.
Il volume è strutturato in tre parti, partendo dagli sviluppi storici che hanno determinato una specifica identità, ha poi condotto l’attenzione sull’immaginario sociale (miti e forme rituali), per accompagnare il lettore nella terza che si propone il compito di condurre alla comprensione e alla verifica delle risorse immense del Cilento predisponendone all’utilizzo. Parliamo di manifestazioni, risorse, beni culturali ed anche la visualizzazione dei prodotti tipici, come, ad esempio, il pesce azzurro, i fichi o il grano, che possano in qualche modo, attraverso sagre, essere portati ad un pubblico più ampio, anche collegando gli eventi con luoghi archeologici. I soggetti devono diventare in tal modo generatori del cambiamento in una prospettiva attualizzabile dello sviluppo.
La parte terminale consente una riflessione sui soggetti che vivono le comunità e sul modo con cui questi possano concorrere ad individuare la strada di un possibile incremento delle possibilità di lavoro che ponga un freno alla necessità nei giovani di ricercare altrove quella vita desiderabile che non trovano nel luogo in cui sono nati.