Personaggi africani: la maestra
Padre Oliviero Ferro
Quello che vale per il maestro, vale anche per la maestra. In più, lei è mamma e donna ed ha una particolare cura per le ragazze, le bambine. Spesso succede che le sue allieve fatichino a terminare la scuola primaria (6 anni di scuola elementare), perché spesso vengono richieste dalla famiglia, sia per la cura dei fratelli e sorelle più piccoli, sia per i lavori in casa o nei campi. Se poi, qualcuna di loro ha avuto qualche handicap fisico, viene ritirata dalla scuola e messa a mendicare lungo la strada (diverse volte le abbiamo recuperate per portarli e portarle in centri per handicappati, gestiti dalle suore). La mentalità che la ragazza deve stare in casa è ancora forte nei villaggi. E’ l’uomo che ha il primo posto, anche nel proseguire il cammino scolastico. La donna deve rimanere in casa per i figli, per le faccende di casa e le ragazze si devono preparare per il matrimonio (naturalmente senza chiedere loro se sono d’accordo o no). Allora la maestra deve, pazientemente, parlare con i genitori per convincerli che anche la bambina ha il diritto di studiare, perché è una persona e non “una merce di scambio” tra famiglie per avere la dote matrimoniale. Come il maestro, anche la maestra ha molti problemi da risolvere e fra tutti, dar da mangiare ai figli, curare le faccende di casa, ecc. Anche loro poi si impegnano in parrocchia. Tra l’altro, contribuiscono a degli incontri di promozione della donna e a fare alfabetizzazione per le donne che non hanno potuto andare a scuola. I n questo hanno l’aiuto delle suore e anche da qualche associazione umanitaria (Ong). Fa sempre piacere passare al mattino, vicino alle aule dove la maestra insegna. Scrive le frasi o le parole sulla lavagna e poi chiede ai bambini di ripetere in coro e di scrivere sull’unico quaderno che hanno. Quando si bussa alla porta di legno, fanno alzare in piedi i bambini, li fanno salutare in coro e poi si dicono due parole di benvenuto (se si hanno un po’ di caramelle, tante, sono sempre gradite). Durante la pausa del mattino, chi riesce si compra qualcosa e la condivide con altri. E poi si gioca: i ragazzi con una palla di stracci e le ragazze con una specie di danza in cerchio, in cui ognuna si lascia andare e viene sorretta all’ultimo momento. Un modo per stare insieme (ma quanta polvere negli occhi) e per non pensare ai problemi che troveranno al ritorno a casa, prima di tutto cosa mangiare. Sono gli stessi problemi che avrà la maestra. Ma come si dice in Africa “haraka haraka, haina baraka” (la fretta non è benedetta). Insomma, cerchiamo risolvere un problema alla volta, “Mungu akipenda” (se Dio vuole).