Salerno: Comitato Diritto alla Cura, giurista D’Alessandro su delibera 587 Asl

Salerno: Comitato Diritto alla Cura, giurista D’Alessandro su delibera 587 Asl

Non è più semplicemente la delibera n. 587 del 18/5/23. Ormai viene chiamata, con ammirazione, la “delibera rivoluzionaria” o, anche, la “delibera del fabbisogno”. È quella della ASL Salerno che per la prima volta stabilisce che i fondi per erogare le prestazioni da parte delle strutture accreditate (come i centri di riabilitazione) devono partire dal monitoraggio dei fabbisogni reali e che tra tutti i territori deve esserci equità e omogeneità, superando le grandi sperequazioni che ci sono oggi. Il professor Giovanni D’Alessandro – giurista, ordinario di Diritto pubblico ma anche consigliere comunale a Nocera Inferiore – l’ha commentata dicendo che “rappresenta l’attuazione del diritto alla cura sancito dalla Costituzione”. Gli abbiamo chiesto di spiegarcelo e chiarirci l’importanza di questa delibera dal punto di vista giuridico.

Professore cominciamo dalla sua affermazione. Perché la delibera attua un diritto sancito dalla Costituzione?

Perché la decisione della Direzione generale dell’ASL di determinare la capacità operativa massima delle strutture private accreditate sulla base del reale fabbisogno assistenziale della popolazione rappresenta proprio questo: una coerente attuazione del diritto alla cura costituzionalmente sancito. Ciò in quanto pone finalmente rimedio agli esiti iniqui dell’impiego meccanicistico del criterio del tetto di spesa. In tal modo l’ASL di Salerno dà fedele adempimento agli obblighi di garanzia del diritto alla salute dei cittadini.

Un diritto che viene violato dalle sperequazioni esistenti …

Esatto, su questo non c’è alcun dubbio.

Sappiamo tutti che superare la sperequazione di trattamento dei cittadini rispetto alla salute è una battaglia portata avanti dal Governatore De Luca, che più volte ha denunciato come i cittadini campani, a livello nazionale, ne siano vittime. Però poi vediamo che queste sperequazioni esistono anche all’interno della Campania e perfino delle singole ASL.  Sembra una contraddizione…

Certamente l’ambito della sanità è quello di più complessa gestione, sia finanziaria che organizzativa, dell’ente regionale e inevitabilmente si creano sperequazioni, proprio per l’estrema complessità della materia. Ciò nonostante, la politica deve costantemente migliorare le condizioni dell’assistenza sanitaria ai cittadini in virtù delle concrete esigenze della popolazione. Il diritto alla cura va assicurato tenendo conto delle differenziazioni tra patologie e pazienti. Non tutte le patologie e non tutti i pazienti hanno bisogno delle stesse prestazioni. L’obiettivo è garantire il diritto alla salute di ogni singolo in ragione delle sue specifiche esigenze. Solo seguendo tale direzione si possono progressivamente superare ed evitare le sperequazioni.

Entriamo nel merito. Nella ASL Salerno, come probabilmente anche nelle altre ASL, ci sono differenze abissali. La spesa pro capite per la riabilitazione passa dai 63 euro a Sarno agli 11 euro di Sapri.  Quali sono le conseguenze di queste differenze e da dove nascono? 

Queste sono differenze inaccettabili perché basate appunto sull’applicazione categorica di un criterio astratto come quello dei tetti di spesa. Queste sono anomalie che vanno certamente in contrasto con l’obbligo di garantire il diritto alla cura, come specificazione del diritto alla salute costituzionalmente sancito. L’unico criterio congruo di differenziazione è il fabbisogno individuale. Le cure si devono assicurare in ragione delle esigenze specifiche di ciascun paziente e di ciascuna patologia. La massificazione, con l’adozione di tetti di spesa pure diversi a seconda del territorio, è quanto di più arbitrario si possa fare.

Uno dei punti fondamentali della Delibera è quella dell’omogeneità di comportamento tra i vari distretti. Oggi ogni distretto fa un po’ come vuole. Ad esempio a Nocera, dove lei è consigliere comunale, il distretto ha bloccato le terapie mentre altri distretti hanno consentito di superare i tetti di spesa. La spiegazione che viene data è che ogni distretto può agire in piena autonomia. Dal punto di vista del diritto è così?  In questo modo non si creano ulteriori discriminazioni? Non si viola il diritto all’uguaglianza tra cittadini?

Il criterio rigido dei tetti di spesa è funzionale soltanto alle esigenze del bilancio degli enti pubblici, ma dimentica che l’obiettivo è la garanzia della salute dei singoli. Le ragioni della finanza pubblica sono certamente fondamentali, ma non possono essere a detrimento del diritto costituzionale alla cura.

Sempre come giurista le chiediamo: c’è il rischio che questa delibera resti nel cassetto? È stata nominata una commissione che deve attuarla, determinando il fabbisogno e garantendo equità e omogeneità. Però sappiamo che spesso in Italia il lavoro delle commissioni si perde nei meandri del nulla. Ci sono garanzie che ciò non accada e la delibera venga attuata?

Intanto questa delibera è stata adottata. C’è. Esiste. Adesso dovrà essere implementata secondo le premesse, finalmente corrette, che enuncia. Certo, bisogna vigilare affinché il diritto alla cura sia effettivo e non sia solo un diritto “sulla carta”. La delibera quindi rappresenta la giustissima e necessaria premessa di qualcosa di essenziale che adesso deve essere attuato nei tempi più rapidi possibili. La garanzia che ciò accada è nel senso di responsabilità di coloro, i membri della commissione, che sono stati chiamati a far sì che i principi si traducano in fatti concreti. Ovvero in “giustizia sanitaria” per tutti i cittadini.