Salerno: di Pasquale D’Aiuto “Riflessioni di un pianistavvocato”, pubblicato da Accademia dei Parmenidei
Traendo spunto letterale dalla scherzosa – e brevissima – autobiografia adattata a presentazione nel suo libro “Riflessioni di un pianistavvocato”, edito da Accademia dei Parmenidei, proviamo a porre qualche domanda a “Pasquale D’Aiuto, classe 1979, cilentano (ma campano apolide per vocazione evidente); musicista, padre, coniuge, sportivo da poltrona con il sangue azzurro. Ah, pure avvocato”.
D): “Pure avvocato”. Perché quel “pure”?
R): Perché amo la mia professione ma, in questo caso, deve vedersela con la musica, cosa divina che non ha eguali al mondo! Io sono due elementi giustapposti: sono bifronte. Però, la veste di avvocato è il mio fondamento per riflettere, detta il mio sistema di pensiero. Nel libro, parlo spesso di avvocatura e di lavoro in generale ma, per l’appunto, la mia attività funziona soprattutto come spunto, come collettore di idee.
Sempre dalla presentazione, compreso l’interrogativo: “Maestro di solfeggio a tredici anni, di pianoforte a ventuno (con lode) presso il Conservatorio di Salerno; laureato in Giurisprudenza, sempre a Salerno, nel 2003 (con lode). Ma serviranno tutte ‘ste lodi, nella vita?”. Lo chiediamo a lui.
D): Nella sua vita hanno avuto importanza, per la carriera e la vita sociale, queste “lodi”?
R): Sì e no. Questo non è un mondo meritocratico e, del resto, non di rado un cattivo studente diviene un ottimo professionista! Non c’è solo la teoria… Non ho percorso la mia strada sin qui grazie ai voti ma a ciò che ho fatto per meritarmeli. Poi, certo: sono soddisfazioni che ti restano dentro, ti arricchiscono, ti donano un pochino di sicurezza.
D): Ancora testualmente: “Fiero della maturità classica al Liceo Parmenide, in Vallo della Lucania (SA); orgoglioso partecipante al Certamen ciceronianium arpinas nel 1997, dove ha vinto. Però la moglie, non il concorso: lì non si è proprio classificato”. Fiero della maturità classica? La ritiene importante come base di studio?
R): Non immagino altra maturità! La filosofia ti accompagna per la vita; greco e latino organizzano il pensiero e ti spiegano il peso delle parole che usi ogni giorno. Immagino i miei figli al Classico oppure in un buon Liceo musicale… confesso che sono molto indeciso!
D): Ancora: “La sua gioia (ed il suo cruccio) più grande: insegnare musica ai figli”. Insegna musica ai suoi figli? Con quale risultato?
R): Sì, lo faccio, e credo con amore e determinazione. È dura ma mi rende orgoglioso. Loro sono dotati di talento (oltre che molto pazienti) ed io sento di saper comprendere quanto lo siano, grazie ai miei studi. Suonare, per me, è come respirare. E non perché io eccella ma solo perché è il mio habitus, sono fatto così.
D): “Vive tra il Cilento, Salerno ed il napoletano, trovandosi bene ovunque. Il suo motto preferito: “Temi il cretino più che il nemico!”. Quanti cretini si incontrano ogni giorno?
R): Eh, più di qualcuno! Sono pericolosi perché non sanno dove risieda il bene, neanche per se stessi. Dal nemico puoi aspettarti un male “logico”, dal cretino le peggiori sorprese, perché non ha un fondamento di buon senso, nemmeno egoistico! Il cretino è imprevedibile. A partire da quelli alla guida…
Vero è che nessuno di noi è del tutto esente dalla cretineria, pur con ogni cautela!
In effetti, i cambiamenti sociali sollecitano riflessioni, specialmente nel periodo del Covid. Gli chiediamo:
D): Che effetto hanno avuto su di lei, sulla professione, sulla vita personale, i mesi del lockdown?
R): Notevole. In quei mesi ho meditato tanto sui valori della vita e sulle priorità. Spero di aver capito qualcosa in più… Poi, ho cominciato ad insegnare musica anche al più piccolo dei miei figli ed ho potuto rinsaldare quanto già appreso dal primo. Sono stato molto tempo con loro. Ho goduto della famiglia. Ho potuto pensare. Scrivere è nato in quel periodo! Mia moglie, invece, che è un ottimo medico ospedaliero, ha lavorato letteralmente all’ombra della morte; al contrario, la mia attività professionale era sospesa! Terrificante, costruttivo. Ma non ho mai avuto dubbi che ne saremmo usciti.
D): Lei ha vissuto la sua crescita, in un lungo arco di tempo, tra lo studio del pianoforte, l’impegno metodico del Liceo Classico, dapprima e della facoltà di Giurisprudenza, poi. Le è costato scegliere la strada dell’avvocatura? Ha mai davvero abbandonato il pianoforte?
R): Quella scelta è stata frutto delle considerazioni di allora. Avrei anche potuto proseguire col pianoforte ma mi sarei laureato molto più tardi – e forse… – perché avrei dovuto specializzarmi e studiare tantissimo. Tornassi indietro, forse agirei diversamente: la musica è IL linguaggio universale, non v’è pari. Però sono contento della mia attività lavorativa: mi piace, è stimolante. Un confronto costante. Persino nel meridione d’Italia, dove noi avvocati siamo davvero troppi e, spesso, sfiduciati, abbandonati. Però confido nelle recenti riforme. E no, non ho mai davvero lasciato la tastiera! È lei che non può lasciare me, sarebbe una cosa inconcepibile. La vita è musica.
D): Joanne Lipman, in un articolo del New York Times del 2013, dal titolo “Is music the key to success?”, sostiene che suonare il pianoforte aiuti ad avere successo nella vita, qualsiasi sia la scelta lavorativa concreta. Cosa pensa di questa affermazione?
R): Sono d’accordo. Comprendere la musica migliora la vita in così tanti modi… La rende più bella e profonda. E penso ti consenta di avere empatia ed intuizione maggiori. Sono un privilegiato. Basti pensare al fatto che posso suonare a quattro mani coi miei bambini… o anche solo che posso cantare accompagnandomi al piano!
D): É d’accordo sul fatto che la musica aumenti la concentrazione e la capacità di memorizzare?
R): Mah. Nella musica, è tutto diverso: persino la lettura! Noi leggiamo da sinistra a destra; il pentagramma, dal basso in alto. La memoria musicale è altra cosa: ha una forte componente legata al movimento delle mani. Non tendo a scorgere una grande correlazione.
D): Quali maestri ricorda, tra quelli che l’hanno accompagnato nella sua carriera di studio?
R): Guglielmo De Leva, un signore prima che un ottimo musicista. Il mio primo maestro. Persona meravigliosa, di famiglia. Lo penso spesso, non c’è più. Poi, certamente Susy Buonocore, con cui mi sento sui social, maestra competente, paziente, autentica musicista! E, naturalmente, Davide Costagliola, il mio maestro di pianoforte al Conservatorio: intelligentissimo, un concertista fenomenale, elegante, con un carattere rigoroso e sobrio ma anche sorprendentemente ironico e giocoso. Un animo musicale con uno stile assoluto. Lo ammiro.
D): Secondo lei, corrisponde a verità l’asserto che suonare il pianoforte migliori le capacità di ascolto e anche quella di interazione con le persone, cosa che risulta indispensabile, ad esempio, nella professione di avvocato?
R): Sì, per le ragioni che ho spiegato prima. Ti rende capace di ascoltare.
D): È d’accordo sul fatto che le emozioni vengano trasmesse anche dalla musicalità?
R): “Anche”?
D): Cosa l’ha spinta a fondare, assieme all’avv. Raffaele Battista (che ne è l’ideatore) l’Associazione Giorgio Ambrosoli Salerno?
R): La storia personale di Giorgio Ambrosoli. Un uomo straordinario, non devo dire altro. Volevamo ricordarlo e ci stiamo riuscendo! Da ultimo, abbiamo ottenuto dal Comune di Napoli l’intitolazione di una strada a Napoli. Invito tutti a leggere di lui sul sito dell’Associazione e… un po’ ovunque, sul web. Inoltre, invito a comprare i libri dei figli Umberto e Francesca, persone luminose con cui sono in contatto. Si tratta di testimonianze umane rare.
D): Pensa che le sue “riflessioni”, possano, in qualche modo, incidere, quali “suggestioni di cambiamento”, in modo attivo e creativo, a spingere la società in cui vive quale stimolo positivo?
R): Se tutti noi riflettessimo di più, anche su noi stessi, con fiducia, il mondo sarebbe un posto migliore.
D): La ringraziamo per la sua disponibilità, augurandole di soddisfare la sua predisposizione alla musica.
R): Grazie, davvero, a lei! Non mancherò di suonare e godere della musica, ci conti. Sempre.