Personaggi africani: coltivatore
Padre Oliviero Ferro
Spesso lo vedi andare davanti alla famiglia, con sulle spalle il suo coltellaccio, il machete. Dove va? In qualche campo, perché ha promesso alla moglie di prepararglielo, togliendo tutto quello che impedisce la semina o il piantare la manioca o altre verdure. A volte, lo fa un po’ per forza, perché lui è l’uomo e quindi pensa di avere tutti i diritti. Però, quando comincia un po’ a ragionare, capisce che è un lavoro importante e ci vuole la sua forza e la sua competenza, altrimenti come si potrà dar da mangiare alla famiglia. E così si mette in strada abbastanza presto e fa tutto quello che occorre. Cerca di togliere le radici delle piante, taglia i rami delle piante che hanno invaso il campo, cerca di fare dei mucchi delle pietre che erano lì da molto tempo. Il campo, infatti, non era stato più coltivato e quindi c’è da fare molto lavoro. Ma, alla fine, si sente orgoglioso e potrà dire a sua moglie che può andare a fare il suo lavoro. Lui, per ora si riposa. Più avanti si vedrà se c’è ancora da fare qualcosa. Magari l’aiuterà a recuperare le noci di palma per fare l’olio oppure andare al mercato a portare le banane della sua piantagione. Saranno diversi caschi da vendere su delle biciclette cinesi. Non ho ancora capito come riuscissero a trasportarle. Un casco, più o meno, pesava sui 40 kg. Eppure riuscivano a portarne almeno 5 o 6, se non di più. Bisognava contribuire al benessere della famiglia. Non sempre gli uomini lo capivano, ma piano piano, con la partecipazione alla comunità cristiana, la mentalità cambiava. Qualcuno diceva ancora “Ma, padre, la Bibbia dice che Dio ha creato l’uomo per primo, quindi…è lui che comanda”. La risposta poteva essere semplice “Chi è primo, si metta al servizio degli altri” così rispondeva Gesù.