Personaggi africani: cuoco e altri operai della missione
Padre Oliviero Ferro
Nella casa dei missionari ci sono dei personaggi importanti. Prima di tutto il cuoco, colui che prepara da mangiare. Insomma è l’uomo di fiducia della casa. All’inizio, preparava i cibi in qualche modo, poi, piano piano, ha imparato a fare delle cose importanti (la pasta, il pane, cucinare la carne, preparare anche i dolci). Insomma non ci faceva morire di fame. Anzi, con l’aiuto delle suore, riusciva anche a fare delle specialità. Spesso faceva anche altri lavori, nel tempo libero. Lavava i panni, li stirava. Insomma era un po’ il tuttofare della casa. C’erano poi altri operai che curavano l’orto, facevano altri lavoretti. Mi ricordo sempre, quando sono venuti i miei genitori a Luvungi (in Congo).. Mia mamma ha visto due operai che tagliavano dei tronchetti di pianta con la sega. Andavano con molta calma. Allora lei si avvicina e chiede, perché non vanno più in fretta. La risposta è semplice: se facciamo tutto oggi, domani cosa faremo? Facciamo con calma, tanto non c’è nessuna fretta…cosa avreste pensato? È il mettere in pratica il “pole pole, ndiyo mwendo” (piano piano si va avanti). Quando c’erano dei lavori importanti, si cercavano altre persone, sia per il centro della missione, come per le varie succursali. C’era un padre che faceva il muratore e quindi aveva bisogno di operai, sia per costruire una chiesetta che per il dispensario-ospedaletto delle suore al centro della missione.
Quegli operai erano pagati giustamente e il missionario si interessava della loro vita, della loro famiglia. Insomma potevano dirsi fortunati, mentre altri che lavoravano per dei ricchi signori o per lo Stato, non sempre ricevevano il giusto salario. Certo capitava che il cuoco la domenica usasse un po’ del salario ricevuto per farsi una bella bevuta e il giorno dopo, quando tornava al lavoro, non fosse del tutto padrone di sé. Cercavamo di avere un po’ di pazienza, anche quando si presentava la moglie, dicendo che il marito non portava niente in casa. Si teneva i soldi tutti per sé e lei doveva cercare altri modi per dare da mangiare alla famiglia. Cercavamo di convincerlo a lasciare una parte del salario alla moglie, ma era difficile sradicare la mentalità che l’uomo è il primo e la donna è seconda. Qualche volta ci si riusciva e questo portava serenità nella famiglia. Altre volte bisognava spingere, fino a quando il marito, l’uomo, si fosse accorto dell’esistenza di altre persone che dipendevano da lui e che avevano bisogno del suo aiuto per la scuola, per la salute, per vivere decentemente.