La storia della torpediniera  Andromeda       

La storia della torpediniera  Andromeda       

Maria Amendola

Durante la Seconda guerra mondiale furono affondate oltre 8000 navi, tra queste anche l‘Andromeda, una torpediniera della Regia Marina italiana. Fu costruita a Genova, negli stabilimenti Ansaldo di Sestri Ponente, insieme alle gemelle Antares, Altair ed Aldebaran. Il 2 ottobre 1935 lo scafo venne impostato sugli scali mentre il 28 giugno 1936 fu varata ma entrerà ufficialmente in servizio il 6 dicembre del 1936. Dopo una crociera nel Mar Egeo, la torpediniera partecipò alla guerra civile spagnola nel 1937-1938, la sua missione fu quella di contrastare il contrabbando delle merci destinate alle truppe repubblicane spagnole. Il 5 maggio 1938 nel golfo di Napoli la nave prese parte ad un servizio della celebre rivista navale «H», di cui si posso ancora ammirare le foto.  Dopo il periodo di addestramento nell’agosto 1938 al largo dell’Isola d’Elba ad inizio Seconda guerra mondiale fece parte della XII Squadriglia Torpediniere di base a Messina, insieme alle sue gemelle (Antares, Altair ed Aldebaran). Iniziarono così le missioni di scorta sulle rotte della Puglia- Albania,Trapani-Spezia, Malta-Augusta, Brindisi-Valona, Bari-Otranto, Brindisi-Valona a Bari-Durazzo. Già il 29 ottobre l’Andromeda a Brindisi scampò ad alcuni attacchi aerei britannici ed iniziò le missioni di scorta notturna dei convogli sulla rotta Brindisi-Valona. Il tenente di vascello Corrado Villani il 5 gennaio 1941 assunse il comando dell’Andromeda. La torpediniera bombardò le posizioni militari greche sulle coste dell’Albania il 6 gennaio insieme ad altre navi (Pallade, Partenope, Gioberti, Altair, Fulmine, Carducci, e Alfieri) e anche il giorno 1 marzo insieme al cacciatorpediniere Augusto Riboty.  L’11 marzo la nave durante la giornata attraversò ripetutamente il canale d’Otranto in entrambi i sensi, e alle 21.30 ormeggiò poi a Valona dove rimase con il compito di difendere le navi alla fonda dai continui attacchi di aerosiluranti britannici. L’Andromeda al tramonto del 16 marzo 1941 ricevette l’ordine di ormeggiare nelle acque ad est della baia di Valona, a fondo dell’estremità meridionale, al centro vi erano ormeggiate altre sei navi mercantili mentre la vecchia  torpediniera Abba ormeggiò sul lato opposto, le torpediniere avevano le caldaie accese per muoversi subito in caso di attacco. Tutte le navi alla fonda alle 18.30 erano oscurate. A mezzanotte sulla baia di Valona giunse un gruppo di 6 aerosiluranti Fairey Swordfish britannici. L’Andromeda e l’Abba, udito il rumore dei motori dei aerei, iniziarono ad effettuare fuoco di sbarramento. Uno degli Swordfish, portatosi a 400 metri dall’Andromeda, sganciò il proprio siluro, per sottrarsi all’impatto il comandante Villani ordinò di mettere le macchine avanti tutta, ma fu inutile qualche istante dopo le 00.02 del 17 marzo la torpediniera fu colpita sul fianco sinistro all’altezza del fumaiolo, questo portò ad una esplosione che la squarciò fino a dritta e così affondò quasi subito nel punto 40°21′ N e 19°28′ E. Dei 137 uomini solo 88 persone furono tratti in salvo, ma il marinaio fuochista Giuseppe Pazzona il 20 marzo 1941 morì per le ferite riportate. Quella notte persero la vita 49 uomini (4 furono recuperati cadaveri mentre 45 furono dichiarati dispersi, l’ipotesi più accreditata è che essi siano rimasti intrappolati nell’Andromeda). Il mattino del 17 marzo la nave ospedale Gradisca accolse i naufraghi ed il giorno seguente li portò rimpatriò a Brindisi. A tutti i 137 uomini dell’Andromeda, il 23 giugno 1941, venne assegnata la Croce di Guerra al Valor Militare.

Per l’affondamento  dell’Andromeda il pilota August Sidney Macaulay fu insignito della sua seconda Distinguished Service Cross, ma questi non vide la fine della guerra, infatti, il 25 giugno 1942 durante un’esercitazione precipitò nell’Oceano Indiano, forse non si trattò di un incidente forse si trattò di un suicidio. Nei fondali della rada di Valona, all’Andromeda e ai suoi fedeli uomini sepolti in essa, non fu concesso di riposare in pace perché dal 1956 al 1961 l’Albania, divenuto Paese comunista, concesse all’Unione Sovietica, suo alleato, l’uso della base di Pasha Liman (a Valona) per i propri sommergibili e fu così che in quel periodo utilizzarono l’Andromeda, che si trovava a circa di 45 metri di profondità, come bersaglio per le loro esercitazioni di lancio dei siluri. Nel dicembre del 2016 il relitto è stato identificato da alcuni subacquei italiani del gruppo IANTD nell’ambito di una spedizione subacquea. Il relitto è stato fotografato e firmato. Attualmente la torpediniera Andromeda, spezzata in due e ricoperta da reti, giace alla profondità di 53 metri su di un fondale sabbioso. I tre cannoni da 100/47 mm OTO mod.35 ancora riconoscibili e la Stella d’Italia sull’estremità della prora sono stati fondamentali per l’identificazione del relitto.

Elenco dei nomi delle 50 vittime.

Il marinaio fuochista Giuseppe Pazzona fu recuperato ma a causa delle ferite riportate morì dopo tre giorni, il 20 marzo.

I quattro uomini deceduti recuperati:

il secondo capo radiotelegrafista Efisio Chiesa; il capo elettricista di terza classe Dino Da Milano; il capo meccanico di terza classe Angelo Giuseppini e il marinaio Pietro Pavia.

I 45 uomini dichiarati dispersi:

il sottocapo cannoniere Pietrino Amerio; il marinaio carpentiere Ugo Ballerini; il marinaio silurista Bruno Banfo; il sottocapo nocchiere Italo Barbini; il marinaio cannoniere Aladino Bardini; il marinaio Giuseppe Beccalossi; il secondo capo silurista Leandro Bertagna; il marinaio Carlo Boemo; il marinaio cannoniere Nicolò Bongiorno; il marinaio fuochista Romano Carminati; il sottotenente di vascello Enrico Castaldi; il  marinaio meccanico Antonio Castrovilli; il sergente cannoniere Faliero Catani; il marinaio meccanico Francesco Chiattelli; il marinaio fuochista Vincenzo Congedi; il marinaio fuochista Pasquale D’Ambrosio;

il marinaio fuochista Antonio Dell’Isola; il sottocapo cannoniere Giuseppe Farris; il marinaio S. D. T. Aldo Dante Ferretti; il marinaio cannoniere Concetto Fidemi; il secondo capo furiere Luigi Garzoglio; il sottocapo torpediniere Massimo Innocenti; il marinaio Pantaleo Leone; il marinaio fuochista Virgilio Manca; il marinaio cannoniere Michele Marano; il secondo capo meccanico Aladino Marini; il sottocapo meccanico Alessandro Martini; il sottocapo infermiere Angelo Mazzarisi; il marinaio fuochista Giovanni Mollica; il marinaio cannoniere Italo Vito Morelli; il sottocapo nocchiere Vladimiro Nacinovich; il sergente furiere Fioravante Nuzzo; il sergente cannoniere Vinicio Pantaleoni; il sottocapo cannoniere Luigi Pedio; il marinaio fuochista Lorenzo Petrarolo; il marinaio Ubaldo Pizzati; il capo meccanico di prima classe Alberto Prandoni; il marinaio fuochista Rocco Ranalli; il sottocapo torpediniere Bruno Ravarino; il marinaio cannoniere Domenico Sammartino; il marinaio silurista Mario Soravia; il marinaio Giuseppe Tosatto; il marinaio fuochista Antonio Vassalle e il capo silurista di terza classe Matteo Schiavone nato a Salerno il 7 febbraio 1917.