Salerno: ricordando demolito Istituto Sacro Cuore di Torrione
Da ex cittadina salernitana vorrei intervenire in merito a un importante fatto di cronaca tuttora attuale: l’avvenuta demolizione dell’Istituto Sacro Cuore in Via Volontari della Libertà, a Torrione, in vista di una successiva progettazione su nuovi utilizzi commerciali nell’area di risulta.
Sono vissuta più di cinquant’anni a Salerno e ormai vi torno soltanto per onorare i genitori ivi sepolti, però vedere finito un pezzo di storia della città e della mia vita mi ha fatto molto male. Vivendo ora altrove ignoravo del tutto la nuova realtà e ci sono andata a sbattere per puro caso, quando cioè passando dove una volta io e la mia famiglia avevamo casa lì, in Via Alfredo De Crescenzo 15, mi si è parato davanti all’improvviso il vuoto desolante lasciato dalla demolizione: l’intero palazzo color beige e rosa che si estendeva per tutto il perimetro, sulle quattro strade intorno (Via Volontari della Libertà, Via Centola, piazza Trucillo e via Alfredo De Crescenzo), non esisteva più. Sparito. Un vero colpo. Istintivamente mi sono messa a fissare e a cercare intorno incredula, intontita, come se per miracolo potesse ricomparirmi davanti così com’era.
Le suore del Sacro Cuore, insieme all’intero complesso, hanno fatto parte della mia infanzia appena arrivata a Salerno, città paterna, dalla Sicilia, terra materna, nel 1967, e ricordo bene l’asilo, il refettorio (con la pastasciutta o il brodo a seconda dei giorni), gli incontri con noi fanciulli, la preparazione catechistica che preludeva alla Prima Comunione, i cori di cui facevo parte, il fare materno di Suor Leonilde, la scuola di pianoforte diretta da Suor Efisia, la bontà infinita della portinaia Suor Eufrasia. Loro non ci sono più da tanto, ma il mosaico di quelle esperienze è indelebile, come la bella corrispondenza postale – in tempi ancora lontani da cellulari, social e internet – con Suor Eufrasia trasferitasi ad Avezzano, la sua città, e la Messa delle ore 10 la domenica, con l’immancabile Suor Efisia all’organo, in quella chiesetta non grande ma suggestiva, con il finestrone vetrato, imponente, che dava su Via Centola. Da casa nostra, dall’alto del sesto piano, vedevamo il cortile con la riproduzione della Madonna di Lourdes nella Grotta, sempre abbellita di fiori freschi; noi della famiglia spesso ne lasciavamo recandoli personalmente all’ingresso. A ogni estate, la sera, vedevamo tutte le suore riunirsi silenziose in terrazza per godersi un po’ di frescura.
La punta di diamante in quegli anni era la scuola di Musica, una vera eccellenza, anche perché a farci lezione di solfeggio (in tutte le chiavi musicali – Sol, Fa e Do – che fatica ricordarsele tutte!) era una nota insegnante di Conservatorio, Graziella Albieri, amica di noi ragazzi oltre che docente. Parlava e ci ascoltava, intrattenendosi anche oltre le lezioni. Quindi col mio gruppo di allora ci si preparava agli esami ufficiali di pianoforte che si tenevano al Liceo Musicale di Piazza Portanova, con musiche di Bach, Clementi, Mozart e Beethoven. Conservo ancora il diploma (valido a tutti gli effetti di legge): pensare che tutto era iniziato da lì, dal Sacro Cuore!
Il tempo spazza via tutto ma non sempre spezza e cancella, anzi acuisce i ricordi quali che siano, e mi è difficile credere che l’Istituto non ci sia più, che un’epoca legata a tante generazioni inclusa la mia sia finita per sempre. Mi viene in mente un celebre libro storico, I Vicerè di Federico De Roberto, quando la Sicilia faticosamente unificata a prezzo di sangue e rivolte, mostra conventi, monasteri e collegi, unici nella loro magnificenza artistica e culturale, umiliati dal vuoto macabro della demolizione, del nulla, per cedere al nuovo del processo unitario. E qui la religione o la fede o la politica non c’entrano, è solo un dato di fatto.
Questa mia modesta testimonianza vuol riferirsi all’aspetto sociale e di costume, ma soprattutto a memorie personali e collettive, che un Istituto come quello del Sacro Cuore, altamente educativo e formativo, rappresentava e ancora rappresenta per quanti di noi ne hanno vissuto la parte più bella. Cosa ne sarà adesso, cosa costruiranno di così memorabile in ‘sostituzione’?
Onestamente, non voglio neppure saperlo.
Claudia Antonella Pastorino – Siracusa