Piccola Indi: morte prematura e oltraggiosa a valore della Vita!
Dirigente Scolastico Michele Cirino
La vicenda della morte prematura della neonata INDI abbandonata dai medici, perché malata terminale, ha aperto e innescato un forte dibattito. Una riflessione questa triste vicenda la impone: “La vita è un po’ terminale per tutti noi, essendo legata alla morte”. Per tutto questo perché non permettere e dare la possibilità ad una bimba di vivere anche un giorno in più, per affermare che la vita è un valore immenso oltre gli ostacoli e i misteri che essa ci impone?
Ora che Indi è morta, per non aver più l’aiuto a respirare, che era il suo piccolo essenziale per vivere, è tempo di chiedersi cosa conta veramente per noi. La prima risposta è lasciar voce al dolore che tutti avvertiamo, acuto, profondo, insostenibile, se siamo tra quelli a cui non basta assistere ai drammi che ci incalzano, ma sentono il bisogno di partecipare. Quelle che sorgono, prima e più delle parole, sono lacrime amare, che si uniscono a quelle di Claire e Dean, mamma e papà di una bambina fatta morire anzitempo, perché considerata non attrezzata per la vita come la intende il mondo dei sani.
Questa vicenda ci insegna e ci impone la necessità di un interrogativo.
Non vogliamo, costruire insieme una società della cura, dove a Indi non viene negato mai l’essenziale per vivere? Domande inevitabili, forse moleste, che accompagnano queste ore di dolore e di fraterno abbraccio allo strazio di chi ha visto morire tra le proprie braccia una figlia troppo imperfetta per i criteri di un mondo impaziente.
Era malata terminale? Le evidenze di cui disponiamo dicono di no. Era sottoposta ad accanimento? Su questo i pareri divergono, ma anche solo questo dubbio avrebbe consigliato di approfondire, verificare, chiedere se altri sanno qualcosa di più, se la priorità è salvare una vita, per quanto pesantemente limitata, oppure no, e perché. Poteva vivere ancora?
La conoscenza medica disponibile dice che non sarebbe vissuta a lungo, qualche altro mese, qualcuno dice un paio di anni, comunque finché la malattia non avesse preso il sopravvento su un corpicino fragilissimo. E questo era un suo diritto naturale, evidente a chiunque. Ma è proprio la grande fragilità di cui la bambina di Nottingham era portatrice davanti ai nostri occhi, che impone di chinarsi su tutte le Indi del mondo, con infinita delicatezza e rispetto, guardandola in tutta la sua dignità inerme, infinitamente più grande della sua malattia (e davanti a malati che conosciamo sperimentiamo la stessa umanissima certezza), accompagnandola per la sua di certo breve vita con ogni cura disponibile proporzionata al suo caso, ma non meno specializzata e di frontiera solo perché era nata con una gravissima disabilità.
Cosa conferma questa vicenda e come personalmente conferma quanto ho sempre sostenuto.
La battaglia dei genitori di INDI, come molte battaglie Che abbiamo abbandonato e non combattute in un modo decadente, dove anche il mondo cattolico è rimasto assente e quantomeno inascoltato.
A corredo di questi eventi tragici una riflessione si impone….
Con una risposte che come dice il poeta della canzone …blowin in the Wind….
Per non averla saputa dare!