Lettera alla Befana

Lettera alla Befana

Dott. Carmine Paternostro

Circa 70 anni dopo decido di scrivere alla Befana. Da bimbo ero dubbioso, troppa cenere e carbone nel calzino, scarsi regali. Va bene, ero monello, ma una tantum… Oggi mi sottometto. In un lontano quattro gennaio, infatti, mi esaudì: in una nottata copiosa di neve mi regalò una bella bambina. Ed oggi, se ripete, sono disposto a testimoniare per Lei, vecchietta dinamica atemporale.

Per una crisi economica, ormai cromosomica, la festività della Befana, allora, si festeggiava la prima domenica di gennaio. Ma la crisi persevera, è insistente. Finirà? In quale discendenza dei posteri? In afflizione e rassegnazione coniugo, e bene, la voce del verbo mai! Crisi di oggi? Da Covid 19? Spero nella Provvidenza, che potrebbe regalarci finalmente il dono più atteso anti Covid, nel calzino… quello della Befana. Ed, allora, mi affretto a scrivere la letterina. Potrebbe incalzare la mezzanotte e sequestrarmi il sogno. Preparo la calza, direi un calzettone capiente da far penzolare sotto il camino. Il camino è acceso. Lo spengo, alzando cenere e fumo, ma ne vale la pena. Controllo se il cul di sac è bucato, una volta era la norma e non solo privilegio di calze, calzini e calzettoni, ma dei gomiti, glutei dei calzoni, per non parlare di scarpe, spuntate e di suole trafitte. Ma si stava felicemente bene, ostaggi di giochi su strada, tempi, che i ragazzi d’oggi potranno sognare, senza parvenza d’invidia. Loro hanno computer e telefonini vivaci. Si ritengono più fortunati e moderni. Fumi di guerra, quel tempo, oggi è fuoco di un virus dispettoso e d’insidia. Tutto sommato, conviene collocare un calzino, per il bene di tutti. Almeno un vaccino sicuro, benefico, ostile ad un virus discretamente letale, ma insistentemente contagioso, da mettere al bando, non chiedo di più. E il virus imperversa, indisturbato, senza sorriso, tra lampi, tuoni e candida neve, mentre parlano in tanti, troppi, tutti sapienti sul filamento virale, su terapie volute, tentate, proposte, genetica. Hanno scomodato anche Neanderthal!   Confuso le idee, disorientato la gente, offrono fermentante foraggio a negazionisti, difficilmente arrendevoli. I saggi, cito Tarro, hanno parlato poco, forse poco sentiti, non da spettacolo. E, da medico, eziandio, vorrei dire qualcosa anch’io su questi vaccini. In passato, sfidando la storia, i Pasteur, Koch… è inutile dilungarsi su nomi e successi, hanno salvato il mondo da epidemie distruttive. Ci invitano a credere, a rievocare peste, colera, vaiolo e quant’altro per RI- memorizzare la parola più semplice e inconsueta: “GRAZIE”. Rimproveriamoci di aver trascurato certe zoonosi, tipo coronavirus. Si è dormito un po’ troppo dal 2003. Validità dei vaccini? Non tutti possono dare risposte al 100%, ma ci sono vicini: Influenza intorno al 50%, Polio vicina al 100%, come il Vaiolo e Morbillo e l’anti Covid prossimi, ripeto, al 100%. Qualcuno ha minacciato mutazioni lesive del patrimonio genetico. Allora, ritornando alla sintesi proteica, appresa da fresco studente, rivedo quel postino veloce citoplasmatico, definito all’anagrafe RNA messanger. La sua missione era il viaggio alla corte del DNA nucleare, l’acquisizione delle informazioni indispensabili alla nostra esistenza, tornare al citoplasma, promuovere il collage aminoacidico proteico in un laboratorio superspecializzato, per poi immolarsi e morire. Compito del vaccino, armato di questo filamento prezioso (RNA) è competere, bloccare l’approdo gradito a questo virus furtivo, bello a vedersi, elegante, dal mutevole abito. Si presenta con sorriso ingannevole, vestito a mantello, vellutato di spilli emergenti detti glicoproteine,   munite di un accesso abusivo alle cellule umane, chiamato spike, da sequestrare e presto! Dal messaggero di Maratona, l’ultimo grido fu: “vittoria!”. Ripetiamo la storia, vinciamo questo duro confronto. Armiamoci delle armi fornite: prevenzione e vaccino.

La celerità di messaggio del nostro postino (RNA-m) e la sua breve vita escludono i timori citati, maggiorando i benefici sui rischi.

I tempi rapidi di allestimento del vaccino, preoccupazione per molti, mi ricordano gli avi, che nel rimboccarsi le maniche, proponevano un riemergente futuro più roseo. Gli odierni finanziamenti immediati hanno consentito la visione di un’immunità desiata e garante, per consentirci di pascolare come un gregge di razza, lontano dai lupi. Ed in attesa del conseguimento del diploma di “immune” laviamoci le mani, usiamo le mascherine, rinunciamo a qualche brindisi in più. Natale è lontano, attendiamo le tombolate a venire, nella serenità auspicata.

Resta il timore dell’ago con sussulti dei neurotrasmettitori: sudore, pallore, lipotimia. Si ignora la baionetta di guerra, più dura e mortale di un ago. Eppure stiamo vivendo la terza guerra mondiale con armi diverse: economia, virus, globalizzazione, assalto irrispettoso alla natura. Per quanto? Leggiamo nel virus il messaggio pacificatore, aggregante, riscopriamo l’uomo e il creato e, sull’Arca di Noè o la barca di Pietro, in piena tempesta scopriremo Dio.