Il demonio visto da Sant’Antonio Abate
E’ conosciuto come il Santo con il porcellino forse perché il maiale aveva notevole importanza nell’economia dei monasteri e il roseo e grasso maialetto diventava il simbolo della salute e della prosperità. Un tempo la sua immagine infatti veniva collocata dai contadini in tutte le stalle e nelle case contadine raffigurato come un vegliardo, dalla fluente barba bianca, che indossava il saio e che poggiava su un bastone la Croce Egiziana. La sua mano in atto benedicente, sovrasta uno stuolo di animali domestici che allora popolavano le aie dei casali contadini: i buoi, asini, cavalli, pecore e capre, e pennuti. C’è chi afferma che il motivo per cui Antonio è rappresentato con ai piedi il roseo porcellino è legato al diavolo, con il quale il Santo aveva ingaggiato lotte tremende con forti tentazioni di ogni genere, e che potrebbe aver assunto anche le sembianze del porcellino. Nato da un’agiata famiglia di agricoltori nel villaggio di Coma, l’attuale Qemans nel medio Egitto, Antonio, all’età di circa vent’anni, rimase orfano di ambedue i genitori con un ricco patrimonio terriero da amministrare. Ascoltando l’invito evangelico: “Se vuoi essere perfetto, và, vendi quello che hai, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo”, Antonio vendette tutto il patrimonio ricevuto dai genitori e trovata un’adeguata sistemazione alla sorella, donò quanto gli era rimasto ai poveri. Si ritirò in solitudine, in un primo momento presso il villaggio da cui proveniva, dove condusse vita di preghiera, di austerità e di lavoro manuale per procurarsi cibo e indumenti. In seguito si trasferì nelle vicinanze di una tomba rupestre, sufficientemente lontana dall’abito. Qui affrontò momenti bui da cui uscì solo grazie alla profondità della propria fede. In quel periodo di terribile oscurità spirituale egli credeva di essere un illuso e abbandonato dal Signore; allora chiese aiuto ad altri asceti e questi gli dissero di non spaventarsi, ms di andare avanti con fiducia, perché Dio era con lui. Nella sua grotta scavata nella sabbia, visse in dimestichezza e amicizia con tutti gli animali, persino con i leoni e altre fiere che, ammansite, andavano a trovarlo. Nel deserto patì le note “Tentazioni di Sant’Antonio”, più volte raffigurate nella pittura. Il diavolo gli appariva sotto le sembianze angeliche, umane e bestiali nel tentativo di trarlo in inganno; era infastidito dalla sua ascetica e dalla preghiera. I biografi raccontano che il maligno prendeva spesso l’aspetto di donna, della quale imitava il comportamento in tutte le maniere. Si racconta che una volta Antonio aveva vinto la tentazione della lussuria: ed ecco gli apparve il diavolo in forma di un fanciullo nero e gli si prostrò innanzi confessandosi vinto. Il Santo monaco aveva ottenuto, con molte preghiere, di vedere il demone della lussuria che insidia con forza i giovani e quando lo vide in quella forma di fanciullo disse: “Ora non ti temo più”. Vincitore degli assalti spirituali e fisici del maligno, ricevette la visita confortante del Signore che lo inondò di luce, al quale Antonio rivolse la seguente domanda: “Dov’eri? Perché non sei apparso fin da principio per far cessare le mie sofferenze?”. E il Santo eremita si sentì rispondere: “Antonio, io ero qui con te e assistevo alla tua lotta”. Il rifugio di Antonio venne scoperto dalla gente e anche i suoi concittadini andavano a importunarlo. Allora Antonio si spinse ancora più lontano, verso il Mar Rosso. Sull’esempio di Antonio molti abbracciarono la vita solitaria, ed è così che fra i monti sorsero monasteri e il deserto si popolava gradualmente di schiere di uomini che rinunciavano ai loro beni per guadagnare il cielo. Nacque intorno a lui un vero e proprio movimento tanto che Antonio venne considerato come il Patriarca del Monachesimo . Molti sono gli insegnamenti che egli ha trasmesso ai suoi discepoli. Si racconta che un giorno un abate domandò ad Antonio che cosa era importante fare. Antonio disse: “Non fidarti della tua giustizia; sii contenuto nel ventre e nella lingua e non rimpiangere il passato”. Il Santo monaco viene invocato soprattutto per le affezioni della pelle, in particolare per quell’herpes zoster molto dolorosa conosciuta come “fuoco di Sant’Antonio”. I demoni, che riconobbero in lui un potenziale avversario di grande pericolosità, lo infastidirono in ogni modo pensabile. All’inizio cercarono di importunarlo con i rimorsi per aver regalato la sua ricchezza (“la cupidigia è l’origine di ogni male”). Poi lo inquietarono con la preoccupazione per sua sorella e con i desideri di fama e comodità. Quando questi pensieri non riuscivano a far abbandonare al giovane la retta via, cercavano di stancarlo con visioni sulla durezza di una vita virtuosa piena di sacrifici e gli facevano notare la caducità del corpo nel corso di una lunga vita (cfr. St. Athanasius, Vita di Sant’Antonio, cap. 5). Il nemico, costretto alla fuga dalla rettitudine del santo, si servì di armi più potenti tentandolo giorno e notte con visioni sensuali. Trovandosi nella stessa situazione Padre Pio dichiarò : “Il Maligno insinua nella mente e nel cuore pensieri impuri e disperazione” (Lettere I,33). “Il demone non desiste e, cosa ancor più dolorosa, insinua costantemente pensieri scoraggianti” (Lettere I,87). Pregando, digiunando e meditando sulla passione di Cristo e sulle sofferenze dell’inferno, Antonio respinse gli attacchi del diavolo: Per grazia di Dio però sono quello che sono! (1 Cor 15,10). Dopo queste tentazioni il Maligno cercava di adularlo facendogli nascere il desiderio della fama. Anche in questa occasione Sant’Antonio si umiliò: “Il Signore è con me, è in mio aiuto; sfiderò i miei nemici” (Sal 118,7). Persino dopo queste vittorie Antonio non cessava la sua vigilanza in preghiera e disciplina e s’impose ancora più duri digiuni e penitenze. Non temeva di debilitare il suo corpo perché sapeva “quando sono debole, è allora che sono forte” (2 Cor 12,10). “A questo punto il diavolo non ce la faceva più perché temeva che Antonio volesse riempire il deserto con la sua ascesi, e così, di notte lo avvicinò con una schiera di demoni colpendolo così violentemente che Antonio rimase a terra senza parole per il dolore” (Athanasius, Vita di Sant’Antonio, Cap. 8). Su intervento divino arrivarono amici che portarono il malcapitato in città e lo curarono. Antonio, a mezzanotte della prima notte, si svegliò e insistette con gli amici per essere riportato nella sua cella nel deserto. Quando fu di nuovo da solo, egli pregò e, sebbene non riuscisse a reggersi in piedi, gridò ai demoni: “Sono Antonio, eccomi di nuovo; non temo i vostri colpi; anche se mi torturate ancora di più, nulla mi separerà dall’amore di Cristo (cfr. Rm 8,25). Poi intonò il salmo “Se contro di me si accampa un esercito, il mio cuore non teme” (26,3) (ibidem Cap. 9). Seguì una notte di rumori infernali con orde di demoni che cercavano di farlo soffrire in tutti i modi possibili e con l’apparizione di personaggi bestiali. Ma Antonio ripose la sua fiducia nel Signore e ne uscì vincitore. Infine Dio lo irradiò di luce; i demoni scapparono e il dolore cessò. “Dove eri? Perché non sei venuto all’inizio a porre fine alle mie sofferenze? E una voce gli disse: “Antonio, io ero sempre qui, ma aspettavo per vedere la tua resistenza. Dato che hai affrontato la prova senza soccombere, io verrò sempre in tuo aiuto e ti farò conoscere in tutto il mondo” (ibidem Cap 10). Dopo quasi quattro generazioni di esperienza nella preghiera e nella lotta spirituale Antonio era diventato un maestro del discernimento. Alla fine della sua vita poteva dire: “I demoni invidiano noi cristiani ed escogitano di tutto per ostacolare la nostra strada verso il cielo per non farci arrivare lì da dove sono caduti loro… Pertanto è necessario pregare molto e praticare l’ascesi in modo da ricevere dallo Spirito Santo il dono di discernere gli spiriti (ibedem Cap. 22). “l’arma potente contro loro è una vita onesta e la fede (fiducia) in Dio” (ibedem Cap. 30). “L’assalto e l’apparizione del maligno sono però turbolenti, strepitosi, avvengono con baccano e grida assordanti come da gioventù violenta o ladri. Per questo, nascono subito nell’anima terrore, smarrimento, disordine nei pensieri, odio di familiari, timore della morte; e poi il desiderio del male, trascuratezza nelle virtù e sconvolgimento del carattere” (ibedem Cap. 36). La loro presenza causa un tipo di oscurità confusa, mentre balenano false luci stimolanti e false sensazioni di sicurezza e vanità. I santi Angeli, invece, ispirano sempre tranquillità e una profonda pace interiore, ci conducono alla mitezza di cristo, che loro stessi manifestano nella loro missione a noi poveri peccatori. “la loro apparizione avviene con calma e con discrezione da suscitare immediatamente gioia…e coraggio. Poiché il Signore, che è la nostra gioia e la nostra forza è con loro…nasce nell’anima il desiderio del divino e del futuro e il desiderio di unirsi a loro (agli Angeli)…” (ibedem Cap. 35). “La luce che gli Angeli comunicano esalta sempre Dio. L’anima anela intensamente a Dio e vive un meraviglioso distacco dalle cose di questo mondo. E’ vero – osserva Antonio – l’iniziale presenza dell’Angelo ispira timore, che però si trasforma presto in reverenza e fiducia amorevole in Dio. Egli consiglia: “Una visione vi può procurare spavento, ma se questo spavento lascia subito lo spazio ad una gioia indicibile e provate benessere, coraggio, forza e ordine nei pensieri… e amore per Dio, allora rallegratevi e pregate, poiché la gioia e la tranquillità dell’anima sono indice della santità di tale apparizione. Così gioiva Abramo quando vide il Signore (cfr. Gv 8,56) e Giovanni esultava di gioia nel grembo di sua madre quando sentì la voce della Madre di Dio” (ibedem Cap. 36). In fine Antonio, per la lotta spirituale, ci dà questo consiglio : “Coraggio e rallegriamoci perché saremo salvi. Non dobbiamo mai dimenticare che il Signore, colui che ha scacciato e sconfitto i demoni, è con noi. Dobbiamo considerare e ricordarci sempre che i nemici non ci toccheranno perché il Signore è con noi. Quando (i demoni) vengono si comportano a seconda di come ci trovano e conformano i loro inganni al nostro stato d’animo. Se ci trovano scoraggiati e disorientati, accorrono subito come dei ladri che trovano un posto incustodito, gonfiando ulteriormente questo nostro stato d’animo. Se ci vedono timorosi e vigliacchi allora incrementano il nostro timore con apparizioni e minacce…Se invece, ci trovano gioiosi nel Signore, meditando i Suoi doni e i Suoi futuri e se confidiamo che tutto è nelle mani di Dio, sapendo che un demone non può nulla contro un cristiano, come pure non ha alcun potere su di nessun altro: se vedono l’anima salvaguardata grazie a tali pensieri, se ne vanno vergognati…Se, dunque, vogliamo disprezzare il nemico, ricordiamo le grazie del Signore, e l’anima sia sempre lieta nella speranza (cfr Rm 12,12)” (ibedem Cap 42).
Questo grande santo è lo specchio dell’Amore sublime di Dio creatore, al quale noi siamo tutti legati. Il demonio, con la sua inutile rivolta e disperazione rabbiosa, può disturbare l’Amore di Dio, ma non potrà mai vincerlo. Il prezioso riferimento alla giustizia di sant’Antonio Abate è portentoso, infatti, la nostra visione di giustizia è un profondo inganno, che nel particolare giudizio per l’ingiustizia del genere umano ci può far dubitare del creatore Altissimo! Il giudizio è giustizia distorta,parziale, egoistica. Tutto quel che ci sembra ingiusto diventa presidio del giudizio che porta tante anime all’inferno.Se il fuoco si spegne con l’acqua, l’odio si estingue con l’amore. La giustizia divina non può esser compresa dall’ego umano che calcola solo sè stesso . La stoltezza di Dio è più immacolata della giustizia umana e la perfezione umana è stoltezza agli occhi di Dio! Da qui è facile notare come la sola umiltà, che genera letizia, è la sola chiave per entrare in paradiso. Rinunciamo quindi con fiducia a fare a Dio appunti superbi, benedicendolo al contrario sempre, per il dono del perdono che egli, generoso, ci concede ogni giorno ed imitiamolo, perdonando a tutti, con altrettanta generosità!