Roma: transizione ambientale ed energetica strada maestra per sviluppo e occupazione
La transizione ecologica, ma anche il cosiddetto “green deal”, sono sfide importanti e su cui si giocherà il futuro non solo dell’Italia ma dell’intero pianeta. Sfide importanti su cui ogni nazione, continente, dovrà farsi trovare pronta. Il nostro Paese ha l’esigenza quindi di programmare e adottare tutte le possibili tecnologie per arrivare al traguardo del 2050 in prima fila. In quest’ottica diventa fondamentale anche la costituzione delle comunità energetiche all’interno delle aree industriali. Di questo, e di tanto altro, si è parlato nel corso del “Forum Nazionale Sostenibilità e Sviluppo Aree Industriali” organizzato da Ficei e dal suo presidente Antonio Visconti. Una due giorni che si è tenuta il 12 e il 13 marzo scorso a Roma con dibattiti, talk, tavole rotonde, a cui hanno preso parte rappresentati del mondo istituzionale, politico e imprenditoriale.
Le Asi hanno «cercato di interpretare al meglio le sfide di questi tempi che vedono le aziende, le imprese private, il mondo della produzione, della conoscenza, a un passaggio storico. Si è passato dal paradigma della produttività a quello della sostenibilità e dell’accettabilità. Però l’impresa da sola non ce la può fare. Ha bisogno delle istituzioni» ha detto Antonio Visconti.
L’azienda, ha proseguito, può “introdurre i parametri Esg e cercare di realizzare al meglio il proprio approccio rispetto l’ambiente, alle relazioni sociali, sindacali, in un’ottica di governance completa ma ha bisogno delle istituzioni che accompagnino quei processi. C’è bisogno di valorizzare i progetti di simbiosi industriale per creare quell’ambiente ideale affinché le imprese possano in concreto attuare quella che è l’economia circolare”.
“Ma tutte queste transizioni in atto sono una grande opportunità per la società. Dobbiamo cogliere quella che è l’opportunità di produzione per le imprese. Attuare la transizione energetica significa riconvertire i processi industriali, significa creare produzione e sviluppo. Necessarie e fondamentali opportunità per un paese come l’Italia, che è vero che non è tanto avanti, ma che ha saputo fare della povertà di materie prime un’opportunità. Il tema delle comunità energetiche è un po’ la sintesi. Un’azienda che riesce, nell’ambito di un distretto produttivo, ad affrancarsi dalle fonti fossili e che si rende autonoma e indipendente, diventa più forte e competitiva sui mercati, valorizzando i fenomeni produttivi e diventando al contempo generatori di energia equilibrando l’assorbimento e i consumi. Ma le istituzioni, il governo, le aree industriali, devono lavorare accanto alle imprese e supportarle”.
Ma l’ambiente non può essere solo un’ideologia da applicare a tutti i costi senza pensare alle conseguenze. “L’obiettivo del governo è tornare ad avere una politica industriale. La transizione ecologica resta il punto nevralgico anche se dev’essere compatibile con una logica di crescita industriale” ha affermato il senatore Gianluca Cantalamessa, commissione Industria, Commercio, Turismo, Agricoltura e Produzione Agroalimentare.
Consorzi e Aree di Sviluppo Industriale, in questo contesto, diventano fondamentali. “Il tema è che bisogna cominciare a creare una cultura dell’impresa. Bisognerebbe dire che i consorzi hanno un ruolo ben preciso. Quello di coniugare la parte produttiva al territorio, all’ambiente. E se non lo facciamo noi, non è che l’impresa può inventarselo. Ma bisogna capire anche, perché le imprese dovrebbero fare determinate cose, perché deve rispettare l’ambiente e cosa gli viene in tasca. Quindi è una cultura che bisogna creare e i consorzi lo devono fare” sottolinea, invece, Daniele Gerolin, vicepresidente Ficei.
Costanzo Carrieri, presidente Asi di Taranto e vicepresidente Ficei, ha sottolineato, invece l’esigenza di “assicurare che nei momenti di confronto non venga meno l’interlocutore principale, colui che legifera. Dobbiamo essere portatori di quelle che sono le criticità. Il processo della sostenibilità ci deve vedere concorrere per un confronto perché non mancano le sfide. Ma manca la parte del confronto con le istituzioni”.
Ospite dell’evento anche Vito Grassi, vicepresidente di Confindustria. “Il business in chiave 5.0 mette l’uomo al centro e chiarisce che quello sulle persone è oggi un investimento. A ciò bisogna aggiungere una buona governance nella sostenibilità che significa anzitutto un’organizzazione aziendale per accompagnare l’evoluzione dei processi produttivi. Tutto questo si traduce in investimenti per le imprese ma senza politiche pubbliche che li supportino e che siano guidati dal criterio della neutralità tecnologica rischiano di trasformarsi in un costo insostenibile che fa perdere al Paese quote di competitività”.
“Negli ultimi anni con il green deal abbiamo assistito a una politica comunitaria che ha affrontato gli obiettivi ambientali da una prospettiva ideologica, trascurando i rischi per il settore industriale di esporsi alla concorrenza internazionale e senza comprendere a fondo che lo sviluppo e l’innovazione industriale sono il punto centrale per raggiungere tutti gli obiettivi di sostenibilità. Occorre adeguare i tempi alla transizione green, ai tempi di trasformazione industriale per evitare il rischio di deindustrializzazione in Europa e assicurare la sostenibilità economica e sociale”.
“La sfida delle sfide è coniugare l’attività industriale alla sostenibilità ambientale. Ed è bene che anche il tessuto imprenditoriale si faccia carico di questa sfida perché al suo interno ha le maggiori capacità di innovazione. E quindi è in questo settore che bisogna attingere per mettere insieme cose che altrimenti sarebbero difficili” ha riferito Lorenzo Tagliaventi, presidente della Camera di Commercio di Roma.
“Il ruolo delle camere di commercio italiane – ha spiegato Andrea Prete, presidente di Unioncamere – è fondamentale perché abbiamo il doppio obiettivo di favorire gli investimenti ma anche la transizione digitale e ambientale. Le Camere di Commercio sono impegnate a spingere la creazione delle comunità energetiche. L’Italia è sempre stato un grande paese importatore d’energia e un paese fortemente dipendente dall’estero. L’indipendenza deve essere un obiettivo e non escludo il ritorno al nucleare visto che le tecnologie si evolvono e una riflessione bisognerà farla. Ma bisognerà anche investire nelle rinnovabili e le comunità energetiche potrebbero essere la strada giusta”.
L’Italia è in un vicolo cieco, non ha scelta sostiene, invece, l’onorevole Michele Gubitosa, vicepresidente del Movimento 5 Stelle. “Dobbiamo guidare la transizione energetica finanziando le imprese che operano nella filiera al servizio delle comunità energetiche. Il cambiamento è in atto. Mi sembra di rivivere il passaggio dalla carta al digitale. Autonomia energetica è fondamentale”.
Importante anche il contributo del viceministro all’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Vannia Gava: «È evidente che ora dobbiamo avere una visione a lungo termine. Dobbiamo coniugare la sostenibilità ambientale con il rispetto degli accordi internazionali che abbiamo stretto come quello sulle emissioni 0 entro il 2050 ma abbiamo anche un’economia da tenere in piedi. Ci dobbiamo affidare alla tecnologia perché abbiamo necessità di tutte le innovazioni per poterle mettere a terra. Dobbiamo accompagnare questo percorso verso la transizione ecologica semplificando. Molto è stato fatto ma dobbiamo fare ancora. E non solo mettere incentivi perché se metto i soldi in un cassetto e non do le chiavi e gli strumenti per aprirlo, è evidente che non faccio nulla. Possiamo attrarre gli investimenti dall’estero ma dobbiamo semplificare e ridurre i tempi per le autorizzazioni”.
“Il percorso verso la transizione energetica è obbligato” sostiene l’onorevole Piero De Luca, membro della Commissione Parlamentare Politiche dell’Unione Europea. “Dobbiamo comprendere gli strumenti da mettere al servizio di questa rivoluzione. Siamo pronti a fare la nostra parte per aiutare il Governo sul tema della transizione energetica ed ecologica. Le comunità energetiche, come dimostra il caso di Buccino, sono una grande opportunità”.
Il governo ha puntato molto sulle Zone Economiche Speciali. Su questo tema si è dimostrato perplesso il presidente Svimez Adriano Giannola. “Occorre fare chiarezza – ha affermato Giannola – per le Zes, nel mondo, è fondamentale disporre di un’area esente dalle dogane in entrata e in uscita: difficile che ciò possa valere in tutto il Mezzogiorno: il Sud diventerebbe un soggetto terzo con regole totalmente diverse da quelle europee”. Il presidente Svimez teme che l’Unione Europea non lo consenta in modo strutturale perché sarebbe una palese violazione delle regole sulla concorrenza.
“Quanto alla decontribuzione al 30% prevista per la ZES unica – osserva l’economista – ricordo che fino al primo governo Berlusconi il Sud godeva di una fiscalizzazione integrale o quasi degli oneri sociali e l’Ue ci impose di cancellarla; su questo fronte oggi abbiamo un regime transitorio del 30% sottoposto a periodici rinnovi. Quanto alla sua efficacia, i risultati della decontribuzione, non sono stati – allora ed ora – particolarmente significativi per l’occupazione e i salari sono oggi bassissimi”. In definitiva, chiamare ZES un’area indistinta a fiscalità differenziata è altra cosa da ciò che nel mondo si intende per Zone Economiche Speciali: aree a ridosso di porti, attrezzate con retroporti, interporti. Puntare sulla fiscalità di vantaggio per tutto il Mezzogiorno espone al rischio di far rivivere lo spirito della vecchia politica assistenzialista”, conclude il presidente Svimez.
L’evento è stato anche l’occasione per l’adesione all’Osservatorio Esg di Ficei. “Siamo felici dell’adesione della sua adesione. Si tratta di un progetto ambizioso che si inserisce in quadro evolutivo contraddittorio. L’Europa sta portando avanti il progetto sulla sostenibilità e sugli ESG”, ha affermato Salvatore Esposito De Falco, presidente Osservatorio Esg Ability Ermes Sapienza. “L’America – ha aggiunto – si comporta in modo strano, con una contestazione dei parametri Esg e la premiazione di una logica dei profitti a breve termine. Dobbiamo investire nella cultura dei nostri futuri manager. Presenti oggi molti dei miei tesisti. Avvieremo un’attività molto intensa rivolta agli studenti. Crediamo in un rilancio culturale che possa portare a un Paese non senza profitti ma con profitti sostenibili”.