Fede e intelligenza artificiale
Prof. Maurizio Scorza*
La sfida dell’annuncio del Vangelo per la Chiesa Cattolica si trova oggi a confrontarsi con la nuova frontiera dell’Intelligenza Artificiale, una forma di intelligenza assolutamente impensabile solo fino a pochi anni fa. Siamo entrati in un transumanesimo che inciderà sempre più anche sulle modalità dell’evangelizzazione. In un’epoca in cui gli smartphone sono ormai nella disponibilità anche dei bambini, con tutte le loro enormi potenzialità, il rischio è che l’uomo non chieda più a Dio ma a un algoritmo cosa sia giusto fare in una determinata situazione o, ancor peggio, qual è il senso della vita. Ormai anche i bambini si sono abituati ad avere risposte rapide attraverso l’uso della tecnologia. L’incontro con Dio, tuttavia, non può avvenire attraverso un motore di ricerca sulla rete, ma attraverso una ricerca interiore, che richiede un cammino. Ed è proprio questa capacità di attesa e di interiorizzazione graduale dei messaggi che manca nella nostra epoca, che spinge sempre a correre veloce non si sa verso cosa. Intraprendere un cammino, un viaggio alla scoperta della verità, costa fatica; e l’uomo del XXI secolo non è più disposto a impegnarsi, visto che può ottenere risposte immediate ai quesiti urgenti attraverso gli smartphone. Tuttavia, la pseudo-conoscenza che ci deriva dalla rete non è capace di costruire un edificio né intellettuale né spirituale dentro di noi, perché mancano il necessario travaglio dell’apprendimento e il tempo occorrente per la sedimentazione delle conoscenze, in modo che diventino struttura della nostra persona (un vero e proprio habitus). Accade così che oggi si rifiuti tutto ciò che comporti un lavoro dell’intelligenza e del cuore, una riflessione più profonda, a tutto vantaggio di un mondo sempre più tecnologico, rapido, ma disumanizzato.
Pensiamo, per esempio, al metaverso e agli avatar, attraverso cui interagiremo con la realtà virtuale. Ci sono enormi problemi in termini di spersonalizzazione, perdita della propria identità, rottura delle relazioni affettive e sociali: in quel mondo mancano il calore di un abbraccio, la dolcezza di un bacio, la profondità di uno sguardo, i profumi, il tocco di una lacrima su un volto per asciugarla. Inoltre, poiché possiamo creare come vogliamo il nostro avatar, si creeranno false identità, corrispondenti a un nostro “io” ideale e non reale. Dietro tutto questo non si nasconde, forse, l’antico e sempre ricorrente tentativo dell’uomo di ergersi a Dio? L’uomo, cioè, confortato dalle possibilità tecnologiche, sta accarezzando sempre più il sogno di sempre, quello di creare Qualcosa che imiti Dio attraverso immense capacità di elaborazione di dati e, addirittura, di scelte senzienti.
Qualcuno parla già della nascita di una nuova religione, in cui la divinità è l’Intelligenza Artificiale, che un giorno, per alcuni, assicurerà anche l’immortalità, proprio come si richiede a un Dio. Siamo, cioè, in presenza di una versione ipermoderna del pensiero di Feuerbach, il quale sosteneva che Dio era un’invenzione, una proiezione dell’uomo. Si tratterebbe, però, di un idolo con potenzialità ben diverse, con la conseguenza di concreti gravi rischi per l’umanità.
*Diacono permanente – Vicedirettore Ufficio Catechistico Diocesano Salerno