Salerno: Acli, Povero lavoro = povero Paese, possibile invertire rotta
Le ACLI celebrano il Primo Maggio, a fianco di CGIL, CISL e UIL, invocando la Pace e pensando innanzitutto a chi sta peggio e, tra questi, in particolare alle vittime della sempre più diffusa guerra globale a pezzi, a tante persone e famiglie che fuggono da conflitti, dittature e miseria.
Il lavoro spesso non dà più abbastanza per vivere né a chi lavora (soprattutto a giovani e donne, ma non solo) né al Paese. Rispetto al 2019 c’è una positiva crescita dei posti di lavoro, + 700.000, che però risulta bassa se si considera l’ingente l’aumento della spesa pubblica per rilanciare l’economia e l’occupazione (rispetto al 2019, nel solo 2023 la spesa pubblica senza interessi è stata maggiore di circa 157 miliardi, ossia il costo di più di 4 milioni di stipendi medi a tempo pieno).
Inoltre dopo i tagli del 2023, calcolando l’inflazione, per il 2024 nel Def è prevista, rispetto al 2021, una diminuzione della spesa del 6,2% in Sanità e del 15,2% in “Altro welfare senza previdenza”, rischiando così di vanificare anche la continuità delle scelte fatte col PNRR come le Case di Comunità, fondamentali per innovare i servizi sociosanitari.
Intanto – dichiara Daniele Manzolillo, Presidente provinciale Acli Salerno Aps – si persevera nel portare il sistema fiscale sempre più distante dalla Costituzione (che chiede di contribuire in base alle proprie capacità, garantendo una progressività delle imposte); un sistema sempre più costellato di condoni, nonché di scappatoie e privilegi per i grandi ricchi e le rendite improduttive.
Manca una visione di Paese e anche sul PNRR non si vedono progressi. Per le persone e le famiglie “occupazione”, in molti casi fatta di part-time involontari e forme irregolari, significa sempre meno quell’esistenza libera e dignitosa che la Costituzione (art. 36) chiede di assicurare loro e la ricchezza che il lavoro produce è sempre più iniquamente distribuita a favore della speculazione e di vertiginosi extraprofitti di pochissimi.
Cresce il lavoro povero o a rischio povertà (quasi 1 donna su 2 sotto i 35 anni) e in trent’anni i salari sono scesi, unico caso in Europa, dove altrove sono saliti almeno del 30%, con un’ulteriore riduzione del 7% dopo la pandemia (Ocse). Insieme all’assenza di welfare sociale (nidi, politiche per gli anziani, le famiglie, le persone con disabilità …) si è giunti a una bassa occupazione femminile e, irrimediabilmente, al declino demografico. Siamo in un circolo vizioso dove l’impoverirsi del lavoro alimenta e subisce a sua volta l’impoverimento dell’economia, del welfare e il declino demografico (con un calo previsto, in 6 anni, di 1 milione di persone in età da lavoro).
La nostra e la precedente sono le uniche generazioni che, apparentemente, sembrano “viziare” figli e nipoti, persino indebitandosi per concedergli il superfluo, mentre la verità è che gli stiamo consegnando un futuro peggiore del nostro presente.
È il momento di scelte vere – conclude Manzolillo – di ridare valore al lavoro, di smettere di rimandare a domani i problemi: solo cominciare a ragionare davvero in dimensione europea, dal punto di vista politico, economico e dei diritti sociali potrà salvarci, prima di tutto dalla nostra paura del futuro, dalla nostra incapacità di comprenderlo e dalla nostra ignavia nel governarlo. Noi non ci rassegneremo mai a questa involuzione, non ci rassegneremo mai ad avere un lavoro povero perché, come è scritto nel primo articolo della Costituzione, se il lavoro è povero si impoverisce anche la democrazia.