Verbi Swahili: KUOKOA liberare, salvare
Padre Oliviero Ferro
A volte, per un motivo o un altro, si finisce nei pericoli. E’ successo anche a me, quando un giorno siamo saliti sui monti sopra la parrocchia di Baraka, verso la zona dei pastori banyamulenge. Siamo nella zona del lago Tanganika in Congo RDC. Era un settore diverso dagli altri. Avevamo delle comunità lungo il lago, altre in terraferma (con un bel numero di ponti da attraversare e non sempre era facile, a causa dalla manutenzione a dir poco fantasiosa, cioè spesso non c’erano le tavole sulle barre di ferro che li sostenevano). E ora questo settore in montagna. Siamo partiti la mattina presto con due giovani e la suora africana, originaria di quelle zona. Lasciamo la landrover vicino alla chiesa di Katanga, dal responsabile della diakonia. Poi iniziamo la salita con molta calma. Ci fermiamo nei villaggi per salutare le persone, per mangiare qualcosa e bere. Il caldo cominciava a farsi forte, ma guardando verso il basso, c’era il panorama del lago e il sole che lo colorava di rosso. Un panorama fantastico. Arriviamo vicini al fiume che scende dalla montagna, dove c’è un ponte di bambù. Ci dicono che ogni tanto qualche mamma, nel tentativo di attraversarlo con il carico di manioca, è caduta in acqua e l’hanno ritrovata più in basso, vicino al lago. Purtroppo non ce l’aveva fatta a salvarsi (kuokoa). Facciamo una foto con conservo ancora (ero un po’ più giovane). Poi ci addentriamo nella foresta e qui c’è una bella sorpresa. C’è uno stagno da attraversare. L’unica possibilità è di passare su un tronco di circa 6 metri di lunghezza e con una corda a cui tenersi per non finire in acqua. I miei accompagnatori, abituati a questa situazioni, lo attraversano facilmente. E io? Il tronco era bagnato, visto che il sole non penetrava attraverso il muro di foglie. Eppure bisognava andare dall’altra parte. Comincio a mettere un piede e poi un altro, ma vedo che rischio di finire in acqua. Sento qualche risa (giustificata). Ma non mi scoraggio. Non potevo fare diversamente. Allora trovo la soluzione, anche se non molto simpatica. Mi metto a cavalcioni del tronco e così avanzo fino alla fine. Arrivo con un po’ di batticuore. E poi come se niente fosse successo, mi rialzo, mi spolvero i pantaloni e riprendiamo il cammino. Insomma avrò qualcosa da raccontare al ritorno a casa. Insomma mi sono salvato. E a questo punto mi viene in mente un’altra avventura (per fortuna finita bene). Ero in un’altra missione, a Luvungi e il venerdì santo sono andato a Lubarika. Prima della liturgia sono andato in bagno, in un luogo separato, un recinto con il buco e delle palme che lo circondavano. Faccio quello che devo fare. Ma, a causa delle piogge di quei giorni, la terra si mette a franare e io insieme. Per fortuna c’era un palo e finisco a cavalcioni. Insomma un salvatore (mwokozi) dal rischio di finire in fondo al buco…avventure rimaste nella memoria…