Verbi Swahili: KUPELEKA condurre, trasportare

Verbi Swahili: KUPELEKA condurre, trasportare

Padre Oliviero Ferro

I trasporti in Africa sono molto particolari. C’è solo l’imbarazzo della scelta. Possiamo cominciare dai camion, lungo le strade dell’interno. L’autista è un tipo speciale, insieme al boy chauffeur (il suo aiutante). Per prima cosa caricano le merci dei clienti fino alla cima del camion. E i clienti, nessun problema. Saranno alloggiati sopra, così guarderanno il panorama. Quanto tempo di viaggio? Basta non avere fretta. Ci saranno i ponti da attraversare. Spesso bisognerà scendere ,perché non sempre il ponte è in buone condizioni. Poi, se vai nella foresta, la strada è bagnata, diciamo fangosa e si rischia di rimanere nelle grandi buche. Allora tutti dovranno collaborare per farlo uscire. A volte, sbanda paurosamente. Basta non guardare, ma farsi vicini vicini e un giorno si arriverà a destinazione. Se invece devi andare nei paesi lungo il lago, ci sono diverse scelte. Se sei solo, ci sono le piroghe (per i viaggi brevi) oppure i grandi “boti” (barconi con sopra il pesce seccato: 2 o 3 metri e sopra i viaggiatori). Se qualche tempesta si scatena sul lago, c’è il rischio di finire in acqua e di fare “amicizia” con gli ippopotami o i coccodrilli. Oppure ci si può rivolgere, come spesso capitava, ai missionari che dovevano fare il safari per andare a trovare le comunità cristiane sul lago. Naturalmente, chiedendo il passaggio, non si diceva tutto, per cui il mattino della partenza i passeggeri e bagagli spesso erano triplicati.  Ma le esperienze più interessanti (e da brivido) erano quelle che ci promettevano i trasportatori (watu wenye kupeleka: gli uomini che trasportano) nelle città: taxi e moto. I taxi erano speciali: bastava aprire le quattro porte più il bagagliaio e tutto ci stava dentro. Per spiegarsi meglio: davanti, a sinistra dell’autista una persona e due alla destra dell’autista. Dietro tre o quattro e poi i bagagli. Naturalmente se c’era qualche signora, un po’ abbondante, si entrava trattenendo il respiro e lo si lasciava libero quando si usciva (un po’ ammaccati). Infine sulle moto: uno davanti al guidatore e due o tre dietro di lui, con i bagagli sulle spalle dei clienti. Multe? Spesso l’autista allungava la mano fuori dal finestrino e deponeva nella mano del poliziotto qualche soldino. Poi, si andava avanti. Ogni tanto succedeva qualche incidente, ma la polizia aveva fatto il suo dovere di controllo.