Madre Teresa di Calcutta, la “matita di Dio”
don Marcello Stanzione
Madre Teresa di Calcutta,Ganxhe Bojaxhiu nacque a Shkupi il 27 agosto 1910, terza e ultima figlia di Kolë e Drane Bojaxhiu. La bimba, il cui nome significa bocciolo, fu battezzata nella chiesa del Sacro Cuore, a 7 anni frequentò la scuola cattolica presso la parrocchia e poi la statale. Il fratello Lazër la ricorda così: “Era una ragazza normale, forse un po’ ritirata e introversa… già nella scuola elementare si notò il suo talento per lo studio. Era la prima della classe, sempre pronta ad aiutare gli altri…”. La fanciulla era molto impegnata nella comunità parrocchiale: cantava nel coro, recitava nel teatro della chiesa e faceva parte della congregazione di Maria per la gioventù. Già verso i dodici anni incominciò a desiderare di appartenere completamente a Dio e, la decisione definitiva di consacrarsi come suora la prese presso il santuario della Madonna di Letnica il giorno 14 agosto del 1928, vigilia della festa dell’Assunzione di Maria. La ragazza aveva sentito in parrocchia molto parlare delle missioni cattoliche in India perché i padri gesuiti croati che reggevano la sua parrocchia avevano una missione nel Bengala ed essi l’indirizzarono presso le Suore di Loreto che avevano missioni a Calcutta. Dalla sua città natale Ganghe, insieme con la madre e la sorella, partì in treno per Zagabria dove rimase fino al 13 ottobre 1928. poi andò a Dublino, in Irlanda, precisamente a Rathfarmharm presso la Casa madre delle Suore di Loreto dove si fermò circa tre mesi per imparare l’inglese e fare il postulandato. Arrivò a Calcutta il 6 gennaio del 1929 w si recò a Darjeeling dove vi era la sede del noviziato, che fece per due anni, dove ricevette il nome di Suor Teresa del Bambin Gesù. Ricevette una buona valutazione da parte della maestra del noviziato e fu ammessa ai voti temporanei il 23 maggio 1931. il suo primo lavoro, dopo il noviziato, fu quello di infermiera: assistere ed aiutare i malati, più tardi fu impegnata nello studio universitario e contemporaneamente insegnava nella scuola di St. Mary di Calcutta frequentata da ragazze appartenenti alle caste ricche. Dopo i voti perpetui, emessi il 24 maggio 1937, Suor Teresa continuò ad insegnare e ben presto divenne anche direttrice della scuola. Tra il 1937 e il 1938 scrisse una lettera a Tirana, alla madre e alla sorella: “Mi dispiace di non essere insieme a voi, mia cara mamma e sorella…, ma la tua piccola Ganxhe è felice… questa è una vita nuova… sono insegnante e il lavoro mi piace. Sono anche direttrice di una scuola, qui tutti mi vogliono bene… “. La madre le rispose: “Mia cara figliola, non dimenticare che sei andata laggiù per i poveri. Ti ricordi della nostra Filja? E’ piena di piaghe, ma quello che la tormenta maggiormente è il sapere di essere sola al mondo. Noi facciamo quello che possiamo per aiutarla. In effetti, il peggio non sono le piaghe, ma il fatto che è stata dimenticata dai suoi… “. Dopo questa lettera e l’esperienza diretta della situazione di miseria a Calcutta, Suor Teresa si sentiva inquieta. Dopo vent’anni di vita e di attività missionaria, quasi sempre a Calcutta e nella scuola, la voce interiore diveniva sempre più esigente: “Tu devi uscire per servire i poveri”. Viaggiando alla volta di Darjeeling per un ritiro spirituale, suor Teresa cercava la nuova strada da seguire e scrisse al suo padre spirituale: “Padre è successo così. Il 10 luglio 1946, mentre viaggiavo in treno per Darjeeling…, sentii la voce divina. Era la chiamata dentro la chiamata, la mia seconda vocazione. Il messaggio era chiaro: devo uscire dal convento di Loreto per poter liberamente e con tutta la mia vita servire i poveri”. Poi comunicò la decisione anche ai superiori e alle suore, dicendo semplicemente: “Ho deciso di abbandonare il convento per poter più liberamente servire i poveri fra i poveri!”. L’ingombrante avito delle suore di Loreto fu sostituito dal sari di rozza tela dei poveri. Sulla spalla sinistra appuntò una piccola croce tenuta ferma da una spilla da balia. Non portava calze ma solo un paio di sandali. Aveva trent’otto anni. Consacrò la sua unione con i poveri chiedendo e ottenendo la cittadinanza indiana nel 1948. nel 1949 si unirono a lei due sue ex allieve e nel giro di poco tempo Madre Teresa potè contare su un gruppo di dodici giovani donne che l’aiutarono ad aprire alcune scuole nella baraccopoli di Calcutta. Nell’ottobre del 1950, le Missionarie della Carità ottennero il riconoscimento ufficiale come nuova congregazione religiosa a livello diocesano. Ricordando quei tempi Madre Teresa affermò: “Nel decidere che cosa fare non ci siamo affidate a nessuna forma di programmazione né a idee preconcette. Abbiamo cominciato a lavorare in base alle necessità delle persone sofferenti. Dio ci indicò che cosa fare”. Nel giro di pochi anni le Missionarie di Madre Teresa avevano esteso la loro opera assistenziale in 59 centri di Calcutta e oltre ai tradizionali 3 voti religiosi di povertà, castità e obbedienza, esse adempivano ad un quarto voto specifico della loro Congregazione che le impegnava “a servire in modo totale e gratuito i più poveri fra i poveri”. Nel 1965 le Missionarie della Carità, che erano oltre 300 suore quasi tutte indiane, ottennero il riconoscimento pontificio e in circa un quarto di secolo la Congregazione riuscì ad allestire quasi cinquecento centri in oltre cento paesi del mondo. Le difficoltà, per quanto numerose, non riuscirono mai a fermarla. Ovviamente le critiche a lei e alla sua opera non mancarono. Fu accusata infatti di occuparsi dei singoli individui invece di combattere contro le strutture che generavano la povertà. Ma Madre Teresa con semplicità diceva: “Se la gente è convinta che la sua vocazione è quella di cambiare le strutture, allora è quello il suo compito”. L’opera di Madre Teresa non poteva rimanere nascosta e cominciò una gara nel premiarla. Un giorno del 1975, durante un’intervista, prese una matita lunga cinque centimetri e, tenendola in mano fra il pollice e l’indice, disse al giornalista: “Guardi quel che sono, una matita di Dio. Un mozzicone di matita con cui egli scrive quel che vuole”.Nell’autunno del 1991 Madre Teresa, all’età di ottantuno anni, partì da Calcutta per un viaggio che la portò a Roma, Varsavia, New York, Washington e San Francisco. Ad un certo punto crollò, infatti aveva eccessivamente affaticato il cuore. Quando si ristabilì, i medici le chiesero di riposare maggiormente, ma lei rispose che avrebbe avuto tutta l’eternità per riposare. Nel settembre 1992, fu sottoposta a Calcutta ad un intervento chirurgico per disostruire un vaso sanguigno e sembrò lì per lì per morire. Ma si riprese anche questa volta e riprese a viaggiare per il mondo a visitare le case della Congregazione. Nel marzo 1998 la Congregazione accolse finalmente la sua richiesta, formulata per la prima volta quasi dieci anni prima, di dimettersi dall’incarico di Superiora Generale e decise di eleggere la suo posto Suor Nirmala, un’indiana che si era convertita al cattolicesimo dall’induismo. Madre Teresa morì a Calcutta la sera del 5 settembre 1998. subito il governo indiano annunciò che il giorno 13 settembre Madre Teresa avrebbe ricevuto un funerale di stato. Infatti il piccolo corpo consunto di Madre Teresa avvolto nel sari bianco bordato di blu fu trasportato lentamente attraverso le vie di Calcutta sullo stesso affusto di cannone che nel 1948 era stato usato per il funerale di Gandhi. Subito iniziò il processo di canonizzazione e la domenica 19 ottobre 2003 il papa Giovanni Paolo II, in Piazza San Pietro, la beatificò. Più di trecentomila pellegrini provenienti da varie parti dell’India, dell’Albania, del Kosovo, dell’Italia e del mondo confluirono in Piazza San Pietro quel giorno fu la festa dei poveri, degli abbandonati, dei lebbrosi. Il pontefice, anziano e visibilmente affaticato, ricordando la sua amicizia con la piccola suora indiana disse: “Sono personalmente grato a questa donna coraggiosa, che ho sempre sentito accanto a me. Icona del Buon Samaritano, essa si recava ovunque per servire Cristo nei più poveri fra i poveri. Nemmeno i conflitti e le guerre riuscivano a fermarla. Ogni tanto veniva a parlarmi delle sue esperienze al servizio dei valori evangelici. Ricordo, ad esempio, i suoi interventi a favore della vita e contro l’aborto (…). Soleva dire: se sentite che qualche donna non vuole tenere il suo bambino e desidera abortire, cercate di convincerla a portarmi quel bimbo. Io lo amerò, vedendo in lui il segno dell’amore di Dio”.
2 pensieri su “Madre Teresa di Calcutta, la “matita di Dio””
I commenti sono chiusi.