Salzano: Nessuno tocchi Caino, visita a Fuorni

Salzano: Nessuno tocchi Caino, visita a Fuorni

Donato Salzano 

Tra le sette opere di misericordia corporale si contempla la visita ai carcerati. Il Caravaggio ne realizza, per il Pio Monte, l’immagine più potente con la plastica centralità del corpo martoriato del recluso. Quel Paolino “spes contra spem” della lettera ai romani ne è invece la straripante consapevolezza di un saper sublimare l’essere speranza da restituire all’altro anziché averne.

Reietti, poveri cristi, tossicodipendenti, matti e migranti e i loro carcerieri, ultimi tra gli ultimi, tutti accomunati dallo stesso terribile destino. Ed è proprio lì, che nelle segrete discariche, delle tante sezioni dedicate ai comuni, nascondiamo in quei pochi metri la sopravvivenza di carne ammassata alla carne di detenuti e detenenti. Un sovraffollamento soffocante in estate e gelido d’inverno, senza per questo più ascoltare neanche più residuali rimorsi delle nostre assuefatte coscienze.

Appunto quel “cimitero dei vivi” già cento e più anni fa denunciato da Filippo Turati alla Camera. Questo suo riemerge, quale fiume carsico, ogni qualvolta, questi uomini decidono di liberarsi dalle pene di un trattamento e dalla pena di una illegale infame detenzione con irrefrenabili tantissimi suicidi. Il corpo lanciato oltre le sbarre, quale pietra angolare di uno scandalo che non ha più confini e ne mura. Una disperazione oramai nella più totale disarmante indifferenza di tanti, di troppi, di molti.

L’entrare in carcere con il biblico Nessuno Tocchi Caino per abolire e impedire in ogni modo la morte per pena e la pena fino alla morte. La Forza dell’amore e la fermezza della verità nonviolenta, il suo voler essere speranza amorevole per l’intera Comunità Penitenziaria sempre più abbandonata al suo destino, sempre più sovraffollata di detenuti e sempre meno custodita dai pochissimi detenenti. Una istituzione carceraria, destinata per questo ma non solo, inesorabilmente alla terribilità di un ineluttabile collasso. Ma la speranza è riposta in un gesuita venuto da lontano che ha voluto farsi chiamare Francesco. Questi ha aperto prima nelle carceri il Giubileo della Misericordia e sta per annunciare quello dirimente dell’imminente Speranza, tale da sollevare le anime in pena e i corpi torturati, ma soprattutto avrebbe reso felice il suo amico Marco Pannella.