VERBI SWAHILI: KUTAFUTA cercare

VERBI SWAHILI: KUTAFUTA cercare

Padre Oliviero Ferro

Baba zamu, unatafuta nini” (papà sentinella, cosa cerchi?”). “sipati tena mapantalon yangu (non trovo più i miei pantaloni). Io gli dico “Weye, uko zamu. Namna gani ulizipoteza? (tu sei la sentinella, come mai li hai persi?)”. Dovete sapere che il mestiere di zamu (sentinella) viene qualificato come “kulala zamu(dormire da sentinella)”. Noi avevamo ingaggiato un papà per fare la sentinella al dispensario (piccolo centro medico) della parrocchia di Baraka. Avevamo “kupatanisha” (fatto il contratto). Tu fai la guardia e noi ti diamo il salario (a quel tempo era ancora in zaire, ora in franchi congolesi). Lui è stato d’accordo e quindi eravamo (cioè non eravamo) sicuri, perché sapevamo come facevano il lavoro. Infatti alla sera veniva con la sua lancia, un fischietto che gli avevamo dato per l’allarme e una giacca per ripararsi dal freddo per la notte. Alla sera veniva la moglie a portargli da mangiare. Poi, dopo aver fatto un giro di controllo intorno al dispensario, si sdraiava sotto il mango, si toglieva i pantaloni e si copriva con la giacca, con la lancia vicina e…iniziava il lavoro di zamu. Una sera voglio andare a vedere cosa sta facendo. Lo trovo addormentato. Mi avvicino piano piano e gli porto via i pantaloni. E così la mattina dopo, alishtuka(si sveglia di soprassalto) e non trova più i pantaloni. Corre subito a bussare al cancello della missione e dice a mamma Katè, la nostra tuttofare, di chiamare il padre. Io esco piano piano. Lo guardo e mi viene voglia di andare a prendere i pantaloni. Ma faccio finta di niente. Gli chiedo cosa è successo. Io gli rispondo che non so niente. Non è il mio lavoro. Lui tutto confuso mi chiede di perdonarlo perché non ha vigilato bene. Allora preghiamo Dio che possa fargli tornare i pantaloni. Al terzo giorno, io ritorno di notte e glieli metto vicino, mentre sta ancora dormendo. E il mattino dopo, ribussa al cancello tutto contento e mi dice che Dio ha ascoltato le sue preghiere. Allora lo invito ad entrare in casa per dargli da bere e da mangiare qualcosa. Dovevamo festeggiare. Alla fine gli ricordo che ha preso un impegno con noi e che quindi deve stare sveglio. La risposta è sempre la solita “Ndiyo padiri, nitajikaza kweli (si, padre, mi impegnerò davvero)”. Ma poi sarà stato così? il “kulala zamu”  continuerà…