Scuola: Tar Lazio, riconoscimento titolo estero classi AB24-AB25

Scuola: Tar Lazio, riconoscimento titolo estero classi AB24-AB25

 Il Tar Lazio accoglie il ricorso e annulla il decreto del Mim sulla istanza di riconoscimento per le classi AB24 e AB25. Illegittimo poiché non tiene conto di tutti i titoli rilasciati dalla Università, ritenendo indispensabile la adeverinta ministeriale e non disponendo la comparazione tra i percorsi formativi in violazione dei principi fissati dalla Ad. plenaria del Consiglio di Stato.

Di notevole interesse la sentenza n°1516 del  24 gennaio 2025 del TAR Lazio sez.III bis di accoglimento del ricorso patrocinato dall’Avvocato Maurizio Danza Prof. Diritto del Lavoro Università Mercatorum con cui il Tar del Lazio, Roma, Sezione Terza BIS ha l’annullato il decreto di diniego di riconoscimento della formazione conseguita all’estero, ai fini dell’abilitazione all’insegnamento per le classi di concorso AB24 Lingua e Cultura Straniera (INGLESE) e  AB25 -Lingua Straniera (INGLESE), oggi confluite nella classe di concorso A022 -Lingua e Cultura Straniera (INGLESE) per effetto del D.M.n°255/2023.

La pronuncia si basa sulla violazione dei principi di diritto europeo che richiedono invece un’analisi comparativa adeguata delle qualifiche professionali, nonché sulla accertata omissione dell’attività di valutazione delle integrazioni documentali fornite dall’interessata, da parte del Ministero Istruzione che si è limitato alla valutazione della sola certificazione finale del percorso la c.d.Adeverinta ministeriale, trascurando gli altri titoli già presentati e della Università, in palese violazione della giurisprudenza europea e della Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, che richiede invece che i titoli debbano essere valutati in modo comparativo e non solo formalistico.

A tal proposito questa la motivazione del Tar Lazio “Detta comparazione è invece richiesta dai principi eurounitari di ragionevolezza e proporzionalità (sul tema per tutte Corte di Giustizia UE sentenza 6 dicembre 2018, causa C-675/17, Hannes Preindl; sentenza 7 maggio 1991, causa C-340/89, Vlassopoulou; sentenza 13 novembre 2003, causa C-313/01, Morgenbesser; sentenza 6 ottobre 2015, causa C-298/14, Brouillard), così come evidenziato anche dalle sentenze della Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (cfr. nn. 18, 19, 20, 21 e 22 del 28-29 dicembre 2022) che hanno definito la questione”.

Ritiene il Collegio che tale valutazione è indispensabile, sia in ossequio al principio generale del buon andamento dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.), sia in relazione all’obbligo di rendere adeguata motivazione dei provvedimenti adottati ai sensi dell’art. 3 della L. 241/1990, sia sul piano del recepimento dei principi e delle norme contenute nella Direttiva 2005/36/CE, come attuata dal Decreto Legislativo n. 206/2007.

In particolare, in relazione a questo ultimo aspetto, è stato espressamente previsto che “il riconoscimento delle qualifiche professionali operato ai sensi del presente decreto legislativo permette di accedere, se in possesso dei requisiti specificamente previsti, alla professione corrispondente per la quale i soggetti di cui all’articolo 2, comma 1, sono qualificati nello Stato membro d’origine e di esercitarla alle stesse condizioni previste dall’ordinamento italiano”.

Anche l’Adunanza Plenaria n. 20 del 29 dicembre 2022 ha ribadito il principio che “Il Ministero […] deve dunque esaminare le istanze di riconoscimento […] tenendo conto dell’intero compendio di competenze, conoscenze e capacità acquisite […]” (nello stesso senso, anche la sentenza della Adunanza Plenaria n. 6 del 22 aprile 2024).

Il Ministero resistente ha omesso di verificare se sussistessero le condizioni per accogliere l’istanza di riconoscimento, vale a dire di esaminare la documentazione specificatamente riferita alla posizione dell’odierno ricorrente, raffrontando, alla stregua delle indicazioni fornite dalla giurisprudenza europea sopra richiamata, da un lato, la qualificazione attestata dai diplomi, certificati e altri titoli nonché dall’esperienza professionale maturata nel settore e, dall’altro, la qualificazione professionale richiesta dalla normativa nazionale per l’esercizio della professione corrispondente.

Ed ancora “ In definitiva, ritiene il Collegio che l’Adeverinta ministeriale costituisca, al pari degli Adeverinta universitari (c.d. Nivel), un atto con valore certificativo del percorso formativo svolto dall’istanteche”  la mancanza dei documenti necessari ai sensi del più volte art. 13 della direttiva 2005/36/CE non può pertanto essere automaticamente considerata ostativa al riconoscimento della qualifica professionale acquisita in uno Stato membro dell’Unione europea”.

La sentenza, inoltre stigmatizza altresì la violazione dei principi di buona fede e collaborazione da parte del Ministero, avendo richiesto integrazioni documentali a distanza di anni, in violazione dei  dei termini previsti dall’art 16 del D,lgs.n°206/2007 e dell’art 51 della Direttiva UE n°36/2005

“ Quindi ,ritenuta la possibilità di integrazione documentale da parte della Amministrazione (ex art. 2, comma 7, 6, comma 1, lett. b) e art. 10 bis, l. n. 241/1990), occorre osservare come l’inadempimento alla richiesta istruttoria – peraltro suscettibile di proroga ovvero di sospensione secondo i generali principi di proporzionalità e di favor in tema di libertà di circolazione prevista dalla Direttiva e dal Trattato – non può comunque condurre ex se al rigetto dell’istanza.

Infatti – come considerato al precedente paragrafo 3.1 – qualora venga presentato un titolo di formazione ai sensi dell’art. 13 della Direttiva, l’Amministrazione deve comunque valutare il percorso formativo del richiedente, come richiesto dall’Adunanza Plenaria, per successivamente decidere se riconoscere il titolo, disporre misure compensative anche nel massimo previsto dalla normativa europea, ovvero respingere motivatamente l’istanza.

A ciò si aggiunge che, nel caso di specie, l’amministrazione non ha seguito la procedura prevista dalla Direttiva, che all’art. 51 (rubricato “Procedura di riconoscimento delle qualifiche professionali”) stabilisce: “1. L’autorità competente dello Stato membro ospitante accusa ricevuta della documentazione del richiedente entro un mese a partire dal suo ricevimento e lo informa eventualmente dei documenti mancanti. 2. La procedura d’esame della richiesta di autorizzazione per l’esercizio di una professione regolamentata va completata prima possibile con una decisione debitamente motivata dell’autorità competente dello Stato membro ospitante e comunque entro tre mesi a partire dalla presentazione della documentazione completa da parte dell’interessato.

Il Ministero Istruzione e Merito è stato quindi condannato a valutare l’equipollenza dell’attestato di formazione, anche alfine di disporre opportune e proporzionate misure compensative ai sensi dell’art. 14 sopra richiamato della Direttiva 2005/36/CE.