Firenze: Popolo della Famiglia, plauso a Lega per voto pro vita su recente legge regionale per suicidio assistito

Firenze: Popolo della Famiglia, plauso a Lega per voto pro vita su recente legge regionale per suicidio assistito

Nel resoconto della recente approvazione della legge regionale sul suicidio assistito,  il Popolo della Famiglia rileva un dettaglio significativo: “Nel centrodestra Fratelli d’Italia e Forza Italia avevano annunciato un voto contrario, e lo hanno confermato in aula; la Lega aveva inizialmente lasciato libertà di voto ai suoi 8 consiglieri, ma martedì ha deciso di votare contro”. Il referente del Popolo della Famiglia per Firenze, Pier Luigi Tossani, dichiara:

Ci complimentiamo con la Lega Toscana per la scelta fatta in quello che ci piace definire come un percorso di crescita, per cui da una posizione di indeterminatezza quella parte politica è passata dalla parte della vita, cosa che è sempre bella, buona e giusta. A stare dalla parte della vita non si sbaglia mai. E ci auguriamo di essere stati anche noi del Popolo della Famiglia della Toscana a contribuire a questa scelta, con l’accorata lettera aperta che prima del voto, il 5 febbraio scorso , abbiamo indirizzato al Presidente della Regione Eugenio Giani, ai Referenti dei sette gruppi consiliari presenti in Regione e al nuovo Presidente della Corte Costituzionale, Giovanni Amoroso.

 
Ragionando della tragedia dell’approvazione della legge sul suicidio assistito, Il modello di civiltà al quale ci vogliamo riferire in questo frangente è antitetico a quello della falsa autodeterminazione spacciata per libertà di scelta, epresso da Marco Cappato. Affermiamo con forza che la vita va difesa tutta intera, dal concepimento alla morte naturale, altrimenti non la si difende davvero, ma ci si crea un alibi per eliminarla a nostro comodo.
In conclusione, la partita resta comunque del tutto aperta. Vedremo infatti se e come il Governo farà ricorso contro la legge discussa e votata, illegittimamente in quanto non di competenza regionale. Per adesso, il dato che emerge con evidenza è che la Consulta si è sostituita al potere legislativo parlamentare. Il quale, come obbiamo osservato nella nostra missiva in questione, fino a oggi ha lasciato fare, lasciandosi dettare l’agenda dalla Consulta medesima e dando l’impressione che vi sia una sorta di sinergia tra i diversi attori istituzionali affinché il suicidio assistito entri, in un modo o nell’altro, prima nella cultura, poi nella pratica e infine a pieno titolo nella legislazione della nostra comunità nazionale. 
Questo è accaduto nonostante non vi fosse assolutamente nessun vuoto normativo, in quanto la materia era correttamente regolata dagli articoli 579 e 580 del Codice penale, per i quali l’articolo 579 punisce l’omicidio del consenziente con la reclusione da sei a quindici anni e l’art. 580 punisce l’istigazione o l’aiuto al suicidio con la reclusione da cinque a dodici anni. Ebbene, questo baluardo di civiltà è stato demolito dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 242 del 2019 sul caso DJ Fabo, che ha dichiarato incostituzionali questi sacrosanti princìpi, in nome di un presunto cambio di sensibilità sul tema da parte del popolo italiano.
Le cose non stanno in questo modo: la vita dell’uomo non dipende dalle tendenze del momento, ma deve essere ontologicamente salvaguardata dall’inizio – cioè dal concepimento – fino alla morte naturale, che non può essere decisa e attuata né dalla persona medesima né dallo Stato, pena il ritorno alla barbarie. La vita non ce la diamo da soli, e nemmeno ce la possiamo togliere da soli. Siamo chiamati piuttosto a stare vicini ai sofferenti, se davvero vogliamo essere umani, ancor prima che civili.
Quindi la vera battaglia per la vita non si è svolta martedì scorso in Regione Toscana, ma comincia adesso in Parlamento. Vedremo presto se il potere esecutivo e quello legislativo vorranno mantenere la loro prerogativa e la loro ragion d’essere, trovando argomenti per difenderle dagli interventi a gamba tesa del potere giudiziario. E vedremo quale ruolo vorrà giocare, in questa partita fra la vita e la morte, ciascun partito politico.