Napoli: Apollonio (Goap Trieste) “Alienazione parentale strumento per negare violenza su donne”

Napoli: Apollonio (Goap Trieste) “Alienazione parentale strumento per negare violenza su donne”

Quello che io vedo è proprio che la negazione della violenza, e di fatto la violenza istituzionale, suscita nei bambini, nelle bambine, nelle donne quasi più sofferenza, più sconcerto, della violenza domestica stessa”. Lo spiega Maria Grazia Apollonio, psicologa e psicoterapeuta centro antiviolenza Goap Trieste, tra le promotrici della campagna contro l’uso della Pas/alienazione parentale nei tribunali lanciata da Protocollo Napoli.

“Nel mio lavoro quotidiano, a contatto con le donne vittime di violenza e che escono da situazioni di violenza, ma anche con bambine e bambini che vivono o hanno vissuto situazioni di violenza domestica, diretta o indiretta, vedo – evidenzia – quanto il concetto di alienazione parentale faccia dei danni enormi e diventi proprio uno strumento per negare, per mistificare, la violenza. Di fatto le voci delle mamme, le voci dei bambini e delle bambine, le loro paure, i loro vissuti, non vengono creduti a causa di questo concetto. E questo concetto diventa proprio iatrogeno, dannoso”.

Apollonio mette l’accento sulla circostanza che “la violenza istituzionale va ad acuire quelli che sono i classici vissuti delle vittime di capovolgimento della colpa, di assunzione di responsabilità, e al contempo va ad acuire i vissuti dei maltrattanti di impunità, di onnipotenza. Fanno veramente il gioco delle persone violente, degli uomini violenti. Noi vediamo donne spaventate dall’idea di denunciare, dall’idea di iniziare una ctu proprio perché sanno di correre il rischio di non venir credute e addirittura di perdere i figli”.

E propone un esempio di una consulenza tecnica d’ufficio di Trieste, “ctu che poi dopo noi – evidenzia – abbiamo segnalato alla Commissione parlamentare d’inchiesta sul Femminicidio ed è entrata nei 36 casi esemplari. La consulente, di fronte ad un bambino che rifiutava di vedere il papà, scrive testualmente nelle sue conclusioni di non poter escludere che ‘la sofferenza presentata dal minore e quindi il suo rifiuto a frequentare il papà sia il risultato dell’esposizione a scene drammatiche di violenza intraconiugale e non si può escludere che egli stesso sia stato vittima di violenza’ e che ‘la capacità protettiva paterna è estremamente carente nei confronti del figlio’. Nonostante questo dichiara la mamma alienante e quindi suggerisce ‘l’allontanamento dalla figura materna, l’inserimento in comunità, con interruzione di ogni contatto con la madre e con l’intera famiglia materna per l’intera permanenza in struttura. Al termine della permanenza in struttura, affido super-esclusivo e collocamento presso il padre’. Ora, qual è la logica di considerazioni di questo tipo? Onestamente – ammette Apollonio – noi facciamo molta fatica a capirlo”.

Poi conclude: “Ricordo che il concetto di alienazione parentale è stato rifiutato, rigettato, da enti nazionali, da enti sovranazionali, da molte sentenze di Corte di Cassazione, ma soprattutto quello che a me preme ricordare è che ci sono ricerche fatte da università, soprattutto canadesi e statunitensi, che dimostrano quanto l’allontanamento, questo intervento forzato sui bambini e sulle bambine poi provochi malessere. Hanno visto che questi bimbi soffrono poi di depressione, di disturbo da stress post-traumatico, di ansia”.

Di Napoli (Unina): “Essenziale formare gli psicologi sul tema della violenza sulle donne”

“Essere promotrice di questa campagna – commenta Immacolata Di Napoli, ricercatrice dell’università Federico II di Napoli e responsabile del corso di perfezionamento in ‘Perizia psicologica, ctu e referto psicologico per il contrasto alla violenza sulle donne e alla violenza assistita’, tra le promotrici della campagna contro l’uso della Pas/alienazione parentale nei tribunali lanciata da Protocollo Napoli – è un’occasione importantissima per me che sono responsabile del corso di perfezionamento ‘Perizia psicologica, ctu e referto psicologico per il contrasto alla violenza sulle donne e alla violenza assistita’ che è voluto dal nostro Dipartimento ma sostenuto da Protocollo Napoli. È una grande responsabilità scientifica e professionale sostenere una campagna contro le condizioni di alienazione parentale che purtroppo ancora sono presenti all’interno delle sedi di tribunale e che vanno a discapito delle donne e dei minori”.

“Io sono una docente di Psicologia di comunità e – ragiona – ho avuto modo, nell’ambito del corso magistrale in Psicologia clinica e degli interventi nei contesti sociali e dello sviluppo, di avere un modulo in cui i nostri studenti e le nostre studentesse si sono imbattuti in quello che è il tema della violenza e in particolare nei rischi e nelle insidie in cui si può incorrere nell’ambito delle istituzioni. Oggi, con la nuova laurea abilitante, i nostri studenti e le nostre studentesse saranno direttamente sul campo a chiusura del corso di laurea magistrale e quindi avere uno spazio di riflessione non solo sul tema della violenza, ma di come la violenza possa oscurare la posizione dei bambini e delle bambine, è – conclude Di Napoli – un elemento formativo essenziale per gli psicologi e le psicologhe che entreranno in contatto in diversi contesti professionali con il tema della violenza”.