Salerno: Associazione “Maurizio Provenza”, Donato Salzano “Baccalà fuiuto!”

Salerno: Associazione “Maurizio Provenza”, Donato Salzano “Baccalà fuiuto!”

Niente paura non mi sono dato ancora alla cucina lusitana, che peraltro apprezzo tantissimo, appunto per i suoi succulenti piatti di baccalà. Si tratta invece di una particolare ricetta di potente immaginazione poetica, a tratti surreale, che si tramanda di generazione in generazione nella mia famiglia per parte materna. La Zia Carmelina, la più piccola d’età dei sei fratelli e sorelle di mia mamma, da poco tempo ritornata al Padre suo, ci intratteneva noi piccoli cugini con i racconti dello Zio Vincenzo. Tra le storie più esilaranti c’era certamente quella più immaginifica per noi bambini, dal titolo così fantastico di ” ‘U baccalà fuiuto ” il baccalà fuggito, da fare perfino invidia ad una novella di Ennio Flaiano. Mio Zio aveva la capacità di raccontare come se fosse una fiaba, il dramma della fame. La sapiente pietanza prelibata, che preparava ai sui commilitoni, in un campo di prigionia in Tunisia nella Francia Libera di de Gaulle, gestito dai tunisini. Li si faceva letteralmente la fame, sia per chi era detenuto e per chi era detenente. Metteva a bollire alcune erbacce e radici che raccattava lì dove la sabbia del deserto lasciava spazio ad una rada vegetazione. Da quella zuppa il baccalà era fuggito, forse nuotando verso la libertà e la salvezza della via di casa. Ma evidentemente però aveva lasciato ancora la scia del suo profumo, tanto da arricchire le menti e gli spiriti, ma soprattutto le pance di questa brodaglia che risultava meno fetida e indigesta, forse addirittura arricchita dal fantastico inebriante sognato e agognato profumo di baccalà per i malcapitati sopravvissuti prigionieri italiani. Il destino invece di mio padre fu ben diverso e non meno avventuroso, combattente a El Alamein, nonostante mezzi e forze disponibili, si distinse per onore insieme a tanti fucilieri assaltatori e del genio militare. Soltanto Il comando di Sua Maestà Britannica e il Primo Ministro Sir Winston Churchill riconobbero il valore dei soldati italiani. Forse anche per questo si salvò dalla malnutrizione (pesava 36 kg) destinazione El Paso in New Messico, fatto prigioniero in ritirata dalla buona stella liberatrice dei marines degli Stati Uniti d’America.

Oggi forse lo stesso dramma della ricerca della libertà nel seguire il profumo del “baccalà fuiuto” nei campi dei migranti gestiti dal criminale Almasri in Libia e nei respingimenti nel deserto del dittatore tunisino Kais Saied, di altrettanti migranti respinti tutti per trattato con noi europei. A cui appaltiamo per nostro conto lo sporco e sporchissimo lavoro di malacarne, in cambio di fiumi di denari e armamenti, delle impunità e immunità sui loro  traffici inconfessabili (droga? Tratta di donne e uomini? Riduzione in schiavitù?) e i feroci crimini contro l’umanità. La storia vichianamente non si ripete mai allo stesso modo, la terza guerra mondiale a pezzi preconizzata da Papa Francesco, la nuova Conferenza di Monaco o il nuovo recente trattato “Molotov-Ribbentrop” per spartirsi anziché la Polonia di ieri, l’Ucraina di oggi davanti ai Saud, i potenti magnati del petrolio, ricchissimi autocrati sauditi di Riad, ma tant’è .. Questa volta Chamberlain non è inglese, ma trionfale e prepotente perché impotente, il suprematista bianco scenderà dall’Air Force One e ugualmente sventolerà un foglietto di carta con su le firme del trattato di pace, con cui si calpesta ieri l’onore di sudeti e polacchi, oggi degli ucraini, ieri da Monaco e oggi da Mosca. “Potevano scegliere fra il disonore e la guerra. Hanno scelto il disonore e avranno la guerra.” (S.W.C.)