Scuola: Tar Lazio anulla decreto Mim su riconoscimento pluriclasse illegittimo

Scuola: Tar Lazio anulla decreto Mim su riconoscimento pluriclasse illegittimo

Il Tar Lazio accoglie il ricorso e annulla il decreto del Mim sulla istanza di riconoscimento pluriclasse illegittimo, poiché non tiene conto di tutti i titoli rilasciati dalla università e non dispone la comparazione tra i percorsi formativi in violazione dei principi della adunanza plenaria del Consiglio di Stato.

Di notevole interesse la sentenza n°4494 di oggi 1 marzo 2025 del TAR Lazio sez.III bis di accoglimento del ricorso patrocinato dall’Avvocato Maurizio Danza Prof. Diritto del Lavoro Università Mercatorum con cui il Tar del Lazio, Roma, Sezione Terza BIS ha l’annullato il decreto di diniego di riconoscimento della formazione conseguita all’estero, ai fini dell’abilitazione all’insegnamento per le classi di concorso, A01 ARTE E IMMAGINE; A060 TECNOLOGIA; A08DISCIPLINE GEOMETRICHE, ARCHITETTURA, ARREDAMENTO ESCENOTECNICA, A16 DISEGNO ARTISTICO, MODELLAZIONEODONTOTECNICA, A17 DISEGNO STORIA ARTE ISTITUTI, A37 COSTRUZIONE TECNOLOGICA E TECNICHE RAPPRESENTAZIONE GRAFICA, A54 STORIA DELL’ARTE , emanato in adempimento alla sentenza del TAR LAZIO SEZ.IV BIS intervenuta a seguito di ricorso per silenzio inadempimento.

La pronuncia si basa sulla violazione dei principi di diritto europeo che richiedono invece un’analisi comparativa adeguata delle qualifiche professionali, nonché sulla accertata omissione dell’attività di valutazione delle integrazioni documentali fornite dall’interessata, da parte del Ministero Istruzione che si è limitato alla valutazione della sola certificazione finale del percorso la c.d.Adeverinta ministeriale, trascurando gli altri titoli già presentati e della Università, in palese violazione della giurisprudenza europea e della Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, che richiede invece che i titoli debbano essere valutati in modo comparativo e non solo formalistico.

Questa in sintesi la motivazione :

  1. – Il ricorso è fondato e va accolto, nei limiti e termini di cui appresso.
  2. – I motivi di ricorso possono essere scrutinati congiuntamente vista la loro reciproca connessione.

Le doglianze della ricorrente vanno esaminate sia alla luce della Direttiva2005/36/CE s.m.i. (“Direttiva”) sia alla luce degli articoli 45 e 49 del Trattato sul funzionamento dell’UE (“TFUE”) inerenti alla libera circolazione dei lavoratori ed alla libertà di stabilimento. La prima disciplina nel dettaglio le professioni “regolamentate”, i secondi si applicano in generale nonché alle istanze di riconoscimento di una (mera) qualifica professionale.

Tale vaglio congiunto si impone per dare conto del complessivo orientamento della Sezione sulle questioni concernenti il riconoscimento dei titoli esteri, nonché al fine di rispondere compiutamente alle deduzioni difensive del Ministero.

9.1. – Al riguardo vale notare che le sentenze di Adunanza Plenaria del dicembre 2022 (i.e. nn. 18, 19, 20, 21 e 22 del 28-29 dicembre 2022), che hanno definito in generale la questione delle corrette modalità di scrutinio delle domande del genere di quella in esame, non prendono posizione sul tema dell’applicabilità della Direttiva ovvero del TFUE, ritenendolo non dirimente nei casi esaminati, dal momento che la disciplina da osservare sarebbe stata sostanzialmente analoga.

Nello specifico, al punto 18 della sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 22/2022si legge: “Del resto, anche laddove non si voglia riconoscere la piena o la diretta applicabilità della Direttiva 2005/36/CE, come assume la Commissione nel già citato parere del 31 luglio 2019, persiste l’obbligo per le autorità italiane, come sostiene la stessa Commissione, di valutare le domande pertinenti ai sensi delle disposizioni più generali del TFUE in vista di un eventuale riconoscimento della formazione seguita, per quanto in assenza delle garanzie e dei requisiti di cui alla direttiva 2005/36/CE, e non è precluso alle stesse autorità di adottare queste garanzie, in modo estensivo, anche alla vicenda qui controversa”.

9.2. – Il Collegio condivide tale valutazione, ritenendola corretta e supportata da ampia giurisprudenza unionale, che quando esclude l’applicabilità della Direttiva chiarisce i termini dell’applicabilità del TFUE, delineando una disciplina in grande misura analoga (cfr. Corte di giustizia UE sentenze: 2marzo 2023, causa C-270/21, A (Insegnante di scuola materna), punto 66; 3marzo 2022, causa C-634/20, Sosiaalija terveysalan lupa- ja valvontavirasto -Formazione in medicina generale, punti da 38 a 46; 8 luglio 2021, causa C-166/20, La sentenza, inoltre stigmatizza altresì la violazione dei principi di buona fede e collaborazione da parte del Ministero, avendo richiesto integrazioni documentali a distanza di anni, in violazione dei  dei termini previsti dall’art 16 del D,lgs.n°206/2007 e dell’art 51 della Direttiva UE n°36/2005

“ Quindi,ritenuta la possibilità di integrazione documentale da parte della Amministrazione (ex art. 2, comma 7, 6, comma 1, lett. b) e art. 10 bis, l. n. 241/1990), occorre osservare come l’inadempimento alla richiesta istruttoria – peraltro suscettibile di proroga ovvero di sospensione secondo i generali principi di proporzionalità e di favor in tema di libertà di circolazione prevista dalla Direttiva e dal Trattato – non può comunque condurre ex se al rigetto dell’istanza.

Infatti – come considerato al precedente paragrafo 3.1 – qualora venga presentato un titolo di formazione ai sensi dell’art. 13 della Direttiva, l’Amministrazione deve comunque valutare il percorso formativo del richiedente, come richiesto dall’Adunanza Plenaria, per successivamente decidere se riconoscere il titolo, disporre misure compensative anche nel massimo previsto dalla normativa europea, ovvero respingere motivatamente l’istanza.

A ciò si aggiunge che, nel caso di specie, l’amministrazione non ha seguito la procedura prevista dalla Direttiva, che all’art. 51 (rubricato “Procedura di riconoscimento delle qualifiche professionali”) stabilisce: “1. L’autorità competente dello Stato membro ospitante accusa ricevuta della documentazione del richiedente entro un mese a partire dal suo ricevimento e lo informa eventualmente dei documenti mancanti. 2. La procedura d’esame della richiesta di autorizzazione per l’esercizio di una professione regolamentata va completata prima possibile con una decisione debitamente motivata dell’autorità competente dello Stato membro ospitante e comunque entro tre mesi a partire dalla presentazione della documentazione completa da parte dell’interessato.

La Corte di giustizia, a sua volta, ha in diverse occasioni affermato che il principio di reciproca fiducia deve caratterizzare i rapporti tra gli Stati membri dell’UE, in particolare nell’ambito del reciproco riconoscimento di atti e documenti (sul tema per tutte Corte di giustizia UE sentenza 6 dicembre2018, causa C-675/17, Hannes Preindl; sentenza del 19 giugno 2003, causaC110/01, Tennah Durez). Vero è che quanto sopra, nella specifica materia quiin esame, è stato declamato in particolare nei casi di riconoscimento automatico, ma rimane fermo che si tratta, sub specie di obbligo di leale collaborazione, di un principio generale dell’UE (per alcuni profili valorizzato nelle forme del principio della fiducia ad altri fini in alcune legislazioni nazionali: e.g. art. 2 del D. Lgs. 36/2023)

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Bis),definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti e termini di cui in motivazione quanto all’azione di annullamento