Dirigente Scolastico Michele Cirino

In questi tempi difficili un pensiero a tutte le persone che soffrono per malattia, oppresse dalla deprivazione della libertà di agire, di pensare, di gioire. Un auspicio a tenere duro perché nell’interiorizzare e metabolizzare il dolore è vivere la gioia dei nostri giorni. Ogni tempo ha bisogno di una colonna sonora. In questo tempo decadente, in questo tramonto d’epoca, dove il lassismo, il qualunquismo è imperante, dove si sta mettendo in discussione la struttura sociale del mondo occidentale già precaria nel suo equilibrio, Dove la persona è messa a dura prova dalla decadenza del tempo i REM sembrano interpretare bene il segno dei tempi-

Monito per la scuola e non solo

OGGI PIÙ CHE MAI IN QUESTO TRAMONTO D’EPOCA CI VUOLE DI PIÙ DI QUELLO CHE DIAMO A NOI STESSI E AGLI ALTRI

ci vuole ancora di più uno sguardo verso il cielo in una rivisitazione e rimodulazione della vita relazionale con gli altri nel vedere l’esistenza un cammino dell’anima e non solo del corpo.
L’uomo è amor, termine latino che si avvicina molto all’italiano desiderio: per descriverlo ricorre al discorso attorno all’appetitus.
L’amore evoca la distanza dell’anima dal suo compimento e, in modo più radicale, della sua distanza da se stessa. La beatitudine infatti, per Agostino, non può essere di questo mondo. Essa è tuttavia in qualche modo nota altrimenti non si dovrebbe desiderare. Tale distanza è colmata dal ricorso, sempre platonico, al tema della memoria. Volgendosi alla cosa che ama, l’uomo si trasforma in essa e al contempo riprende identità in se stesso. L’uomo si rivolge, cioè, in modo intenzionale e cosciente verso Colui che è il compimento di sé. Non è una necessità, bensì, è una decisione libera che apre la strada della dilectio ma anche permette di intraprendere la via opposta della cupiditas.
Prima di tutta l’amor dell’anima si rivolge a qualcosa che è fuori di sé: decidendo in questa direzione l’anima si disperde. Così l’anima deve scegliere come proprio compimento e propria felicità la creatura, quella visibilmente e sensibilmente attraente, così facendo l’anima si condanna a una perpetua insoddisfazione, abdicando a se stessa. Infatti, cercando di colmare il desiderio di sé andando solo fuori di sé, l’uomo si nutre dell’illusione di poter identificare in modo certo e preciso il proprio oggetto del desiderio.
La vita che persegue la logica della soddisfazione del desiderio nell’orizzonte delle cose è destinata alla perdizione: ciò è tipico dell’uomo che agisce secondo l’elemento dispositivo del desiderio, ovvero secondo la passività dei bisogni che condannano al consumo del mondo e di sé. Al contrario la vita che segue la logica della sapienza, ovvero la logica del desiderio (“amor” alias “caritas”), che è la vita dell’agire pratico è destinata al compimento e alla vita.
Mi hanno sempre insegnato che la vita, fino all’ultimo respiro, è il bene ed il dono più grande anche nella sofferenza e nel dolore. Ed essendo dono di Nostro Signore non va sprecata o annullata da Noi stessi. Triste e sconfortato per la vicenda di DJFabo che apre certamente un dibattito in cui il sottoscritto si colloca tra coloro che sostengono che la vita va vissuta fino all’ultimo respiro e fino alla morte che certamente non decretiamo noi.