Spiritualità: gli angeli dei Marines
La Parrocchia di Santa Maria La Nova il 1 e 2 giugno 2009 ospiterà la V edizione del meeting sugli angeli, organizzata dall’associazione Milizia di San Michele Arcangelo ed il tema sarà: “Gli angeli, i militari e le forze dell’ordine” Nel 1950 durante la guerra di Corea vi fu un salvataggio angelico a favore dei marines americani. Riporto l’intervento di san Michele da una lettera scritta da un giovane marine nel 1950 a sua madre, quando, feritosi sul campo di battaglia coreano, si trovava all’ospedale. Questa lettera arrivo nelle mani di un cappellano militare, padre Walter Muldy, il quale la lesse davanti a 5000 marines. Padre Muldy aveva parlato personalmente con il ragazzo, con la madre del ragazzo e con il suo diretto sotto ufficiale che garantì la veridicità di questa storia. Ecco la lettera: “ cara mamma, a nessun altro oserei mandare questa lettera, se non a te, perché nessuno mi crederebbe, forse anche tu avrai difficoltà a credermi, però lo devo raccontare a qualcuno. […] Ti ricordi quando l’anno scorso mi sono arruolato nei marines? Quando partii, tu mi raccomandasti di dire ogni giorno una preghiera a san Michele. Veramente non era necessario che tu me lo dicessi…da quando mi ricordo mi hai sempre sollecitato a pregare san Michele Arcangelo. Mi hai dato persino il suo nome. In effetti, l’ho sempre fatto. Ma quando mi hanno mandato in Corea l’ho pregato ancor più fortemente. Ti ricordi ancora quale preghiera mi avevi insegnato…? “Michele, San Michele, resta alla mia destra, guida i miei passi, affinché il mio piede non inciampi…” L’ho recitato ogni giorno, …a volte marciando e a volte durante il riposo, comunque, sempre prima di addormentarmi. Ho persino convinto qualche mio compagno a fare altrettanto. Un giorno mi trovavo con la mia pattuglia in avanscoperta in prima linea. Avevamo esplorato la zona per scovare guerriglieri nordcoreani. Nel freddo pungente mi trascinai avanti…il respiro mi usciva come il fumo di un sigaro. Pensavo di conoscere ogni compagno della mia pattuglia, quando venni sorpassato da un altro marine che non avevo mai visto prima. Egli era il più grande di tutti i marines che avessi mai incontrato. Doveva essere alto oltre il metro e 90 e dotato di un possente fisico. Sapere di avere a fianco un tale gigante mi dava una sensazione di sicurezza. Ed eccoci camminare faticosamente nella neve. Il resto della pattuglia si dispiegò. Tanto per dire qualcosa dissi, sorridendo: “Abbastanza freddo, eh?” E poi dovetti sorridere. Da un momento all’altro potevo morire ed io invece parlavo del tempo! Il mio compagno sembrava comprendermi. Lo sentii ridacchiare sotto i baffi. Lo guardai in faccia: “Non ti ho mai visto. Pensavo di conoscere tutti della pattuglia.” “Infatti sono stato aggiunto poco prima della partenza”- rispose lui. “Mi chiamo Michele”. “Ma davvero?”- dissi sorpreso- “Anch’io!” “Lo so”- disse lui…-e poi continuò: “Michele, San Michele, resta alla mia destra…” Ero troppo sbalordito, per poter dire subito qualcosa. Come poteva sapere il mio nome e la preghiera che tu mi hai insegnato? Poi dovetti ridere di me stesso: ognuno nella pattuglia mi conosceva! Non avevo insegnato la preghiera a tutti coloro che la volevano imparare? Ogni tanto mi chiamavano persino “ San Michele”! Per un bel po’ nessuno di noi disse qualcosa. Poi egli interruppe il silenzio: “ Davanti a noi si prospetta una situazione alquanto pericolosa.” Egli doveva trovarsi in ottima forma, poiché respirava senza alcuna fatica, tanto che io non vedevo il suo alito. Il mio pareva come una grande nuvola! Sulla sua faccia ora, non c’era più il sorriso. Andavamo incontro ad una situazione pericolosa- ma poi pensai, che con tutti i guerriglieri comunisti attorno a noi, non era certo questa una novità! La neve iniziò a cadere con grandi fiocchi. In un batter d’occhio il paesaggio era come cancellato. Io marciavo in una nebbia bianca e umida con la neve che si attaccava sotto gli scarponi. Il mio compagno non c’era più. “Michele!” chiamai tutto allarmato. Subito sentii la sua mano sul mio braccio, la sua voce era calda e forte. “ Smetterà subito di nevicare”. La sua profezia si avverò. In pochi minuti smise di nevicare. Spuntò il sole, che aveva l’aspetto di un grande disco luminoso. Mi girai per vedere il resto della pattuglia. Non c’era nessuno. Avevamo perso tutti gli altri durante la nevicata. Quando arrivammo in cima alla collina guardai avanti. Mamma, il mio cuore s’arrestò! Lì erano in sette! Sette guerriglieri comunisti con le loro giacche, i pantaloni imbottiti e i loro ridicoli copricapo. Solo che ora nulla era più ridicolo. Sette fucili erano puntati contro di noi! “ a terra, Michele”- gridai, buttandomi sulla terra ghiacciata. Sentii i fucili sparare contemporaneamente su comando. Sentii come le pallottole fischiavano nell’aria. Lì era Michele.. ancora in piedi! Mamma, questi farabutti non avrebbero mai potuto mancare il bersaglio… a quella distanza. Mi aspettavo già che Michele fosse stato totalmente dilaniato dalle pallottole. Però era lì in piedi…e non fece alcun cenno di voler rispondere al fuoco. Egli era come paralizzato dalla paura…Può succedere a volte anche ai più bravi! Egli sembrava un uccellino ipnotizzato dinanzi ad un serpente. Almeno questo pensavo allora! Saltai in piedi per tirarlo giù e, in quel momento fui colpito. C’era come un fuoco nel mio petto. In precedenza avevo spesso immaginato come poteva essere quando fossi stato colpito da una pallottola…e ora lo so! Mi ricordo come delle braccia forti mi sollevassero per depormi delicatamente su un cuscino di neve. Aprii i miei occhi, per un ultimo sguardo. Stavo per morire! Forse ero già morto. Mi ricordo ancora ciò che pensai: “Non è poi così brutto!” forse stavo guardando il sole. Forse ero in preda ad uno shock, perché mi sembrava di vedere Michele davanti a me di nuovo in piedi…solo che questa volta il suo volto era circondato da una luce insopportabilmente abbagliante. Sembrava che si trasformasse mentre lo osservavo. Divenne più grande, le sue braccia si allargarono. Forse era la neve che stava di nuovo cadendo, ma mi sembrava che un aureola di luce lo stava circondando come le ali spiegate di un angelo! Nella sua mano teneva una spada, …una spada che brillava di milioni di luci. Ecco…, questa era l’ultima cosa di cui mi ricordo, fino a quando gli altri compagni non mi trovarono. Non so quanto tempo fosse passato, a intervalli avevo dei momenti di lucidità senza febbre né dolori. Raccontai ai miei compagni del nemico, con il quale ci eravamo imbattuti. “Dov’è Michele?” chiesi. Si guardarono attoniti. “Dove è chi?”-chiese uno di loro. “Michele,…Michele…il grande marine, con il quale ho marciato poco prima della tormenta di neve.” “Ragazzo mio” –disse il sotto-ufficiale, “non hai marciato con nessuno. Non ti ho perso di vista neanche per un momento. Ti sei avventurato troppo in avanti! Stavo per richiamarti quando poi sei scomparso nella bufera di neve”. Mi osservava incuriosito. “Ma dimmi, come sei riuscito a farlo, ragazzo?” “Che cosa avrei fatto?- chiesi quasi irritato, nonostante la mia ferita. “Questo marine di nome Michele e io stavamo…” “Figlio mio- disse il sottoufficiale conciliante- sono stato io a scegliere la pattuglia e ti assicuro che non c’è nessun altro Michele in questo gruppo. L’unico Michele sei tu!” Fece una piccola pausa. “Come c’è l’hai fatta, ragazzo? Noi abbiamo sentito degli spari, ma dal tuo fucile non è partito neanche un colpo e addosso ai sette soldati uccisi, lì sulla collina, non c’è alcuna pallottola”. Non dissi nulla. Che cosa dal resto, avrei potuto dire? Potevo solo guardarmi sbalordito attorno. Il sotto-ufficiale riprese: “Poi ognuno di questi sette guerriglieri è stato ucciso con un colpo di spada!” Questo è tutto ciò che ti posso dire, mamma. Come ho già scritto, forse il sole aveva abbagliato i miei occhi.., forse il freddo o il dolore. Ma proprio questo è successo! Cari saluti, Tuo Michele.”