“Orizzonti di Mezzanotte”di Ingenito 34° 13 agosto 2011, giorni-29
Dal Capitolo 34 “Godi la vita con la donna che ami” Parte prima 04 luglio 2003, h. 18.00 – A pesca di totani. La barchetta filò dritta in acqua, sotto la poderosa spinta di due braccia forti e giovanili. A pochi metri dalla riva, la ragazza osservò incuriosita tutte le fasi di scivolo del “lanzino”.[1]L’operazione fu facilitata da tre “falanghe”[2] bene ingrassate nella piccola fessura centrale, di cui due sapientemente collocate sotto la carena, tra prua e poppa, e l’altra destinata di volta in volta allo scivolo, man mano che l’imbarcazione veniva sospinta verso l’acqua. Si avvicinò, così, lentamente, alle lingue bianche di acqua salata, piccole onde pressoché inesistenti e placide che, deponendosi sull’ultimo e sottile strato di battigia tra mare e spiaggia, lo rendevano umido e piatto. Mancava poco più di un’ora all’imbrunire di una caldissima giornata estiva dei primi di luglio 2003. Nel paesino di Atrani, il più piccolo e meno evoluto della costiera amalfitana, la pace regnava sovrana da secoli. Di tutte le comunità e paesi collocati lungo quella piccola e preziosa striscia di terra inventata da Dio e consegnata agli uomini a testimonianza della propria bellezza e della propria divinità, quel luogo appariva statico e immobile in tutta la sua innocente monotonia. Si osservava e ci si osservava nel muto, eloquente silenzio di uomini e cose per circa undici mesi all’anno.Nascosto dall’alto al transito delle autovetture, quell’angolo aprìco condensava negli ultimi tempi la propria vita al centro di una piazzetta frequentata rumorosamente, nelle serate di agosto, da decine di giovani provenienti da ogni angolo della costa, soprattutto da Salerno, il capoluogo.Era quella l’unica eccezione di suoni volutamente forti nei confronti di una realtà sonnolenta e aspra, mite e sottomessa. Con un’altra eccezione. Le centinaia di scooter che, tra mattino e pomeriggio, affollavano come sciami di mosche gli spazi antistanti la grande spiaggia e tutte le zone laterali della strada provinciale, che menava dritto verso il minuscolo centro abitato. (…— Tra poco si parte! — esclamò il giovane, con un sorriso aperto e incoraggiante. Aveva denti bellissimi e un volto greco, come molti anni prima aveva “sentenziato” un’anziana nobildonna russa in vacanza in costiera, dopo averlo casualmente incontrato. Alberto era, in effetti, un gran bel ragazzo, dalla carnagione bruna e con due occhi grandi e neri come l’inchiostro. Gli amici lo chiamavano “il crespo” per quei suoi capelli nerissimi e duri, sottilmente ondulati.— Speriamo bene! — si limitò ad osservare Virginia, alquanto restia, in verità, a quella battuta di pesca.Timorosa del mare aperto, aveva accettato solo per amore del giovane, al quale si era legata già da due anni. Di solito Alberto si accompagnava quasi sempre al fratello Adriano, più piccolo di lui di tre anni, nella pesca dei totani.Ma, per una volta almeno, era riuscito a convincere, dopo tante insistenze, la sua ragazza a vivere quell’esperienza così unica e stimolante. (…) Il caldo era insopportabile e anomalo per intensità, pur nella stagione estiva. Dal mese di giugno, la temperatura oscillava in maniera pressoché stabile, tra i 30 e i 35 gradi. Secondo i fisici dell’atmosfera, la terra non era mai stata così calda da cinquecento milioni di anni a quella parte.Era un fenomeno nazionale e internazionale, che aveva messo in ginocchio l’Italia e numerosi Paesi del Mediterraneo e del resto d’Europa. Da diverse settimane i consumi di energia erano alle stelle e le utenze civili avevano già registrato numerosi blackout.— Di questo passo, — esclamò Alberto — con l’anidride carbonica in prevedibile crescita, la temperatura media del globo terrestre rischia di salire di diversi gradi nei prossimi anni. E, cosa più preoccupante, di assestarsi in alto, creando inevitabili e devastanti effetti ambientali.— Spero che ti sbagli! — replicò la ragazza, regalandogli ancora una volta un sorriso dolce e accattivante. Si diressero, come sempre, verso Conca dei Marini. La serata si preannunciava ideale per quel tipo di pesca. Mare piatto e calmo, vagamente ondulato come l’immensa e levigata distesa di un lago, e luna cadente. Quanto al luogo prescelto, lo specchio d’acqua a 200/250 metri a nord rispetto all’ex-Villa Chandon, era tradizionalmente noto come uno dei più pescosi in assoluto di quel tratto di costa, per quanto riguardava i totani in particolare. Al solo pensiero, Alberto impresse alla barca un ritmo di voga ancora più energico e forte. Doveva giungere sul luogo convenuto prima di tanti altri pescatori che, come lui, facevano a gara, nelle serate di luglio e di agosto, per collocarsi nelle posizioni più ambite. I due remi fendevano l’acqua trasparente con perfetta sincronia. Gli spruzzi si materializzavano per quei pochi istanti come gemme di prima grandezza. Limpidi, scintillanti, argentei. Poi tutto svaniva, per riprodursi subito dopo, all’infinito. In pochi minuti si ritrovarono davanti allo scoglio, sul quale sorgeva la piscina dell’Hotel Luna.Il bagnino, vecchio compagno di scuola del giovane, riconobbe da lontano la sagoma verde del lanzino e lo stile inconfondibile del rematore. Agitando vistosamente le mani, lo salutò più volte (…)
[1] Piccola imbarcazione in legno a due remi con la prua e la poppa a punta.
[2] Der. da falanga, palo; i.e., un particolare legno ritagliato al centro da una leggera fessura unta da grasso animale, lungo la quale vengono fatte scivolare in acqua a mano (o tirate a riva) le piccole imbarcazioni di legno delle zone costiere.