Pompei: «In Campania professionalità contro il cancro»
Nasce a Pompei la Fondazione “Bartolo Longo III Millennio”, che istituisce il Consultorio di prevenzione oncologica e di assistenza per i malati di tumore e i loro familiari, senza fini di lucro, gratuito e di libero accessL’obiettivo è quello sensibilizzare la popolazione sul problema, soffermandosi sui fattori di rischio e sulle cause. Il lavoro sarà incentrato sulla prevenzione primaria, cercando di agire sugli stili di vita, sulle abitudini alimentari e voluttuarie, scoraggiando l’attuazione sul territorio di pratiche di vita scorrette. Nella città di Napoli, secondo dati raccolti dalla Fondazione “Bartolo Longo”, l’incidenza dei tumori si attesta nella media nazionale, mentre la sopravvivenza è la più bassa della penisola. Questo infelice primato viene attribuito alla scarsa informazione sul territorio e all’inefficace aderenza ai programmi di screening. «In Campania – ha però ricordato il medico chirurgo Sergio Amitrano, presidente della Fondazione – ci sono le adeguate competenze professionali per affrontare questo tipo di problematiche, ma c’è bisogno di sostenere la ricerca e di creare un’efficace rete di collaborazione su tutto il territorio tra centri specialistici. Basta agli esodi nei centri del Nord, dove lavorano tanti professionisti meridionali, e ai “viaggi della speranza”. Il cancro si combatte con un approccio multidisciplinare». Il progetto è stato presentato questa mattina a Pompei, nell’aula consiliare di palazzo De Fusco. Il sindaco Claudio D’Alessio ha accolto con favore l’iniziativa, ricordando anche il recente impegno del Comune di Pompei nell’attuazione di una “task force” regionale, insieme ad altri comuni vesuviani, impegnata nella prevenzione del tumore al seno. L’arcivescovo di Pompei, mons. Carlo Liberati, ha esortato le istituzioni ad essere più attente alle problematiche ambientali e della salute pubblica. Il consigliere nazionale dell’Ordine dei giornalisti, Salvatore Campitiello, ha invece sottolineato il ruolo fondamentale svolto dall’informazione nell’attività di sensibilizzazione e nella denuncia di malfunzionamenti della sanità. In sala sono stati letti i saluti e gli incoraggiamenti giunti dal prof. Umberto Veronesi, presidente dell’omonima Fondazione oncologica, e dal prof. Pietro Caldarella, dell’Istituto Europeo di Oncologia (Ieo) di Milano.Il prof. Antonio Acquaviva, oncologo pediatra, ha affrontato il tema “Oncologia pediatrica in Italia, attualità e prospettive”. «In Italia ogni anno – ha detto – circa 1.500 bambini-ragazzi (0-14 anni e 15-19 anni) si ammalano di tumore, con un incremento annuo costante dell’1,5 e il 2%. Il tumore maligno in età pediatrica non è un’evenienza comune, anche se esso rappresenta una delle cause più frequenti di morte. Colpisce 1 bambino su 650 entro i 15 anni di età. Ogni anno vi sono 150 nuovi casi per milione di pazienti di eta’ fino a 18 anni. Sulla eziologia dei tumori pediatrici si sa ancora poco. Si può affermare che solo il 5-6% ha una chiara origine genetica e che per meno del 3% è plausibile una diretta correlazione con esposizioni ambientali (infezioni, agenti fisici o chimici). In Italia, l’Associazione Italiana di Ematologia ed Oncologia Pediatrica (Aieop) si è posta tra gli obiettivi principali, quello di integrare sempre più ricerca e terapia. Vi sono ancora criticità e problemi da risolvere per migliorare e ottimizzare l’assistenza, la diagnosi e la cura dei pazienti oncologici dalla nascita fino a 18 anni in Italia. I più urgenti e rilevanti sono i seguenti: promuovere un maggiore aggiornamento presso i pediatri e i medici di medicina generale per favorire diagnosi sempre più precoci in bambini e adolescenti; approvare finalmente una legge che riconosca l’attività scientifica svolta dai Registri Tumori; modificare la legge che da 2 anni blocca la ricerca clinica indipendente in oncologia pediatrica; migliorare/creare i servizi socio-assistenziali offerti ai bambini oncologici e alle loro famiglie». Il prof. Augusto Iazzetta (Istituto Tumori “Pascale” di Napoli) ha relazionato su “Dieta mediterranea, cultura e prevenzione”. «Per Dieta Mediterranea – ha detto – s’intende il regime dietetico in uso fino a circa 50 anni fa nei Paesi che affacciano sul Mediterraneo, specificamente là dove dimora l’ulivo. Esso è riconosciuto come un modello alimentare fra i più salutistici. E ciò gli è valso sicuramente il riconoscimento di Patrimonio Immateriale dell’Umanità da parte dell’Unesco. Purtroppo negli ultimi decenni queste abitudini sono state sconvolte dal grande sviluppo tecnologico nei diversi settori dell’alimentazione, quali produzione, conservazione, trasformazione e trasporto degli alimenti, con immissione sul mercato di una moltitudine di prodotti alimentari svincolati dal territorio, dalle tradizioni, dal periodo stagionale. Contemporaneamente sono aumentate le malattie cardiache coronariche, l’ipertensione, il diabete e i tumori. L’idea della dieta quale problema di salute pubblica fu concepita da Ancel Keys a Napoli nei primi anni ’50, quando egli poté osservare nella popolazione locale una bassa incidenza di malattie coronariche che associò a quella che successivamente indicò come la “good mediterranean diet”».Il dott. Nunzio Tufano (responsabile del Centro senologico territoriale di Boscoreale) è intervenuto sul tema: “Oncologia in Campania, realtà e prospettive del nostro territorio”. «Le risorse messe in campo dalla Regione Campania – ha riferito – sono sostanzialmente in linea a con le altre in relazione alle strutture ospedaliere con relativi posti letto, servizi di oncologia medica, diagnostica etc. Purtroppo le criticità emergono valutando altri aspetti come: gli esodi extraregionali per ricoveri ed anche per praticare semplici cicli di chemioterapia, posti letto per pazienti che devono effettuare la radioterapia in regime di ricovero, assistenza domiciliare ai pazienti terminali, assenza di hospice, etc. Governare il cancro significa intraprendere un percorso lungo e complesso che inizia al momento della diagnosi e prosegue con la cura, i trattamenti e poi con i controlli periodici. Nell’organizzazione attuale delle nostre strutture oncologiche sono conosciuti e affrontati i problemi sia della fase acuta che delle sequele della malattia. Molto poco si conosce e si fa per attendere ai bisogni dei pazienti “guariti” e cioè un percorso riabilitativo fisico, sociale e psicologico che consenta a chi si ammala di riprendere la propria vita precedente la malattia. Ma soprattutto poco si sa e si fa in Campania per le persone con tumore in fase terminale a cui spesso viene negata oltre alla qualità della vita anche il “diritto di soffrire”. Questi dati, unitamente a quelli epidemiologici (incidenza dei tumori in forte crescita nel Meridione) fanno ritenere che vi siano condizioni di diseguaglianza nell’accesso ai servizi ma anche chiare disparità assistenziali rispetto ad altre regioni».