Chi la stampa ferisce di stampa perisce
Ieri il Governo è stato battuto alla Camera dei deputati sul rendiconto generale dello Stato, ossia il bilancio consuntivo di tutte le attività dello Stato, perché mancavano molti autorevoli rappresentanti del centro-destra nazionale. Tra essi anche il leader delle Lega, on. U. Bossi, che, impegnato a rispondere alle domande dei cronisti parlamentari, si è attardato ad effettuare le operazioni di voto, tanto che al suo ingresso in aula si è trovato di fronte al boato delle opposizioni per il risultato sfavorevole all’esecutivo. Strano destino quello del partito nordista! Domenica scorsa si è avuto modo di visionare i reportage giornalistici sul congresso provinciale varesino della Lega e si è potuto constatare che i commentatori politici, nonché i fotografi, erano costretti ad origliare, appoggiando la testa alle pareti della sala ove si svolgeva l’assise, perentoriamente chiusa e proibita a qualsiasi ingresso che non fosse quello dei delegati leghisti. Indubbiamente è apparsa strana la scena, se non fosse stato che successivamente ci è stato spiegato dai redattori televisivi che l’ordine calato dall’alto era quello di non consentire l’acquisizione delle prove del dissenso, più che serpeggiante al congresso varesino. In verità, sin dal primo momento i giornalisti avevano potuto rendersi conto dell’aria che tirava, intervistando i vari presenti all’appuntamento. Più di una voce contestava il candidato alla segreteria provinciale sostenuto da Bossi, ma nel contempo il probabile antagonista maroniano non si è presentato come alternativo, tant’è che alla fine si è scelto di non scegliere, cioè di non votare. Così è avvenuto che il nuovo segretario Canton è stato acclamato, circostanza che ha consentito al sindaco leghista De Micheli di poter affermare che quello era il giorno peggiore da quando militava nel suddetto partito. Pare chiaro che la regola di lavare i panni sporchi in famiglia, senza che l’opinione pubblica ne sia informata dalla stampa, sia stata imposta dal leader Bossi, per non rendere palesi le critiche alla linea politica che ha imposto al partito. I c.d. malpancisti, quali Maroni,Tosi, Gentilin ed altri, devono conquistare posizioni nei vari congressi locali, senza poter infrangere il mito del capo. Una tregua poco armata che, comunque, non potrà procrastinarsi nel tempo utilizzando, come un mantra benefico, la solita frase: “il nostro leader indiscusso è Bossi”. Difatti delle due una: o è tale ovvero, opportunisticamente, si attendono tempi migliori per contestarne la leadership. In questa altalena, che rischia di divertire ben poco la base leghista, la stampa fa quel che le compete, cioè documenta, descrive, commenta. Quando al c.d. quarto potere viene impedito di svolgere la sua precipua funzione, costretta com’è ad origliare le fasi di un congresso politico, è evidente che c’è un gap nell’equilibrio tra le varie realtà che rendono tale un consesso democratico. Se, poi, accade che, riaperti i canali di una dignitosa informazione, a Bossi capiti di rispondere a lungo alle domande dei giornalisti e, conseguentemente, di non fare a tempo a votare il rendiconto generale dello Stato, dovremmo affermare che al danno si è aggiunta pure la beffa. D’altronde, si sa, chi non rispetta le regole del gioco, finisce per uscirne con le ossa rotte, ragione per la quale conviene per il rispetto di tutti, ma, soprattutto, dei propri sostenitori che la Lega ritorni a consentire la libera espressione ai propri iscritti e militanti e non abbia paura di sostenere, come il buon Minà diceva, di fronte ad un imprevisto: “questo è il bello della diretta”.