Conosciamo i Balega (Congo Rd): interpretazione del cosmo e fenomeni naturali

Padre Oliviero Ferro

Il popolo della tribù lega, legato com’è all’immediato, non lascia alcun spazio ad elucubrazioni filosofiche e allo studio delle scienze naturali. Se la loro cultura è ricca in altri sensi, in questo campo direi che è nulla. Accettano tutto come venuto da Dio con un atteggiamento di sottomissione totale. Dio è il custode del mondo e degli uomini. I nostri Padri non ci hanno detto nulla su come il mondo sia iniziato e in quale epoca: loro stessi sono stati generati in mezzo al mondo, nel loro paese, che hanno incontrato proprio com’è adesso. Ci tramandarono che Dio ha formato questo mondo e che non potremmo vivere in questa regione se Dio non ci fosse. Dio ha portato il sole, la luna e le stelle. E’ Dio che ha prodotto quella luce che chiamiamo sole e che ha portato la luna che illuminala notte.  I nostri padri sapevano di essere sulla terra, ma non sapevano quello che è avvenuto nei tempi remoti e quello che avverrà: non sono stati loro a fare il mondo. Da quando siamo qui abbiamo visto così il cielo e la terra e così pure i nostri antenati hanno incontrato la terra qui e il cielo lassù: non sappiamo nulla dell’inizio e della fine del mondo. Nascendo, abbiamo incontrato la terra e il cielo, il sole che sorge sempre da quel punto e la luna che ha pure il suo inizio. Sull’origine dell’uomo non hanno particolari intuizioni,ma sono convinti che, come l’intero cosmo, pure l’uomo sia venuto da Dio. I nostri padri ci hanno tramandato che due uomini, maschio e femmina, sono stati fatti cadere da lassù e dopo il loro arrivo sulla terra, hanno cominciato a generare in questa nostra regione. Colui che ha portato il cielo e la terra, ha portato pure quei due primi uomini. Gli uomini quindi hanno cominciato a esistere sulla terra da quando quei due primi sono stati fatti cadere da lassù. Se poi lassù ce ne siano altri, non lo sappiamo. Per il resto, né loro né noi sappiamo altro. All’inizio non si sapeva scrivere e non si sapeva cos’erano gli anni: tutto si conservava nel cuore e nell’anima e si tramandava così. La nostra penna era il cuore che custodiva tutto. Anche in questa cultura c’è il racconto di una tentata e mancata scalata al cielo, non tanto per un tentativo di ribellione a Dio, cosa impensabile presso questi uomini che nutrono una dipendenza totale da Dio, quanto nell’intento di scoprire il luogo di provenienza dei primi uomini e di vedere se lassù ce ne fossero altri. In tempi remoti, non sappiamo in quale epoca, i nostri antenati tagliarono alberi e pali e li raddrizzarono per arrivare fin lassù. Riunirono alberi su alberi e pali su pali,gli uni sugli altri, per cercare di salire in alto. Ma quegli alberi e quei pali non tennero e, ad un certo punto, tutto cadde sugli uomini che morirono schiacciati: volevano vedere cosa ci fosse lassù. Da allora nessuno più ci ha provato: chi può arrivare fin lassù? Da allora la montagna sulla quale avevano innalzato tutti quei pali fu chiamata Imwikulu,lassù in cielo. E’ interessante notare come, con tutta la convinzione possibile, la gente ancora oggi indichi quella collina come il luogo del tentativo di tale impresa.  Quando appare lo shibù,l’arcobaleno, tutti cercano di nasconderlo e di non farlo vedere ai bambini e all’indomani nessuno va ai campi. E’ visto come una gran cosa inviata da Dio e nessuno a al fiume, andarci vuol dire morire. Le stelle cadenti sono ritenute un gran fuoco che passa per il cielo: lo si guarda senza sapere cosa sia di preciso. Sono ritenute un messaggio inviato da Dio, del quale però non si conosce la portata. L’ukulumino,il tuono, è indice di mbùla ya lubùla, di grandine, ed è un nemico per i nostri campi. Si continua a cantare fino a che il pericolo passi. Quando tuttavia la tempesta arriva, significa che Dio li ha tolti dal suo cuore e non vuole loro più bene. L’ubà, il fulmine, è come una lancia. Se si sapesse da dove arriva, certamente gli uomini andrebbero a far guerra e a chiedere perché uccida la nostra gente. Pensavano che fosse un’arma segreta, inviata da un altro re, oppure qualcosa che viene da Dio: certamente è lui che lo manda. Pensavano che chi moriva colpito dal fulmine fosse uno stregone, oppure un ladro, o comunque qualcuno che era stato punito perché era un soggetto cattivo. Ma il fulmine è anche uno strumento benefico, in quanto inviato da Dio e utilizzato e diretto dai guaritori: serve per eliminare persone dannose alla società. Quando arriva un forte vento che abbatte alberi e banani, si crede di nuovo che venga da Dio: nessun stregone può avere un simile potere. Dio manda quel vento e non si può farci nulla.