Il socialismo salernitano

      Michele Ingenito

 

 

E’ il titolo del terzo volume di una storia di ieri che vive oggi di una ricostruzione accurata e documentata in virtù dell’impegno e dell’abnegazione del suo autore Angelo Capo.Gli interventi di mercoledì scorso di Carmelo Conte, Giuseppe Cacciatore e Carmine Pinto a Palazzo Sant’Agostino hanno conferito il giusto riconoscimento all’opera ed al suo autore, mettendo un punto fermo sulla verità storica e politica di un’epoca che ha avuto il merito di tenere i riflettori accesi su un’intera provincia.

La fatica di Capo conclude un ciclo iniziato anni fa allorquando lo studioso di Capaccio-Paestum si dedicò alla ricostruzione del socialismo salernitano a partire dal tardo ottocento (1892-1926). Per proseguirlo, poi, con un secondo volume relativo agli anni 1943-1953 e, infine, con questa terza opera che analizza ben cinquanta anni di storia socialista salernitana.Le testimonianze di primo piano emerse nel corso degli interventi hanno chiarito per la prima volta fatti ed eventi legati soprattutto al periodo craxiano, alle strategie delle alleanze che dapprima portò al consolidamento del centro sinistra e, poi, allo sgretolamento generale per l’effetto Tangentopoli, da una parte, e, non meno grave, per il tradimento comunista. Cosa di cui Giuseppe Cacciatore ha dato oggettivo riconoscimento in virtù di una onestà intellettuale limpida e trasparente. E’ difficile, specie per le componenti comuniste, riconoscere torti ed errori. A maggior ragione, la testimonianza dello storico salernitano acquisisce un diverso sapore e riconcilia in parte le amarezze subite da un’intera generazione di socialisti.Carmine Pinto ha tracciato un percorso storico ammirevole, evidenziando luci ed ombre di un passato che ha ancora molte cose da chiarire. E, infine, Carmelo Conte ha evocato la diversa strategia politica all’epoca concepita nei rapporti con la sinistra estrema del paese, l’iniziale diffidenza di Bettino Craxi ed, infine, la “benedizione” al giovane lanciato ministro che, nei fatti, produsse risultati sconvolgenti a livello provinciale e regionale. La mossa di Conte, insomma, colpì l’obiettivo e la Democrazia Cristiana del tempo finì all’angolo di un potere e di un ruolo indigesti: quelli dell’opposizione. Durò poco, purtroppo, perché la storia ha le sue ‘leggi’ che spesso vivono di fatalità, emotività, furore. Fu il premio di Di Pietro, il destino dei partiti di maggioranza.Nasceva una nuova era, una nuova stagione che tuttora si trascina sulle ali dell’entusiasmo; morivano, invece, l’ideologia, la lotta di classe, in un certo senso il socialismo ed il comunismo. La memoria tende sempre, o quasi, a recriminare. Come se il passato sia sempre (stato) migliore del presente. Neanche questo si può dire. Perché è sempre la storia a dovere giudicare. E i tempi della storia, si sa, sono lenti e pazienti nel loro indugiare sui balconi sotto i quali scorre la vita, transitano gli uomini con le loro azioni e le loro passioni. In fondo il libro di Angelo Capo è anche questo. Una visione dall’alto di un tratto di strada magico ed esaltante, ma anche complesso, animoso, individualista. Quello che ha caratterizzato la storia del socialismo salernitano, una storia carica di grandi conflitti personali e collettivi, per una vicenda umana e politica ancora tutta da studiare. I protagonisti di ieri lo restano ancora oggi. Carmelo Conte è tra quelli. Una risorsa da investire, sempre che la classe dirigente del paese,  di opposizione o meno, non si lasci travolgere definitivamente da una confusione che rischia di prendere piede proporzionalmente alla crescita dei numeri, delle teste, degli interessi. Un vero peccato, che rischia di essere pagato a caro prezzo.