Riceviamo e pubblichiamo: versi in libertà
I danari di un altro mandato
afferrasti con abile mano;
e negasti qualsiasi reato,
rimanendo sì capo mandriano
d’una turba che più ti assomiglia
nelle corna, nel grugno e la tigna,
nel promuover la propria famiglia
in quell’arida e putrida vigna.
Al parente tu desti la mano,
immondizia creasti (con dolo?),
tu l’amico rendesti guardiano
e il potere gestisti da solo.
Consulenze per mille milioni
per le tue conoscenze del mondo:
tu accettasti sì miseri doni
e per questo ti dissero immondo.
Se nel cuor della notte or tu senti
un lamento di gregge e ancor desto
ti rivolti nel letto e ti penti
non vuol dir che sei santo per questo.
Forse è solo doglianza dei tanti
che ancor soffron per vili canaglie
a cui desti ampio spazio e contanti
per tener tutti avvinti alle maglie:
l’un avea tanto grezzo il cervello,
che con motti non proprio da vate
ei diceva che avea questo in quello
trasformato con strane parlate;
di quel peto di lupo apprendesti
da lettura di prossima stampa
che volea alla vigna e ai suoi resti
dare fuoco con unica vampa
trasformando le sale in galere
di studenti che appresero bene
d’esser branco minore di fiere
per il lupo e le impavide iene;
c’è poi un terzo che oscilla sì tanto
che tu pensi sia sbronzo perenne
ma sì lucido e serio d’incanto
lo ritrovi se tratta di strenne;
ed un quarto, ch’apprese sì tosto
il mestiere di cui tu campasti,
ora aspira con ansia al tuo posto
ed intanto prepara i suoi masti;
della quinta noi nulla diremo:
il bel sesso in questa vicenda
non s’adombri se noi canteremo
sol di maschi la tetra leggenda.
E che dire di quello impudente
che va fiero di scibile chiaro
ma di fatto è per nulla sapiente
e in carriera un abile baro;
tanto apprese le abili mosse
che alla prole prepara la strada,
e se regna nell’ umide fosse,
la sua fama ad inezie non bada.
E diciamo del gran mammalucco
che levò dalla cattedra il moro
autore d’ingegno col trucco
si ritrova a cantare nel coro
dei villani che fanno baccano,
dei somari che ragliano al sole,
e mellifluo ora porge la mano
a chi il nero nel regno non vuole.
Ma se poi ti mettessi a scrutare
più vicino ora questo ora quello
tu vedresti che ognuno nel fare
sembra quasi tuo degno fratello.
E se al pargolo avranno accordato
anche un premio per buone lezioni
a te alfine tributo sia dato
per la messe dei tanti milioni
che speriam sian serviti soltanto
alle mura, alle strade ed al prato:
non vorremmo che quasi d’incanto
noi vedessimo un’ombra nel fato
del profeta dell’alloggiamento
dell’amico del suono e del canto,
se subisse giudizio o tormento:
qui per tutti la vigna è gran vanto!
E sì come noi abbiamo già fatto
nel finale cantiam la tua gloria
ma diciamo che novello patto
alle greggi darà nuova storia,
che speriamo sia vera promessa
di rinascita e buona ricerca,
che non sia al contempo la stessa
brama sol di chi d’ oro va in cerca.
A vegliar sull’ impresa novella
resteremo la notte ed il giorno,
e se alcun avrà in serbo una cella
pel cervello che spera ritorno
al travaglio su buone riviste
a decenza di scritto e nel dire,
noi daremo ancor fiato alle liste
delle glorie dei giorni a venire.
Ilaria Stambelli
Ahi, Ahi! Questi versi di quasi Manzoniana memoria mi ricordano qualcuno…Ma è lui o non è lui? Certo che è lui!
Orrhack