Kamut: antico tesoro ritrovato

Giovanna Bergamasco

La terra, ormai vecchissima, ha fatto riscoprire una sua vena d’oro che era stata abbandonata ma non perduta. Uguale atteggiamento è forse di colui che, avanti negli anni, voglia raccogliere il proprio passato per non lasciarlo disperdere ma offrirlo in dono, a quelli che verranno, quale carico di esperienze straordinarie. In definitiva, per non morire del tutto. Ecco una probabile spiegazione del perché, in questi ultimi anni, ci sia stata una forte rivalutazione di alcuni alimenti antichissimi e quasi dimenticati, per contrastare inconsciamente la predizione ferale dei Maja che da alcuni anni c’incalza, e mostrare che c’è invece un continuum che ritorna ancor più forte, come testimonianza della vita che appunto continua contro l’oblio e la morte. E’ questa la ragione per cui si vorrà parlare oggi di questi antichissimi cereali iniziando dal Khorasan, meglio noto come  Kamut, un cereale che già più di 5.000 anni fa era coltivato dalla popolazione egiziana. La storia di come il Kamut sia giunto ai nostri giorni, trae un po’ origine nella leggenda. Sembrerebbe infatti che per caso un aviatore americano, nel 1940, abbia trovato alcuni chicchi di questo grano dagli acini giganti, in una tomba egizia. Tornato in America li avrebbe consegnati a suo padre con la speranza che potessero generare nuove piante di grano, come quelle dei grandi faraoni. Ma solo molto tempo dopo, negli anni ’70, si ebbe la diffusione su larga scala del Kamut, marchio registrato dalla società americana Kamut International, fondata nel Montana da Bob Quinn. Tale prodotto è un incrocio tra il grano comune e la sottospecie polonicum, nota anche come grano Khorasan, dalla regione iranica dove ancora adesso si coltiva. Perciò il Khorasan può essere coltivato liberamente da chiunque e dovunque, ma non può essere chiamato Kamut, il cui significato è anima della terra, ed il cui nome è utilizzabile solo dall’azienda americana. E’ stato dimostrato che, in confronto agli altri  tipi di grano, il kamut sia in grado di dare un apporto energetico maggiore  e perciò è considerato uno dei cereali più completi dal punto di vista nutrizionale. La sua grande notorietà è dovuta alla sempre maggiore diffusione delle allergie alimentari ed infatti gli studiosi americani hanno dimostrato che circa il 70% delle persone, intolleranti al grano tradizionale e con manifesti sintomi di allergia, possono tranquillamente consumare il kamut. Bisogna però precisare che le stesse indicazioni non valgono per chi è celiaco perché il kamut, come il grano, contiene glutine e non può essere consumato da chi è intollerante al glutine. Il kamut, grazie alle sue proprietà e caratteristiche (pianta di costituzione molto robusta ed in grado di sopportare le avversità climatiche) si presta alla coltivazione biologica. Attualmente viene coltivato, sempre e solo in maniera biologica, in  diverse parti del mondo e  i suoi raccolti sono ottimi perché senza l’impiego di pesticidi o fertilizzanti chimici: la concimazione avviene in modo naturale, con l’impiego del letame proveniente dagli allevamenti. Anche per questa ragione, a differenza degli altri tipi di frumento, il kamut non è mai stato manipolato geneticamente ed è riuscito a conservare  le sue caratteristiche originali.

3 pensieri su “Kamut: antico tesoro ritrovato

  1. buono, anche a me piace!! L’unica cosa che mi sento di segnalare è che non è un incrocio e non c’entra il polonicum. E’ una particolare linea mai ibridata di Turanicum o khorasan che l’azienda Kamut col marchio kamut produce biologicamente.

  2. Ringrazio vivamente Margherita e Riccardo per il loro apprezzamento che mi onora, spingendomi a fare di più e meglio. Inoltre, è per me una vera emozione condividere con altri “viaggiatori del sapere”, la ri-scoperta di alimenti poco conosciuti o forse perduti,che sappiano restituirci tutto l’innegabile fascino di etnie lontane o dimenticate.

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