Il Tartufo

Giovanna Bergamasco

Ora parleremo del tartufo della cui presenza si hanno testimonianze già dal tempo dei Sumeri che lo utilizzavano mischiandolo ad altri vegetali quali orzo, ceci, lenticchie e senape.  Le prime notizie certe sul tartufo compaiono però nella Naturalis Historia di Plinio il Vecchio e, nel I secolo d.C., grazie al filosofo greco Plutarco di Cheronea si tramandò l’idea che il prezioso fungo nascesse dall’azione combinata dell’acqua, del calore e dei fulmini. Da qui trassero ispirazione vari poeti e fu proprio uno di questi, Giovenale, a spiegare che l’origine del prezioso fungo, a quell’epoca chiamato “tuber terrae”, fosse dovuta ad un fulmine scagliato da Giove in prossimità di una quercia (albero ritenuto sacro al padre degli dèi) e poiché Giove era anche famoso per la sua prodigiosa attività sessuale, al tartufo da sempre sono state attribuite qualità afrodisiache. In tempi successivi e precisamente intorno al XVII sec. sarà il Piemonte a fare consumo rilevante del tartufo ad imitazione della Francia ma, i tartufi in questione, non erano quelli neri, per lo più utilizzati per farcire carni e pesci, bensì i tartufi bianchi di cui se ne faceva un impiego massiccio. Nel ‘700 il tartufo Piemontese era considerato presso tutte le Corti una delle cose più pregiate tanto che la ricerca del tartufo costituiva un divertimento di palazzo per cui gli ospiti e gli ambasciatori stranieri a Torino erano invitati ad assistervi. Da qui forse l’usanza dell’utilizzo di un animale elegante come il cane per la ricerca ed infatti, tra la fine del XVII secolo e l’ inizio del XVIII,  i sovrani Italiani Vittorio Amedeo II e Carlo Emanuele III si prodigavano in vere e proprie battute di raccolta. Il tartufo è un fungo che vive sottoterra ( ipogeo) ed è a forma di tubero. Esso è costituito da una massa carnosa, detta gleba, rivestita da una sorta di corteccia chiamata peridio ed è classificato in diverse specie: il Magnatum pico, detto con nome volgare tartufo bianco; il Melanosporum Vit comunemente chiamato tartufo nero; l’ albidum, con il nome volgare bianchetto; l’ aestivum detto anche scorzone e infine il brumale conosciuto con il nome volgare tartufo invernale. Il tartufo è costituito in alta percentuale da acqua e da sali minerali che vengono assorbiti dal terreno tramite le radici dell’albero con cui vive in simbiosi (micorriza) e  questa simbiosi è, nella maggior parte dei casi, di tipo mutualistico per cui i due organismi portano avanti il loro ciclo vitale vivendo a stretto contatto e traendo benefici reciproci, sia di natura nutrizionale che di altro genere. Infatti il tartufo nasce e si sviluppa vicino alle radici di alberi quali il pioppo, il tiglio, la quercia, il salice e il nocciolo diventando, dopo la formazione, un vero e proprio parassita perché, come tutti i funghi, è totalmente privo di clorofilla e, non potendo elaborare le sostanze organiche necessarie al proprio sviluppo, le trae appunto da altri organismi. Di conseguenza, le caratteristiche di colorazione, sapore e profumo dei tartufi sono determinate proprio dal tipo di alberi presso i quali si sviluppano e ad esempio i tartufi che crescono nei pressi della quercia, hanno un profumo più pregnante, mentre quelli vicino ai tigli sono più chiari ed aromatici. La forma, invece, dipende dal tipo di terreno: se esso è soffice, allora il tartufo si presenterà più liscio; se è compatto, diventerà nodoso e bitorzoluto per la difficoltà a farsi spazio. Il tartufo è un alimento estremamente pregiato e ricercato ( perciò  molto costoso) che viene individuato con l’aiuto di cani addestrati e raccolto a mano. Il tipico profumo penetrante e persistente si sviluppa solo a maturazione avvenuta e ha lo scopo di attirare, nonostante la copertura di terra, gli animali selvatici (cinghiale, tasso, ghiro,volpe) in modo  da fare spargere le spore contenute nel terreno e perpetuare così la specie. Però il tartufo non è solo un alimento da sempre pregiato ma molto di più, giacché i suoi effetti sono riconosciuti anche benevoli per la salute perché viene considerato un alimento completo. Cominciamo con il dire che il tartufo è un prodotto vegetale e viene considerato come carne vegetale  ma la sua digeribilità è molto più alta della carne e ciò è possibile per due motivi: il primo è quello di essere ricco di sali minerali, aminoacidi e proteine il cui contenuto è pari al 6% del peso. Il secondo motivo è dovuto al fatto che è ingerito sotto forma di sottilissime fette, facilmente masticabili e quindi digeribili. Il Tartufo è un ottimo condimento per le pietanze più raffinate e ha un valore nutritivo che supera quello dei funghi, delle patate, delle carote e persino delle mele. Oltre ad essere ritenuto il diamante della cucina, il tartufo viene impiegato anche come medicinale e usato, sotto forma di sciroppo, per curare i dolori in genere fra cui la gotta. Senza voler omettere infine che, leggenda o non, è reputato altresì un eccezionale afrodisiaco e antidepressivo. Nel campo poi della cosmesi, rappresenterebbe l’alleato numero uno della bellezza perché verrebbe utilizzato come ingrediente principale per le lussuose ed efficaci creme in grado di idratare, ringiovanire, distendere e riparare i danni della pelle. Sembrerebbe dunque molto efficace il suo effetto schiarente della pelle grazie a un enzima che, regolando la produzione di melanina, contribuirebbe alla eliminazione delle macchie cutanee determinate, appunto, dagli accumuli di melanina. I risultati ottenuti sarebbero a dir poco eccezionali e per questo motivo avrebbe conquistato l’appellativo di Tubero magico. Se tutto ciò sia vero oppure no, unica cosa da fare sarebbe quella di sperimentarlo. Indipendentemente però dall’essere una delle tante illusioni che quotidianamente cercano di coinvolgere le attese umane di chi spera nel recupero di un’eterna giovinezza, resta il fascino suggestivo della leggendaria nascita del tartufo così come ci è stata tramandata da Giovenale che immaginò un fulmine scagliato dal padre degli dèi vicino a una quercia. La terra lì appresso avrebbe quindi partorito un frutto che avrebbe poi concorso in maniera feconda alla passione. Ma che senso avrebbe mai la passione se ciascuno di noi non desse vita alla grazia di gioire vivendo? E questa grazia da chi mai potrebbe essere elargita? Mi verrebbe fatto di azzardare: solo dall’autentica giovinezza di una bellezza vitale che, nonostante il passare del tempo, possa restare salda entro la luminosità dell’amore, a sua volta congiunto in maniera inarrestabile a tutto ciò che rappresenta l’armonia intelligente dell’anima e dell’ umana specie.