Università: è sempre più bistrot (2)
Aldo Bianchini
Nella nostra realtà quotidiana aumenta sempre di più la fascia di lettori che si limita alla lettura, anche rapida, del titolo e dell’occhiello o nella maggior parte dei casi si fida di quaanto viene riferito da un altro potenziale lettore. In questo modo si fa confusione e si rischia di assumere inutili e strumentali, quanto sterili, posizioni. In un mio recente articolo della serie “Fort Apache – 6” avevo parlato della possibilità del centro/destra di dare l’assalto anche all’università mettendo in discussione la rielezione dello stesso rettore in base ad una serie di argomentazioni che andavano lette attentamente. Oltretutto l’articolo premetteva l’uso del condizionale e ciò doveva far capire che anche le frasi virgolettate andavano prese, appunto, con il condizionale. La mancata attenta lettura o la lettura de/relato ha prodotto una serie infinita di indignazioni, anche abbastanza ridicole, di alcuni degli interessati citati nel pezzo. Comunque sia, è la conferma che questo quotidiano viene letto da tantissime persone; è ciò fa certamente piacere. Fatta questa doverosa premessa devo dire che “il bistrot” nell’università, o meglio nelle università, si amplia sempre di più. Mi è giunta notizia di un caso veramente vergognoso verificatosi, qualche anno fa, in una università del nord. Detta università bandisce un concorso per la facoltà di “Scienze della formazione (didattica e storia della fisica) al quale, il nostro concorrente, partecipa in assoluto anonimato, senza accennare nulla nell’ambiente di provenienza. Solo così riesce a risultare idoneo con tre voti a favore e due contrari (la napoletana Sassi vota contro). Colpo di scena assicurato perchè rimane escluso Federico Corni di Modena insieme a Lucio Fregonese. Forte del fatto che l’assunzione di un docente di liceo costa alla facoltà esattamente un quarto dello stipendio, il nostro notifica la sua idoneità a tutte le università italiane avendone facoltà fino a tre anni successivi al concorso. Molte università non gli hanno neppure restituita la cartolina di ricezione del plico, qualcuna due righe di riscontro; ovviamente nessuna chiamata. Ed è a quel punto che la sua università bandisce un altro concorso identico a quello per il quale il nostro era risultato idoneo; tra i commissari sempre la napoletana e le speranze del nostro vengono subito e drasticamente ridotte a zero. Insomma tutto studiato attentamente a tavolino; bello schifo direbbe qualcuno. No, semplicemente normale pratica italiana. Questa volta, però, prima di rizelarvi leggete, per cortesia, attentamente quello che è stato scritto. Alla prossima.
Questo caso, così come descritto da Bianchini, dovrebbe essere esaminato molto attentamente dalla magistratura di Modena.
Un ennesimo caso “anomalo”, qualcuno direbbe. In effetti, qui si tratta di una questione molto grave. Secondo il mio parere, oltre alla spesa per bandire un secondo concorso (identico al primo), si deve considerare il danno morale e materiale arrecato al docente ritenuto idoneo in prima battuta.
L’università italiana, è vero, non naviga in buone acque. Tuttavia, far sempre finta di nulla non si può. Qui a Salerno sono passati “in cavalleria” (come si suol dire) evidenti casi di nepotismo e di concorsi non propriamente limpidi, puntualmente denunciati sulla stampa locale. Tuttavia, la latitudine della Procura nostrana ci impone di essere meno critici nel commentare l’operato (o le comprensibili distrazioni) dei pubblici ministeri salernitani, oberati dal lavoro per reati di camorra. Nel caso della Procura modenese, tuttavia, ci si aspetta una risposta in tempi rapidissimi, nella speranza che anche la nostra Procura potrà un giorno non troppo lontano nel tempo (in una scala commensurabile con l’età dell’universo) occuparsi di casi simili a quello esposto da Bianchini in questo suo ennesimo pregevole scritto.